Cibo insufficiente e/o di bassa qualità, da un lato, e obesità e malattie correlate all’eccesso di cibo (diabete, scompensi nutrizionali, ictus, infarti, ecc.), dall’altro, stanno accentuando la necessità di creare un nuovo modello capace di conciliare il benessere dell’uomo e degli animali con quello dell’ambiente.
Editoriale del numero 5 di Terra e Vita magazine
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Il green deal ti mette a dieta
La commissione EAT-Lancet ha recentemente tentato di dare una risposta a questo vitale quesito con un documento elaborato da un team multidisciplinare nel quale si propongono le linee guida per una dieta universale nel rispetto del benessere di tutti: pianeta e abitanti. Le azioni necessarie sono:
- spostamento globale verso diete sane;
- riduzione dei rifiuti e del cibo sprecato;
- migliori pratiche di produzione alimentare.
I sei processi critici per la sostenibilità
Si sostiene inoltre che 6 processi bio-geo-fisici siano maggiormente responsabili della sostenibilità delle produzioni alimentari, ognuno dei quali presenta una variabile di controllo misurabile (riportata tra parentesi), ovvero:
- Climate change (riduzione dei gas ad effetto serra);
- Land-system change (uso razionale delle terre);
- Freshwater use (uso razionale dell’acqua);
- Nitrogen cycling (uso eccessivo o inadeguato dell’azoto);
- Phosphorus cycling (uso eccessivo o inadeguato del fosforo);
- Biodiversity loss (complessare i sistemi produttivi).
Gli odierni metodi di produzione alimentare devono pertanto essere rapidamente rivisti in modo da far adottare all’umanità la cosiddetta dieta win win, ovvero doppiamente benefica sia per le persone che per il pianeta (in pratica si vince tutti...). In sostanza, tale dieta prevede il raddoppiamento del consumo di frutta, verdure, legumi, frutta a guscio e pesci (aggiungerei vino e olio extravergine...) e un parallelo calo, superiore al 50%, di zuccheri aggiunti, formaggi stagionati e carne rossa (sia tal quale che lavorata).
Ovviamente la riuscita del riequilibrio win win - salute e ambiente è condizionata alla capacità di far interessare tale dieta all’intera popolazione mondiale, ovvero i futuri 10 miliardi di persone del 2050.
Agricoltura al centro
Si tratta pertanto di una “grande trasformazione alimentare” che vede il settore agricolo al centro dell’attenzione, con un’importanza crescente e mai vista prima, poiché interessa tutti i processi che sono alla base delle imprese agro-alimentari sopra esposti, nessuno escluso. Per questa trasformazione la Commissione ha individuato 5 strategie. Tre di queste sembrano semplici, efficaci e attuabili in tempi ragionevoli, ovvero: investimenti in informazione sulla salute pubblica e in educazione ambientale; produzione di cibo sano focalizzandosi su una vasta e diversificata gamma di alimenti prodotti con modelli colturali che favoriscono la biodiversità e non imperniati su poche colture, molte delle quali usate per l’alimentazione animale; diminuire di almeno il 50% lo spreco di cibo.
Le responsabilità della politica
Infine si arriva alla politica, oggi indecisa e oscillante più che mai anche su queste tematiche: conviene puntare sulla responsabilità individuale dei cittadini per uno stile di vita più naturale oppure intervenire sugli ambienti dove il cibo viene acquistato/consumato (supermercati, ristoranti, bar, ecc.). Esempi illuminati a tal proposito provengono dall’Inghilterra ove, a esempio, nel piano contro l’obesità infantile il governo impone restrizioni sulla pubblicità degli alimenti non salutari (al pari di quanto si fa da noi per le sigarette). La recente riduzione dell’Iva dal 22% al 4% sugli assorbenti biodegradabili normata nella finanziaria 2019 è un esempio che va nella direzione giusta.