Uno dei principali obiettivi messi nero su bianco dalla Commissione nella strategia Farm to Fork (F2F) è la riduzione dell’uso della chimica.
Un obiettivo che il mondo della produzione ortofrutticola organizzata non può non condividere e sostenere. Per un primo semplice motivo: il “luogo di lavoro” dei produttori sono i terreni coltivati, il che li rende i primi beneficiari di un ambiente più sostenibile.
Ma come ridurre?
Editoriale di Terra e Vita 37/2020
Abbonati e accedi all’edicola digitale
Valutare l'impatto della strategia Farm To Fork
L’ortofrutta non è certo all’anno zero: stiamo lavorando, come mondo organizzato, da decenni in questa direzione anche attraverso le misure previste dall’Ocm di settore.
Pensiamo all’evoluzione degli insetticidi, siamo passati dagli esteri-fosforici fino alla confusione sessuale dove non c’è uso di chimica (ma poi è arrivata la cimice asiatica...).
È cresciuta la produzione integrata, sono state introdotte nuove tecniche irrigue, di fertilizzazione e di risparmio energetico e si sono fatti notevoli progressi sull’economia circolare.
Ciò che ci impensierisce della F2F è che sono stati indicati degli obiettivi percentuali che sembrano non tener conto della situazione di partenza del settore, con l’individuazione delle specificità e delle profonde differenze esistenti tra i singoli paesi membri.
Ecco perché riteniamo indispensabile che prima di tradurre questi obiettivi nei prossimi atti legislativi, si faccia una valutazione del loro impatto e un processo di aggiornamento relativo alle fasi intermedie, se davvero si vuole scongiurare il rischio di mettere a rischio colture strategiche per il nostro paese.
Se non c'è reddito, non c'è sostenibilità
Si sente ripetere che il tema della sostenibilità socio - ambientale debba essere coniugato con la sostenibilità economica. Se le aziende agricole non sono messe nelle condizioni di fare reddito, diventa inevitabile l’abbandono della coltivazione.
Per il comparto ortofrutticolo l’obiettivo della riduzione del 50% entro il 2030 dei pesticidi chimici potrebbe realmente compromettere la vitalità e la biodiversità di alcune colture ortofrutticole, specie se al mancato rinnovo di alcune sostanze attive non farà subito seguito la disponibilità di soluzioni alternative.
Cosa niente affatto scontata, dal momento che è fin troppo evidente che le multinazionali chimiche non siano economicamente interessate a produzioni limitate di sostanze attive per le quali si proceda con autorizzazioni transitorie o usi minori. Uno scenario tutt’altro che facile, complicato anche dalla minaccia dei cambiamenti climatici, degli eventi meteorologici estremi e della diffusione di nuove patologie.
Digitale e nuove biotecnologie
Quale alternativa si prospetta allora per scongiurare una drastica riduzione della produzione europea e degli stessi consumi di ortofrutticoli a favore di quelli provenienti dai paesi extra Ue? Trovare metodi alternativi è un processo molto lento, poiché le nuove soluzioni devono essere testate e convalidate per un’attuazione efficace e sostenibile. È fondamentale pertanto rafforzare il ruolo della ricerca pubblica e dell’innovazione (pensiamo al Genome editing) e promuovere nuove tecniche ecosostenibili con l’agricoltura di precisione.
Il bio va bene, ma serve equilibrio tra domanda e offerta
Un’ultima riflessione va dedicata all’obiettivo di aumentare la produzione biologica del 25%. Se l’intento è di promuovere i metodi di produzione sostenibile, andrebbero di pari passo incentivati anche altri sistemi sostenibili, come la produzione integrata, il controllo biologico e gli schemi internazionali di sostenibilità. Non solo.
Porsi target di crescita senza tener conto di un bilanciamento dell’equilibrio del mercato con le dimensioni della domanda potrebbe finire per avere conseguenze sulle oscillazioni dei prezzi finali, oltre che ispirare iniziative comunitarie non proporzionate.
Tutte queste considerazioni rappresentano il cuore del messaggio che i sistemi cooperativi ortofrutticoli di Italia, Belgio, Francia, Germania, Spagna e Polonia hanno voluto condividere nel documento recentemente presentato a Interpoma, in collaborazione con Assomela, e trasmesso alla Commissione, al Parlamento europeo e ai sei Ministeri dei Paesi coinvolti.
Davide Vernocchi
Coordinatore Ortofrutta Alleanza cooperative agroalimentari