Per sfamare 9 miliardi di persone nel 2050
dovremo sviluppare un'agricoltura sempre
più sostenibile, cioè raddoppiare l'attuale
produzione mondiale di cibo, ma utilizzando
meno terra, acqua, fertilizzanti ed energia.
Il fuori suolo è già una risposta alla scarsità
di terreni fertili, ma è adatto al momento solo
agli ortaggi in coltura protetta, domani forse
anche ad alcuni alberi da frutto, sempre protetti.
Non è facile però ipotizzarlo per le colture
estensive che sfamano l'umanità (riso,
grano, mais, patata).
Se si dispone di acqua a bassa salinità, naturale
o perché prodotta con osmosi inversa,
acqua e fertilizzanti possono essere riciclati:
si può così quasi azzerare lo spreco di concimi
e abbattere fino al 70% il consumo idrico
delle colture, addirittura fino al 90% in serre
chiuse (o meglio semi-chiuse), o all'interno
delle cosiddette Vertical Farms (VF).
Le VF sono un ottimo concetto: coltivazione
su più strati sovrapposti con illuminazione integralmente
artificiale, quindi massimo utilizzo
del suolo; 0 spreco di acqua e concimi; 0
pesticidi; km 0, cioè produzione direttamente
presso i punti vendita. La bolletta energetica
per coltivare col solo ausilio di lampade a
LED o al plasma, nonostante la loro sempre
maggiore efficienza, è tuttavia ancora troppo
elevata per pensare ad un loro impiego
su larga scala.
Un'ampia disponibilità di energia elettrica a
basso prezzo e prodotta in modo decentrato
diventa quindi, ovviamente non solo per
l'agricoltura, una conditio sine qua non per
rendere fattibili molte interessanti ipotesi oggi
allo studio.
Allarme fosforo
Vi è però un fattore della produzione agricola,
di cui purtroppo si parla ancora troppo poco,
che può far naufragare qualsiasi programma
di autosufficienza alimentare dell'umanità, la
disponibilità di concimi fosfatici.
L'elemento fertilizzante più assorbito è
sicuramente l'azoto, ma è difficile ipotizzare
una sua carenza futura: viene ricavato da
quello atmosferico che respiriamo, quindi la
sua disponibilità è solo un problema di sufficiente
energia per la sua fissazione.
Gli altri macro-elementi (K, Ca, Mg, S, Cl) sono
generalmente presenti in dosi discrete in
terreni o acque irrigue, comunque al momento
sembra che la loro disponibilità mineraria
mondiale sia sufficiente per molti decenni.
Ancora meno problemi di approvvigionamento
si vedono per i micro-elementi.
Il fosforo fa eccezione: è uno dei 3 macroelementi
fondamentali della triade NPK, ma
è poco presente nei terreni, è poco mobile e
si fissa facilmente rendendosi poco disponibile.
Inoltre anche le miniere di fosfati sono
limitate. Nuove grandi fonti non sono state
scoperte negli ultimi decenni e il 90% è concentrato
in sole 5 nazioni: Stati Uniti, Cina,
Marocco (Sahara Occidentale), Sudafrica,
Giordania.
Già il presidente americano Roosevelt nel
1938 allertava il Congresso su una possibile
minaccia futura alla sicurezza nazionale dovuta
alla “crisi del fosforo”. Ai ritmi di sfruttamento
attuali, le stime di Onu, Fao e organismi
specifici quali il Global Phosphorus
Research Initiative, parlano di riserve per
ancora 30-40 anni. La crisi mondiale arriverà
però assai prima, attorno al 2030, cioè
solo fra 15 anni, quando i mercati mondiali
stimeranno che si sarà raggiunto il massimo
di sfruttamento delle risorse e i prezzi del fosforo
schizzeranno alle stelle.
Una soluzione per “tirare avanti” qualche altro
decennio potrebbe però venire dall'uso su
scala di massa delle micorrize, cioè di funghi
che vivono in simbiosi con le radici delle piante,
ottenendo da queste gli zuccheri prodotti
dalla fotosintesi e fornendo in cambio, con le
loro ife, un'enorme capacità di esplorazione
del terreno, soprattutto di maggiore assorbimento
del fosforo.
Le micorrize si distinguono in due gruppi fondamentali:
ecto ed endomicorrize, a seconda
che possano o no penetrare tra le cellule interne
delle radici. Le prime sono abbastanza
facili da moltiplicare in vitro, ma riguardano
soprattutto gli alberi forestali. La maggior
parte delle colture agrarie, invece, convive
con endo-micorrize, che però sono “simbionti
obbligati”, cioè possono moltiplicarsi
solo in presenza dell'ospite vivo.
Una bella sfida per i microbiologi, ma una via
indispensabile da percorrere al più presto,
per ottenere inoculi endo-micorrizici su scala
di massa. Alla fine però l'umanità dovrà imparare
a riciclare veramente tutto, soprattutto
gli elementi nutritivi delle piante, cioè a chiudere
tutti i cicli naturali, azzerare gli sprechi
e con essi anche l'inquinamento ambientale.
La “crisi del fosforo”, se non troveremo soluzioni
sostenibili, tipo recuperarlo dai fondali
marini, ci fa dubitare anche su un futuro a
lungo termine delle “coltivazioni energetiche”
per ottenere biocarburanti. Da un lato è vero
che il “bilancio del Carbonio” è zero, quindi
non si immette altra CO2 in atmosfera, che
aggrava il global warming, come accade coi
combustibili fossili, ma si accelera la “crisi del
fosforo”, che non ha soluzioni alternative.
Difesa integrata
I micro-organismi, in particolare funghi e
batteri, ci possono venire in aiuto anche per
estendere e consolidare la difesa integrata
delle colture. Il settore si è molto evoluto negli
ultimi anni, tanto da attirare anche l'attenzione
dei grandi produttori mondiali di antiparassitari
chimici, che stanno procedendo
a uno shopping massiccio di società specializzate
nella produzione di insetti, funghi
e batteri per la lotta biologica. Non buttano
certo milioni di dollari per fermare dei possibili
concorrenti, ma perché hanno capito che
questa è la nuova via maestra, quindi vogliono
inglobare le migliori esperienze attuali nel
loro network mondiale.
La gamma di insetti predatori e parassitoidi,
di funghi e batteri antagonisti o entomopatogeni
si allunga ogni giorno di più; migliorano
anche le tecniche di produzione, con inoculi
sempre più concentrati e facili da usare.
La difesa integrata, senza alcun uso di pesticidi
chimici, ma solo col supporto di barriere
fisiche (reti anti-insetto, ad esempio), scelte
agronomiche (innesto, sovescio, compostaggio,
rotazione, ad esempio), insetti e
micro-organismi utili, è già una realtà consolidata
in molte serre ben condotte, non
solo hi-tech, ma anche a media tecnologia.
Sicuramente vi sono oggi le condizioni perché
possa estendersi in pochi anni, a livello
di massa, anche in colture protette “passive”
a bassa tecnologia.Per le colture estensive di
pieno campo ci vorrà qualche anno in più, ma
ormai la strada è tracciata.
Alla difesa dai virus ci dovrà pensare soprattutto
la resistenza genetica, mentre una soluzione
“non-chimica”, su scala di massa, al
problema delle erbe infestanti ancora non si
vede all'orizzonte. Pacciamatura e diserbo
meccanico sono già praticati in orticoltura e
frutticoltura, ma serve una soluzione anche
per le colture estensive.
(*) CERES S.r.l. - Società di Consulenza in Agricoltura