Efficienza energetica e salvaguardia dell’ambiente. Ecco la vera innovazione degli impianti di climatizzazione di oggi. In Italia abbiamo già qualche esempio di porcilaia dotata di impianti innovativi ad alto rendimento e a bassi consumi. Tuttavia, gli allevatori andrebbero ulteriormente sensibilizzati su questo tema.
Conosce bene la situazione Paolo Rossi, responsabile dell’ufficio edilizia al Crpa di Reggio Emilia: «Il progresso tecnologico, permettendo la sostituzione di quote elevate di forza lavoro con forza motrice di macchine e impianti, ha comportato il crescente impiego di fonti energetiche diverse – speiga il tecnico –. Benché il costo energetico rappresenti ancora una frazione non elevata del costo complessivo di produzione, la sua importanza è destinata ad aumentare progressivamente».
Nel caso specifico degli impianti di climatizzazione – in particolare per gli allevamenti suinicoli dove i costi di energia elettrica e termica sono elevati – gli interventi prioritari per il miglioramento dell’efficienza energetica riguardano proprio la climatizzazione, la coibentazione di edifici e il riscaldamento, oltre a impianti di ventilazione edi raffrescamento. Si tratta di interventi inquadrati nell’ottica del Protocollo di Kyoto e del Pacchetto clima-energia 20-20-20. Entrambi i documenti promuovono, tra le altre cose, il risparmio energetico, a sua volta importante fattore di efficienza e redditività per l’attività produttiva, in questo caso suinicola.
Il progetto Re Sole
A quanto ammontano i costi energetici attribuibili alle esigenze di riscaldamento e ventilazione negli allevamenti suinicoli?
I risultati del progetto di sperimentazione Re Sole – condotto dal Crpa per sviluppare tecnologie per il risparmio energetico e per lo sfruttamento dell’energia solare (fotovoltaico e solare termico) nei principali comparti zootecnici – ha reso disponibili dati aggiornati relativi ai costi di energia elettrica e termica negli allevamenti suinicoli.
Nell’ambito del progetto, finanziato dalla Regione Emilia Romagna e cofinanziato da altre aziende, sono state condotte un’indagine campionaria per definire i consumi energetici medi annui e un’indagine analitica volta a stabilire i consumi per tipologia di utenza e in riferimento alle caratteristiche strutturali, impiantistiche e gestionali dei ricoveri zootecnici.
Il campione degli allevamenti esaminato è rappresentativo della realtà produttiva emiliano-romagnola di pianura, con allevamenti sia a ciclo chiuso, sia a ciclo aperto (in prevalenza da ingrasso, ma anche da riproduzione).
Dal punto di vista dell’energia elettrica, la ventilazione assorbe quasi il 50% dell’elettricità complessiva. Sul fronte dell’energia termica, il consumo principale è imputabile al riscaldamento degli ambienti dell’allevamento, con un ammontare medio annuo di 70,84 kWh/Uba (Unità di bestiame adulto), pari a quasi il 70% del consumo termico (tabella 1).
Per distinguere i consumi per tipologia di allevamento, occorre osservare le tabelle 2 e 3. Come si vede dalla tabella 2, l’allevamento da ingrasso utilizza l’energia termica per la sola utenza relativa alla distribuzione degli effluenti sul terreno, con un consumo medio annuo di 52,75 kWh/Uba. L’energia elettrica è impiegata principalmente per la ventilazione e il riscaldamento (42,3%), quindi per l’alimentazione (27,3%) e la distribuzione degli effluenti (13,8%).
Dai dati riportati nella tabella 3 emerge che gli allevamenti a ciclo chiuso consumano energia termica ed elettrica per il riscaldamento, pari, rispettivamente, a 70,84 kWh/anno per Uba (81,2%) e 85,12 kWh/anno per Uba (49,1%).
