Progettare, produrre, vendere, raccontare, persino recitare. Quante cose sanno fare i giovani imprenditori agricoli. Edagricole riparte da loro, porta la vera agricoltura a teatro e lancia dall’alto della Cittadella del Ciuffelli di Todi, sede dell’Istituto agrario più antico d’Italia il suo messaggio rivoluzionario: “C’è terra per tutti”, soprattutto dove #l’agricolturaègiovane. Un format che abbiamo ideato assieme allo scrittore e performer Antonio Pascale e a Gilberto Santucci, direttore dell’azienda agraria dell’Istituto, per parlare di innovazione nell’agrifood attraverso le dirette testimonianze di una nuova generazione di tecnici e produttori.
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Una risorsa limitata
«I giovani imprenditori – spiega Ersilia di Tullio di Nomisma – sono una risorsa limitata: solo il 4% delle aziende agricole italiane è gestita da under 35». Un problema che in Umbria è particolarmente pesante (il 49% delle aziende è over 65), tanto da spingere l’assessorato a investire forte sulle misure di ricambio generazionale (clicca per accedere all'intervista all'assessore regionale). Anche perchè gli agricoltori giovani sono quelli che sanno meglio interpretare l’evoluzione di una professionalità che ormai è multitasking, con un occhio sul display del gps, uno sui campi da curare e le antenne sintonizzate sui mercati globali. Nella speranza di realizzare la missione “impossibile” di coniugare reddito e impegno ambientale, sociale e addirittura culturale.
Esperienze a confronto
Come fa Luca Baccarelli, giovane Ceo dell’azienda Roccafiore. «La priorità – dice – è la costante ricerca di nuove formule a basso impatto ambientale per dare alla luce vini di altissima qualità, apprezzati in tutto il mondo. Naturali, ma bevibili, eleganti e puliti grazie all’attenzione, imparata dal bio, nei confronti della salute del suolo, ma anche al ricorso all’agricoltura di precisione».
O come Sara Goretti che assieme alla sorella costituisce la quarta generazione della famiglia che guida l’omonima cantina alle porte di Perugia e che, come responsabile commerciale, ha dato un grosso impulso alle vendite online raggiungendo mercati difficili come quello cinese. «Le bottiglie di vino – afferma – sono un prezioso testimone del territorio umbro. Oggi il vino non viene solo assaggiato, ma soprattutto cliccato e taggato e occorre dare informazioni coerenti e credibili su qualità e sostenibilità delle produzioni».
Una propensione alla digitalizzazione che caratterizza anche la fase di campo. Per realizzare i suoi obiettivi Cantine Goretti punta infatti su DSS e app gestionali. «La collaborazione con Syngenta – spiega – ci assicura tutta l’innovazione necessaria per coniugare sostenibilità ambientale ed economica».
«Perché i terreni che coltiviamo – ricorda Matteo Ciucci, titolare dell’azienda orticola Il Poggiolo di Montecastello di Vibio, proprio alle porte di Todi – ci legano indissolubilmente al territorio. E l’economia rurale locale dipende soprattutto dalla nostra capacità di remunerare in maniera adeguata il valore di questa terra». Una responsabilità che pesa come un macigno e che spinge Matteo a cercare il massimo equilibrio non solo nella produzione, ma anche nella commercializzazione di prodotti freschi e trasformati, veicolati sia nei circuiti della grande distribuzione di alta gamma che nella vendita diretta. E a rafforzare l’identità aziendale anche investendo sul rilancio di varietà autoctone come il pomodoro Cesarino, riscoperto anche grazie all’attività del Parco tecnologico 3A (vedi riquadro sotto).
Il legame con il territorio
Un legame con il territorio che, per funzionare, deve essere evidente, segnalato sul prodotto in maniera chiara e lampante. «La chiave è la tracciabilità – assicura Alba Alessandri, 28 anni, che a Colfiorito alleva 300 capi bovini e conferisce al Gruppo Grifo il latte in particolare per la produzione delle mozzarelle –». Portando come testimone il contrassegno auricolare che permette di collegare ad ogni animale il prodotto finito, afferma: «è grazie al legame garantito dal progetto di filiera “rintracciabilità Colfiorito” e alla fiducia dei consumatori se l’economia di un territorio fragile e segnato come quello del cratere riesce a ripartire dopo eventi sismici così devastanti e frequenti».
