Produrre mirtilli a residuo zero è possibile, lo ha dimostrato la cooperativa specializzata nei piccoli frutti Sant’Orsola. Ma questo risultato non è improvvisato, è frutto di sei anni di ricerca e sperimentazione sia sul piano tecnico che su quello della selezione e del miglioramento genetico, che su quello ambientale. Un ruolo centrale è stato svolto nel campo sperimentale avviato una ventina d'anni fa sull’Altipiano della Vigolana, a Vigolo Vattaro a un’altitudine di 700 metri sul livello del mare.
Il mirtillo residuo zero certificato, privo di contaminanti chimici è l’ultimo obiettivo raggiunto dagli sperimentatori della Sant’Orsola, sotto la guida di Gianluca Savini. Sono ben 18 i tecnici fra quelli che seguono la sperimentazione e la ricerca e i tecnici di campagna. Certo, la cosa non è stata facile innanzi tutto si è dovuto selezionare la zona più vocata per questo protocollo di produzione. Si sono dimostrate ideali per il clima la Sicilia e la Calabria, dove la Sant’Orsola ha una cinquantina di soci. Secondo Savini, in quelle regioni ci sono le condizioni migliori che in Spagna e in altre aree del Mediterraneo.
Una volta individuata l’area di produzione, si è selezionata la varietà meno suscettibile alle malattie del mirtillo si tratta della varietà Ventura. Una specie gigante americana che si è riscontrato adattarsi molto bene al clima di queste regioni. Si è iniziato alcuni anni fa in piccoli appezzamenti e va via via espandendosi fino a diventare un settore rilevante per l’economia delle aree interessate. Si tratta di una varietà a zero ore di freddo, senza periodo di dormienza, a differenza delle varietà che vengono piantate nel Nord Italia.
I sistemi di produzione
Al fine di evitare le contaminazioni esterne gli impianti sono stati tutti dotati di copertura con telo anti insetto e anti pioggia al fine di non dover effettuare trattamenti per la difesa da funghi e da insetti. Gli impianti, tutti fuori suolo sono dotati di irrigazione e viene effettuata una concimazione programmata a questo tipo di coltura, ma anche di un sistema di areazione adeguato onde evitare gli attacchi da funghi. Per la lotta biologica agli insetti vengono usati gli insetti utili, ossia dei parassitoidi che hanno la funzione oltre che di parassitare le uova anche di predatori.
Questi lanci hanno dato ottimi risultati perché hanno dimostrato di saper mantenere sotto una soglia accettabile la presenza di insetti. «Questo – precisa Savini – ci ha permesso di arrivare alla quasi eliminazione dei fitofarmaci, se in qualche caso dobbiamo intervenire lo facciamo molto presto in modo che non lascino residui, ma l’ideale è portare a raccolto le produzioni con zero trattamenti, puntando tutto sui sistemi di allevamento e pratiche agronomiche in genere finalizzate a questo scopo».
Un ruolo importante è svolto anche dalla potatura che viene effettuata a giugno, a verde subito dopo aver terminato il raccolto. Si tratta di una pratica molto importante per dare la massima areazione alle piante. Interessante notare che il raccolto inizia a fine febbraio e va avanti fino a fine maggio con una maturazione dei mirtilli molto graduale, con i pro e i contro, sicuramente questo permette di essere sul mercato con i mirtilli italiani freschi in un periodo dove non ci sono, di negativo c’è il maggiore costo del raccolto.
Il disciplinare di produzione
Il disciplinare di produzione applicato è molto articolato e i risultati eccellenti del residuo zero son certificati dal Csqa, un organismo accreditato e riconosciuto presso il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Questo istituto ha certificato che i mirtilli che la cooperativa ha messo sul mercato da circa un mese, sono a residuo zero ovvero inferiore a 0,001 parti per milione, secondo metodi standard europei di misura praticati e riconosciuti validi dalle autorità competenti.