Con l’intensificazione dello sfruttamento del suolo a fini agronomici e l’intensificazione degli allevamenti, il problema delle emissioni di ammoniaca nell’aria si è fatto sempre più pressante. Agricoltura e zootecnica da sole, infatti, contribuiscono per il 98% alla generazione di queste emissioni. Il problema è abbastanza grave dal momento che l’ammoniaca reagisce con nitrati e solfati dando luogo a particolato fine. Senza dimenticare che ogni kg di azoto perso per volatilizzazione di ammoniaca rappresenta una perdita stimata di circa 1 € di maggior costo di concime che l’agricoltore deve acquistare.
In questo contesto l’Unione europea ha fissato delle soglie di riduzione delle emissioni di ammonica per i singoli Paesi in funzione delle specifiche condizioni agroclimatiche. Per l’Italia è prevista, al momento, una riduzione del 14%, che deve essere calcolata a partire dalla condizione del 2005, da effettuarsi entro il 2030. Inizialmente la soglia fissata era 22% ma l’accordo sembra orientarsi sul 14%, anche se ancora deve essere sciolto il nodo dal trilogo Parlamento-Consiglio-Commissione Europea per confermare questo valore, già di per se impegnativo.
Il problema è stato affrontato nel corso del convegno “Ammoniaca in agricoltura: è possibile ridurre le emissioni?” in occasione della Fieragricola di Verona. Il workshop è stato coordinato dal professor Michele Pisante, vicepresidente della Società italiana di agronomia che ha organizzato l’incontro assieme a Edagricole nell’ambito del progetto Nova Agricoltura. Moderato dal professor Carlo Grignani, presidente della Società italiana di agronomia, l’incontro si è focalizzato sulle strategie per affrontare il problema cercando di individuare le tecniche di mitigazione in funzione delle tecnologie attualmente disponibili.
Innanzi tutto si devono mettere a punto sistemi di monitoraggio delle emmissioni efficienti ed efficaci. D’altra parte, come ha ricordato Gianfranco Rana del Crea per abbattere le emissioni di ammoniaca è necessario partire dalla «esatta conoscenza dei fattori di emissione».
Il problema è tanto più complesso perché le emissioni sono influenzate da una serie di fattori quali: temperatura, vento, precipitazioni, pH, colture, e così via. Ci troviamo dunque di fronte a una vasta gamma di situazioni non sempre circoscrivibili.
«In ogni caso – ha ricordato Marco Acutis dell’Università di Milano – che l’iniezione nel suolo dei reflui abbassa notevolmente le perdite nell’atmosfera così come la loro incorporazione con il terreno subito dopo la loro distribuzione». Secondo Acutis una semplice distribuzione sul suolo nell’arco di 12 ore determina una perdita di ammoniaca dal 60 al 90%.
Anche la dieta dei bovini può interferire sulle emissioni di azoto. «Si è visto, infatti – ha evidenziato Laura Valli del Crpa – che riducendo di un 1 punto percentuale le proteine nella dieta si riscontra un calo del 10% delle emissioni». Un altro intervento riguarda la copertura delle vasche di decantazione dei liquami e la loro acidificazione. «Abbassando il pH dei reflui – ha ricordato Fabrizio Gioelli dell’Università di Torino – viene notevolmente ridotta la produzione di ammoniaca».
La proposta della Società italiana di agronomia, ha concluso Pisante «è quella di far lavorare la ricerca per trovare le soluzioni più opportune. In questo contesto, naturalmente, è fondamentale il costante dialogo fra il mondo della scienza e quello della decisione politica, anche in funzione di una corretta informazione».
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