Una fiducia che anche Marco Manni, ex studente
diplomato al Ciuffelli nel 2011 ha saputo conquistare, facendo leva sulla multisettorialità e inventandosi un mercato nuovo di zecca che fa perno sull’affannosa ricerca di “benessere”. «Nella linea di cosmetici bio-naturali che produciamo – dice – abbiamo infatti puntato sulla salvaguardia del rapporto con il territorio, recuperando le radici umbre con progetti di collaborazione con Università e alle aziende del territorio».
Ritorno al neorealismo
Valori e tensioni messe in scena secondo un preciso canovaccio, ma raccontate in prima persona da protagonisti reali, capaci di rendere più coinvolgente la sfida di produrre cibo e servizi in maniera sostenibile. Un ritorno al neorealismo per spazzare via tutta l’arroganza digitale delle fake news. Testimonianze utili per sciogliere il paradosso di un’attività primaria considerata sempre più importante (per nutrire una popolazione mondiale in forte crescita, si dice), ma sempre sotto accusa per l’impatto sulle risorse non rinnovabili.
Un dualismo che, nella commedia dell’arte rappresentata a Todi, viene risolto con il confronto tra un preoccupatissimo “Pinocchio” Antonio Pascale, che ricorda bene il periodo nero della fame, in fondo lontano solo pochi decenni e che reclama, per garantire la sicurezza alimentare e far fronte agli effetti del climate change, la necessità di ricorrere a tutte le possibilità assicurate dalle nuove tecnologie, comprese quelle delle new breeding technique. A impersonare l’antagonista è invece chi scrive questa cronaca, un “Magnafoco” disilluso e realista che ribatte che, se veramente ce ne fosse penuria, il prezzo delle materie prime agricole sarebbe ben superiore e che il ruolo dell’innovazione, in un mondo in cui l’agricoltura conta veramente, non dovrebbe essere (solo) quello di un avvilente contenimento dei costi, ma soprattutto di offrire nuove chance di valorizzazione delle produzioni.
Il seme della conoscenza
Una disputa chiusa dalla coscienza illuminata del “grillo parlante” Angelo Frascarelli che, facendo ruotare un mappamondo gonfiabile rileva: «L’Italia è piccolissima nel mondo, ma tutto il mondo vuole mangiare italiano, segno che la nostra vocazione è quella della qualità. Lasciamo che a fare quantità pensino gli Usa o l’America Latina».
Un’interpretazione che non convince del tutto gli studenti del Ciuffelli che, chiamati a votare l’esperienza più coinvolgente, esprimono apprezzamento per l’esempio dei loro ex colleghi capaci di valorizzare i prodotti del territorio umbro, ma sostengono con forza l’impegno di Roberto Proietti e del Cefa contro le calamità naturali in Mozambico (clicca per leggere l'articolo). Perchè all’agricoltura vengono attribuite sempre nuove funzioni e oneri, ma si basa sempre sullo stesso schema vitale: l’Istituto Ciuffelli pianta dal lontano 1864 i semi della conoscenza. Tocca poi ai giovani professionisti il compito di decidere quali frutti raccogliere.
Il volano dell’innovazione
L’Umbria scommette sui giovani anche costruendo, all’interno del Psr, sinergie con le misure investimenti e innovazione per creare un ambiente che stimoli un salto in avanti verso una maggiore specializzazione colturale. Misure che però hanno avuto un successo straripante. «Le adesioni – spiega il dirigente regionale Giuliano Polenzani – superano di 4 volte le disponibilità e questo ci ha un po’ spiazzato. Stiamo perciò pensando a nuovi strumenti di ingegneria finanziaria per fare in modo che il sostegno non sia solo una tantum, ma collegato ad agevolazioni al credito di maggiore durata».
Luciano Concezzi del Parco tecnologico 3A spiega il legame tra il pacchetto giovani e la misura innovazione. «C’è una forte risposta – dice – che fa leva su 5 parole chiave: biodiversità, innovazione, identità, competenza e passione. Curiamo per la Regione il Registro delle varietà e delle razze a rischio di erosione ed emerge con evidenza come la tutela delle risorse genetiche possa significare un volano economico e un’opportunità di sviluppo locale legato alla nostra storia culturale e colturale.