L’Italia vanta un’affermata tradizione nel settore sementiero. Gli ultimi dati disponibili (2022) riferiscono di oltre 215mila ettari coltivati per la produzione di sementi di specie agrarie e di oltre 38mila per le ortive. Il nostro Paese è leader mondiale nella produzione di sementi di frumento duro, soia, erba medica e di diverse specie orticole. Alcune regioni sono particolarmente vocate. In Emilia-Romagna si realizza quasi il 25% delle sementi nazionali con poco meno di 65mila ettari dedicati. Seguono Puglia con oltre 35mila ettari, Marche con più di 28mila, Veneto e Sicilia con oltre 18mila ettari ciascuna.
L’apprezzamento per le sementi prodotte in Italia poggia su solide basi che affondano le radici nella storicità della professione sementiera e nella vocazionalità del territorio che offre una diversificazione di aree produttive ottimali.
Fattori determinanti, ma che non consentirebbero al settore sementiero italiano di collocarsi tra i maggiori a livello globale se non potesse contare anche sull’elevata professionalità delle ditte sementiere e sulla specializzazione delle aziende agricole che moltiplicano le sementi. Un mix di fattori che da sempre fanno dell’Italia un punto di riferimento mondiale per le produzioni sementiere. Non a caso il settore è stato uno dei primi a strutturarsi dando vita alla propria associazione di categoria, Assosementi, che ha appena festeggiato 103 anni.
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Un altro elemento risulta però determinante per il successo delle produzioni sementiere nazionali: l’attenzione delle istituzioni.
La produzione sementiera è un’attività complessa, rigidamente normata, da sempre tracciata in ogni sua fase, nonché controllata e certificata ufficialmente. Non meno impegnative sono le esigenze colturali delle moltiplicazioni sementiere, in particolare delle specie allogame (a impollinazione incrociata), per le quali deve essere assicurato un determinato isolamento spaziale per evitare pericoli di inquinamento genetico tra specie affini. In questo caso risulta fondamentale il supporto delle istituzioni: alcune regioni da tempo (le prime norme risalgono alla fine degli anni ’70) hanno ravvisato la necessità di supportare il settore con specifiche leggi che intervengono nel disciplinare e verificare il rispetto delle distanze di coltivazione.
Si tratta di un’azione talmente necessaria per garantire l’ottenimento di sementi di qualità che il settore ha adottato volontariamente le stesse regole anche nei territori dove le autorità locali non sono intervenute con specifiche leggi. Grazie allo sviluppo delle moderne tecnologie, oggi la verifica degli isolamenti colturali può anche contare su strumenti informatici in grado di geolocalizzare con precisione le coltivazioni sementiere su tutto il territorio nazionale. Ovvio che il comparto trarrebbe ulteriore impulso dall’adozione di norme di produzione applicate in modo uniforme su tutto il territorio nazionale.
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Il settore sementiero italiano è consapevole del ruolo strategico che riveste per il sistema produttivo nazionale e si dimostra sempre molto attivo nel proporre nuove azioni in grado di garantire l’elevata qualità delle sementi prodotte.
Di recente, sempre volontariamente, ha contribuito alla definizione di una nuova intesa che disciplina la coltivazione della bietola (in Italia si producono sementi di barbabietola da zucchero in grado di soddisfare oltre il 70% del fabbisogno mondiale), coinvolgendo tutti gli attori interessati: ditte sementiere, aziende agricole, produttori di zucchero e di bioenergia. Ma per garantire al settore il ruolo di protagonista è necessario un intervento delle istituzioni territoriali e nazionali che vada oltre il volontariato.
di Alberto Lipparini
direttore di Assosementi