New genomic technique, quale impatto attendersi

Ngt, una nuova genetica per una nuova agricoltura
Una nuova genetica per vincere le sfide del New Green Deal. Il convegno organizzato dall'Odaf di Rovigo analizza come questi strumenti chiave consentiranno di coniugare redditività e sostenibilità

La prossima agricoltura sarà più green e più biotecnologica. Il recente responso positivo della consultazione pubblica indetta dalla Commissione Ue sulle nuove tecniche genomiche (Ngt – si veda l’editoriale del numero 31 di Terra e Vita ) rappresenta infatti un decisivo passo in avanti verso lo sdoganamento normativo anche nel vecchio continente di genome editing e cisgenesi.

Strumenti in grado di innescare una marcia in più nel miglioramento genetico delle specie di interesse agrario, migliorando le performance di produttività, sostenibilità e resilienza del comparto primario. Ma in che modo?

A questa domanda ha cercato di dare una risposta il convegno “Una nuova genetica per una nuova agricoltura”, moderato da Terra e Vita e che si è tenuto a Rovigo lo scorso venerdì 7 ottobre. L’incontro, promosso dall’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali (Odaf) della provincia di Rovigo ha fornito numerose chiavi per valutare l’impatto dell’innovazione genetica in agricoltura e il possibile contributo delle Tea (Tecnologie di evoluzione assistita, come sono definite nel nostro Paese le Ngt) nel superare le difficoltà legate all’attuale crisi economica ed energetica, anche alla luce dell’European Green deal.

La sfida della transizione ecologica

Nel suo indirizzo di saluto Vanni Bellonzi, presidente dell’Odaf Rovigo, ha evidenziato come, «alla luce dell’attuale crisi geopolitica che ha creato non poco scompiglio nel mercato agroalimentare globale, vada tenuto in seria considerazione anche lo scenario atteso per l’applicazione delle strategie Farm to Fork e Biodiversità». Entro il 2030 sarà infatti necessario ridurre l’uso dei fertilizzanti del 20%, dei prodotti fitosanitari del 50%, aumentando la superficie agricola bio dall’attuale 7,5% (media Ue) al 25%.

Secondo un recente studio d’impatto, se non interverranno altri fattori, l’applicazione di queste politiche potrebbe indurre una riduzione della produzione del 23% entro il 2030 a causa della riduzione delle terre coltivate (-10%) e della riduzione delle rese dovute al calo di input (-13%).

Articolo da Terra e Vita 32

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Sinergie tra produzione e ricerca

«L’agricoltura italiana è disponibile – assicura Franco Brazzabeni, vicepresidente dell’Odaf Rovigo – a raccogliere la sfida della sostenibilità e della transizione ecologica, ma chiede di poter utilizzare strumenti adeguati a raggiungere questi obiettivi». Il nostro sistema agroalimentare è diventato un punto di riferimento a livello mondiale per la capacità di abbinare tipicità, sostenibilità e competitività.

«Ma per continuare a svolgere questo ruolo– continua – non possiamo rinunciare all’innovazione». Molte aree vocate della Penisola sono diventate tali grazie alle strette sinergie tra mondo della produzione e della ricerca.

È il caso della provincia di Rovigo, dove nel recente passato si sono conseguiti significativi record produttivi grazie all’idea dell’ettaro lanciato e della volontà di applicare tutte le migliori conoscenze – in termini di genetica, input tecnici, meccanizzazione – nella gestione di colture come mais o bietola. Un territorio che però ha manifestato anche tutta la sua fragilità, soffrendo prima di altri gli effetti più devastanti indotti dal cambiamento climatico.

Un nuovo punto di equilibrio

Occorre quindi trovare un nuovo punto di equilibrio tra sostenibilità ambientale e sostenibilità economica (e sociale). E un contributo decisivo in questo senso potrebbe arrivare dalle Ngt.

