Negli ultimi anni il deperimento batterico dell’albicocco sta destando sempre maggiore preoccupazione negli areali di coltivazione del nord Italia. In Emilia-Romagna gravi epidemie stanno mettendo a dura prova la sopravvivenza degli impianti. La malattia su albicocco è provocata dal batterio Pseudomonas syringae pv. syringae.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
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Misure preventive
Nei confronti di questa malattia non esistono prodotti curativi, solo le misure preventive permettono di limitarne la propagazione.
In fase di impianto è indispensabile evitare zone particolarmente esposte al freddo, scegliere il portinnesto in funzione della varietà e del tipo di adattamento al suolo e praticare, nelle aree a rischio, un innesto il più alto possibile.
Le operazioni di potatura esercitano un ruolo determinante negli eventi contaminanti. I tagli più pericolosi sono quelli di allevamento su piante giovani (3-4 anni), in fase di sviluppo. Pertanto è consigliabile: evitare la potatura da ottobre a gennaio (periodo in cui i batteri penetrano e si sviluppano nella pianta), potare precocemente da luglio ad agosto e rifinire la potatura a partire da marzo, proteggere le grosse ferite di potatura con paste cupriche, disinfettare spesso gli strumenti di potatura, eliminare tutti i ricacci alla base del tronco e applicare una pasta batteriostatica.
Da fine inverno è indispensabile ridurre l’inoculo primario. A tal fine, nella fase di gemme fiorali ingrossate-bottone bianco, sono consigliati un paio di interventi con poltiglia bordolese a una concentrazione di rame metallo non superiore ai 125 g/hl. I trattamenti autunnali sono imprescindibili laddove nel corso della stagione vegetativa si siano evidenziate necrosi gemmarie e disseccamenti apicali dei rami.
In primavera per proteggere i frutti
Gli interventi, a cadenza di 8-10 giorni, vanno da 2 a 4 evitando concentrazioni di sostanza attiva superiori a 125 g/hl. Se la sintomatologia in campo interessa prevalentemente i frutti, devono essere ridotti gli interventi rameici autunnali favorendo quelli primaverili ad azione abbattente sugli inoculi secondari.
Questo tipo di profilassi impone il ricorso a dosaggi più contenuti di rame (non più di 4 kg/ha/anno di ione rame) o l’eventuale supporto di formulati alternativi ad azione battericida o batteriostatica come per esempio mancozeb (massimo 3 applicazioni/anno fra mancozeb e captano) oppure Bacillus subtilis.
Favorito dall’effetto “gelo”
La sede di svernamento più comune di P. syringae pv. syringae nell’albicocco è all’interno dei tessuti gemmari e alla base della gemma stessa, in prossimità della ferita di cicatrizzazione delle foglie. Un altro sito è rappresentato da cancri legnosi sui rami non asportati con la potatura.
Il ciclo del patogeno è caratterizzato da una fase epifitica, dove la popolazione rimane attiva sulla superficie della pianta e una fase infettiva molto breve ed erratica. Le popolazioni epifitiche permettono la colonizzazione di nuovi organi e possono rappresentare al momento opportuno l’inoculo per la contaminazione. Le popolazioni del batterio sono più elevate in primavera e autunno e relativamente più deboli d’estate.
Queste inoltre possiedono un’elevata attività criogenica. Allorquando la temperatura scende sotto lo 0 °C l’acqua delle cellule esce e s’accumula negli spazi intercellulari ghiacciandosi senza danno per le cellule vegetali. Con il rialzarsi della temperatura, l‘acqua viene riassorbita lentamente dalle cellule, lasciando per un breve tempo lo spazio intercellulare vuoto ma sempre in presenza di un film liquido. Se ciò avviene in presenza di una ferita contaminata, i batteri si diffondono rapidamente all’interno provocando la necrosi del tessuto vegetale interessato e successivamente veri e propri cancri che possono portare al disseccamento anche di intere branche e, nei casi estremi, alla morte della pianta.
Le condizioni predisponenti lo sviluppo della malattia sono rappresentate da abbondanti precipitazioni in grado di idratare fortemente le piante sensibilizzandole all’attacco del patogeno, e le gelate, indispensabili per creare micro ferite e l’espulsione dell’acqua dagli spazi intercellulari.