Alte e basse temperature
Commentando questi dati, Rossi precisa: «Le innovazioni più recenti nel settore non riguardano tanto le modalità di riscaldamento o della ventilazione, quanto l’utilizzo di motori che si surriscaldano meno e consumano minore quantità di energia, nell’ottica della sostenibilità e dell’efficientamento. Si tratta per lo più di motori realizzati con materiali metallici o guaine di materiali plastici in grado di limitare l’attrito. In tali casi la redditività è assicurata. Infatti, se l’allevatore può permettersi di investire, in genere questi tipi di impianti si pagano in tempi rapidi».
E prosegue: «Un’altra soluzione potrebbe essere quella di utilizzare motori regolati da inverter, per ottenere una riduzione elevata dei consumi. Questo è possibile in quanto l’inverter consente una regolazione della velocità in modo continuativo e riesce a soddisfare meglio le esigenze di ricambio d’aria del momento».
È ovvio che l’impianto di climatizzazione dipende dal tipo di allevamento, a solo ingrasso oppure a ciclo chiuso. In questo secondo caso, gli impianti sono più complessi perché prevedono controlli ambientali per la presenza di animali sensibili alle basse temperature, come i lattonzoli o i suinetti in fase di svezzamento.
Spiega Rossi: «Nel caso degli impianti di riscaldamento, solitamente è presente una centrale termica che produce acqua calda: questa può essere utilizzata per riscaldare gli ambienti mediante tubi alettati, termosifoni o termoconvettori. Il collocamento di elementi riscaldanti può essere vario. In genere accade che riscaldamento e ventilazione vengano abbinati. In questo caso, l’obiettivo principale è rappresentato dalla combinazione appropriata tra riscaldamento e ventilazione, dal momento che le due finalità agiscono in opposizione, in quanto l’aumento del ricambio d’aria invernale comporta un maggior fabbisogno di riscaldamento. Spesso un unico termostato regola entrambi gli aspetti, ma il rischio è che la ventilazione vada in contrasto con il processo di riscaldamento. Vale a dire, se la ventilazione è troppo alta si svilupperanno effetti negativi che si ripercuoteranno negativamente sui consumi di energia termica ed elettrica, oltre che sulla vita degli animali. Il consiglio è sempre quello di installare centraline che facciano funzionare il riscaldamento sulla base della temperatura e la ventilazione sulla base dell’umidità relativa».
Parto e svezzamento
Tra gli impianti più innovativi, spiccano i recuperatori di calore. Sottolinea Rossi: «Uno scambiatore di calore aria-aria installato in un’unità post-svezzamento può portare ad un risparmio fino al 60% dell’energia per il riscaldamento. Ad oggi si tratta di impianti ancora poco diffusi, soprattutto per via della necessaria manutenzione, volta a mantenerli efficienti e costantemente puliti dalla polvere, che può usurarli in tempi rapidi. In tali casi è fondamentale il controllo assiduo e la regolare manutenzione: pulizia frequente di sensori, ventilatori e corpi radianti per mantenere alta l’efficienza degli impianti, con benefici in termini di consumi energetici».
«Per quanto riguarda zone specifiche quanto delicate della porcilaia, come la sala parto e la sala svezzamento – prosegue Rossi – sappiamo che dobbiamo rispettare la convivenza di scrofe, che soffrono le temperature troppo alte, e suinetti, che invece temono le temperature troppo basse. In questo casi si può ricorrere al corridoio preriscaldato, che, tramite dispositivi come normali termosifoni o tubi alettati, fa entrare nella sala aria calda ed evita le correnti di aria fredda. Questo escamotage non impone costi aggiuntivi all’allevatore, perché il calore fornito nel corridoio non dovrà essere fornito nel locale d’allevamento».
Sul tema del riscaldamento Rossi conclude: «Un’azione fondamentale volta a limitare i consumi energetici riguarda il grado di isolamento degli edifici d’allevamento. Si tratta di effettuare una valutazione caso per caso sugli scambi termici attraverso l’involucro edilizio e la ventilazione, includendo le eventuali perdite per cattiva tenuta dei vari componenti di chiusura. Da qui possono desumersi modalità di intervento che, a costi ridotti, consentono di ottenere benefici significativi. In particolare, nelle unità post-svezzamento, vanno considerati i diversi tipi di radiatori e la posizione del termostato. Inoltre va valutata l’ipotesi di un riscaldamento localizzato oppure la possibilità di installare nicchie separate come quelle in uso nei sistemi a lettiera».