Come spiegato da Margherita Lucchin, Ordinaria di Genetica Agraria e Miglioramento genetico all’Università di Padova, sotto questa sigla è raggruppato l’insieme delle tecniche volte ad effettuare modifiche mirate dell’informazione genetica all’interno delle cellule. «Al contrario dei tanto discussi ogm, nel caso delle Ngt non è previsto l’utilizzo di sequenze genetiche “estranee”, ma solo la modifica anche di un singolo nucleotide, al fine di ottenere una determinata caratteristica, ad esempio una resistenza ad una specifica avversità». Lucchin ha dichiarato: «Le modifiche prodotte sono dello stesso identico tipo delle mutazioni spontanee. Scientificamente una pianta ottenuta tramite Ngt è indistinguibile da una ottenuta attraverso tecniche tradizionali di miglioramento genetico».

Di fatto, questa tecnologia consentirebbe di ottenere, in breve tempo e con risorse economiche contenute, gli stessi risultati che si otterrebbero in anni di miglioramento genetico “tradizionale”. Il condizionale però è d’obbligo perchè la legislazione europea oggi non permette la commercializzazione delle piante ottenute mediante tale tecnica. Come ha spiegato Silvia Giuliani di Assosementi: «Gli organismi ottenuti da mutagenesi mirata sono stati equiparati agli ogm dalla Corte di Giustizia Ue». «E questo – ha proseguito – nonostante le tecniche di mutagenesi “convenzionali”, applicate con una lunga tradizione di sicurezza, siano esentate da tali obblighi». Una situazione che, dopo i risultati della consultazione pubblica europea potrebbe presto cambiare.

La sperimentazione non si ferma

La sperimentazione in Italia, comunque, non si ferma. Il 2022 è infatti l’anno in cui è attesa la divulgazione dei risultati di “Biotech”, il primo grande progetto nazionale sul miglioramento genetico vegetale coordinato dal Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) e finanziato dal Mipaaf per «costruire un know how scientifico che contribuisca a trasformare le conoscenze relative ai genomi delle diverse specie in prodotti migliorati, sempre più competitivi ed autenticamente italiani».

E Ilaria Alberti, direttore del Crea CI di Rovigo ha presentato nel corso del convegno il lavoro dell’Istituto: «ci occupiamo, con un approccio multidisciplinare, delle filiere dei cereali e delle colture industriali per alimentazione umana, animale e per impieghi no food, garantendo la valorizzazione delle produzioni anche attraverso il miglioramento genetico e le scienze omiche per la conservazione e la gestione della biodiversità». In particolare, nella sede di Rovigo, si procede con lo studio dello sviluppo, per ora attraverso tecniche tradizionali, di nuove linee genetiche e varietà di canapa e bietola, finalizzato al miglioramento delle qualità commerciali e al risparmio idrico nell’ambito degli adattamenti al climate change.

Articolo da Terra e Vita 32

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Quattro condizioni

Da sinistra Franco Brazzabeni; Riccardo Malavasi; Rocco Carrillo – Moderatore per Terra e Vita; Silvio Parizzi.

Il convegno “Una nuova genetica per una nuova agricoltura” è stato organizzato da Odaf di Rovigo nel ciclo di eventi “La prossima agricoltura, festival dell’innovazione agricola”. L’obiettivo è quello di individuare le innovazioni in grado di aiutare gli agricoltori ad affrontare le grandi sfide dei prossimi anni: produrre di più, con qualità adeguata alle richieste del mercato, in modo sostenibile e resiliente rispetto ai cambiamenti climatici e alle fitopatologie.

Nel corso del convegno si è tenuta una tavola rotonda che ha visto confrontarsi Franco Brazzabeni di Odaf Rovigo; Riccardo Malavasi responsabile dell’azienda agraria didattica dell’Itas Ottavio Munerati di S. Apollinare; Silvio Parizzi, direttore Coldiretti Rovigo che ha evidenziato 4 condizioni per l’impiego delle tecniche genomiche:

1. devono essere sicure e fare bene alla biodiversità;

2. devono essere socialmente utili, assicurando la disponibilità di alimenti in quantità e qualità sufficienti;

3. devono essere accessibili agli agricoltori, assicurando materiale genetico resistente ad insetti e a condizioni climatiche avverse;

4. devono godere dell’accettazione da parte dei consumatori ed essere tenute ben distinte dagli ogm.

New genomic technique, quale impatto attendersi - Ultima modifica: 2022-10-26T10:15:32+02:00 da K4

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