La stagione estiva
Nei mesi estivi i capi più sensibili sono le scrofe e i verri per ovvi motivi di riproduzione, fertilità e vitalità degli spermatozoi. Come è bene intervenire in questi casi? Precisa Rossi: «Impianti di condizionamento veri e propri non vengono quasi mai utilizzati, se non nelle sale verri per la produzione e vendita di fiale per l’inseminazione artificiale. In questo caso siamo infatti di fronte ad ambienti molto ampi (box di circa 8-9 m2), pochi animali e una produzione di calore limitata».
E prosegue: «In tutti gli altri casi, solitamente si utilizzano ventilatori diversi in base alle varie modalità di stabulazione. I ventilatori utilizzati nelle porcilaie sono in prevalenza di tipo elicoidali a pale larghe. Loro caratteristica è la rotazione su un asse parallelo a quello del flusso d’aria che creano. In questo modo sono in grado di spostare grandi masse d’aria con pressioni relativamente modeste».
E ancora: «La regolazione della portata di ventilazione avviene tramite centralina collegata a una sonda termometrica. Nei modelli più semplici sono disponibili 2-4 velocità preimpostate di rotazione dei ventilatori e si possono fissare i livelli di temperatura interna che stabiliscono l’inserimento delle velocità disponibili, con azione sulla tensione di alimentazione. In altri casi, la regolazione della portata avviene per progressivo spegnimento/accensione di ventilatori a portata costante. Il vantaggio energetico deriva dal fatto che i ventilatori elicoidali sono più efficienti alla loro massima velocità di rotazione».
Stress da calore
Come viene indicato nella Linee guida del progetto Re Sole, “negli impianti più recenti viene adottata la variazione in continuo della velocità dei ventilatori. Il numero di giri viene determinato, in misura proporzionale alla temperatura ambientale, da una centralina elettronica che fa variare la frequenza di alimentazione dei ventilatori”.
Si tratta in questo caso di centraline con regolazione a inverter. Vale a dire che “mediante appositi potenziometri vengono settate la portata minima e massima e le relative temperature di riferimento (minima e massima). Quando la temperatura dell’ambiente scende sotto alla minima preimpostata, i ventilatori si mantengono alla velocità minima. Quando la temperatura ambiente supera quella massima stabilita, i ventilatori si mantengono alla massima velocità. Quando, invece, la temperatura del locale è compresa tra la minima e la massima impostate, la portata di ventilazione varia in proporzione alla temperatura rilevata dalla sonda termosensibile”.
Prosegue Rossi: «La ventilazione artificiale può essere realizzata in pressione (o immissione) e in depressione (o estrazione). Nel primo caso l’aria viene immessa nel ricovero per effetto della sovrappressione esercitata dai ventilatori e viene poi evacuata attraverso aperture ad hoc. Nel secondo caso i ventilatori estraggono l’aria viziata dall’ambiente e la depressione che si crea richiama l’aria esterna attraverso aperture realizzate sul soffitto o sulle pareti».
Per le sale parto con scrofa in gabbia Rossi indica ulteriori soluzioni: «In sala parto possiamo avere ventilatori di dimensioni ridotte posti davanti al grugno della scrofa. Per le scrofe gestanti, invece, si possono sfruttare ventilatori di grandi dimensioni, simili a quelli che si usano nella stalle di vacche da latte. In casi ancora diversi, si possono anche bagnare gli animali per combattere lo stress da caldo, tramite docce in certe aree o sopra le scrofe in gabbia o in sala parto. Una tecnica valida, quest’ultima, per ridurre efficacemente la temperatura corporea dell’animale fermo».