BIOGAS

La sostenibilità ambientale dell’energia da reflui

Rispetto a quella presente nella rete elettrica nazionale. Meglio quelli bovini perché più ricchi di sostanza secca.

La produzione di energia da rinnovabili (Fer) in Europa è cresciuta nel corso degli ultimi anni in modo sensibile. Nel 2010 il 12,4% del consumo di energia primaria è stato soddisfatto attraverso l’impiego delle Fer; in Italia tale quota è leggermente inferiore (10,3%) ed è ripartita tra biomasse (43,2%), geotermico (26,4%) e idroelettrico (24,4%).

Tra le Fer, il biogas, anche grazie alla presenza di sostanziosi incentivi pubblici, è una delle filiere che si è maggiormente diffusa. Secondo l’ultimo Censimento del Crpa la potenza elettrica installata ha superato i 750 MWe ed è tutt’ora in crescita. La produzione di elettricità da biogas in ambito agricolo può avvenire attraverso la digestione sia di matrici di scarto (reflui zootecnici e residue dell’industria agro-alimentare) ma anche utilizzando colture appositamente coltivate (es. insilati di cereali).

Nonostante l’interesse e il crescente sviluppo, emerge da più parti che la generazione di energia rinnovabile può comportare problematiche di carattere ambientale anche importanti. Nello specifico, la produzione di elettricità attraverso la digestione anaerobica (DA) di biomasse fermentescibili di origine agricola è caratterizzata da un impatto ambientale che deve essere attentamente valutato. Soprattutto per gli impianti di DA in cui si utilizzano colture dedicate, il sistema produttivo a monte comporta un notevole consumo di risorse (carburanti, fertilizzanti ecc.) ed emissioni. D’altro canto, considerando la ridotta produzione specifica in biogas, l’alimentazione dei digestori esclusivamente con liquami zootecnici pone serie problematiche relative al reperimento della biomassa soprattutto per impianti di medio-elevata potenza.

In termini generali, gli impatti ambientali di un processo possono essere definiti come le modificazioni generate a seguito dei rilasci nell’ambiente e dei consumi di risorse che si realizzano nel corso del processo stesso.

Nel caso della DA di reflui zootecnici è dunque importante valutare l’impatto ambientale associato alla produzione di elettricità (EE) mediante l’impiego di diversi reflui zootecnici al variare delle distanze di trasporto degli stessi.

Il metodo del ciclo di vita

L’analisi del ciclo di vita, più conosciuto con l’espressione Life cycle assessment (LCA), è un metodo che valuta l’impatto ambientale di un processo (o di un prodotto), considerando tutte le fasi del ciclo produttivo, dall’estrazione delle materie prime impiegate alla conclusione del processo produttivo. Inizialmente l’LCA è stato sviluppato per la valutazione di processi industriali il cui flusso di massa ed energia è facilmente identificabile e misurabile; ma attualmente trova è sempre più frequente applicazione anche ai processi agricoli. I principali vantaggi di questo metodo sono legati al fatto che considera il processo intero e che è definito dalle norme Iso 14040’s che permettono la ripetibilità degli studi e il loro confronto.

La valutazione della sostenibilità ambientale dell’energia elettrica prodotta da reflui bovini e suini è stata effettuata valutando le seguenti 4 categorie di impatto (o effetti ambientali):

1) riscaldamento globale (GWP);

2) acidificazione del suolo (AC);

3) eutrofizzazione delle acque (EU);

4) consumo di risorse abiotiche (AD).

L’impatto ambientale dell’EE cosi calcolato è stata poi confrontato con quello del mix elettrico italiano.

Descrizione della filiera

Il sistema analizzato riguarda la produzione di EE da reflui zootecnici più diffusi nell’Italia settentrionale (liquame bovino e suino) in due impianti di DA caratterizzati da reattori completamente miscelati operanti in mesofilia (40 °C) e dotati di un motore CHP con potenza elettrica di 250 kW (rendimento elettrico 35,7% e termico 51,0%).

Al fine di agevolare il confronto tra le due filiere i risultati sono riferiti a 1 kWh elettrico generato dal CHP e immesso in rete.

In figura 1 è schematizzato il sistema analizzato e i relativi confini. L’analisi è stata condotta considerando le operazioni di:

1) recupero e trasporto dei reflui (quando presente);

2) carico dei digestori;

3) DA delle biomasse;

4) trattamento del biogas prodotto (filtrazione, desolforazione e deumidificazione);

5) combustione del biogas in motori CHP e cogenerazione di EE ed ET (calore).

Sono stati confrontati scenari differenti (tabella 1), sia per quanto riguarda l’approvvigionamento della biomassa, sia per quanto riguarda la valorizzazione dell’ET cogenerata. Relativamente all’approvvigionamento un primo scenario considera la totale disponibilità dei reflui in azienda, mentre il secondo prevede il parziale approvvigionamento esterno (50%). Più nel dettaglio, relativamente al trasporto dei reflui si sono ipotizzate le seguenti situazioni operative:

1) nessun trasporto (totale disponibilità aziendale);

2) trasporto del 50% della massa del refluo da aziende poste a per una distanza media di 5 km (ipotesi valida per areali ad alta intensità zootecnica);

3) trasporto del 50% della massa del refluo da altre aziende per una distanza media di 20 km (ipotesi valida per in areali a medio-bassa intensità zootecnica).

I suddetti scenari considerano anche la restituzione del digestato agli allevamenti che hanno prodotto il refluo.

Considerando che entrambi gli impianti di DA sono alimentati esclusivamente da reflui zootecnici e che essi costituiscono un sottoprodotto di un altro sistema produttivo (l’allevamento), tutte le operazioni connesse alla produzione e alla gestione del refluo sono state escluse dal LCA. Il contrario, invece, la movimentazione e l’introduzione nei digestori della biomassasono state considerate.

Lo scenario alternativo relativo al calore prevede invece la valorizzazione di quello cogenerato e quindi la ripartizione del carico ambientale anche all’energia termica e non solo all’energia elettrica.

Raccolta dei dati

I dati relativi all’operatività dei due impianti di biogas (flussi di biomassa, biogas e produzione e autoconsumo di energia) sono stati raccolti tramite il monitoraggio degli stessi eventualmente mediati con quelli provenienti da impianti simili. Per il trasporto dei reflui (autocarro da 24 t) si è fatto riferimento a database specificatamente sviluppati per analisi LCA in cui sono presenti numerosissimi processi con il loro relativo impatto ambientale.

La CO2 prodotta nella DA dei reflui e quella derivante dalla combustione del biogas non è stata considerata nelle emissioni poiché precedentemente fissata dai vegetali utilizzati per l’alimentazione zootecnica. In tabella 2 sono riportate le caratteristiche dei due reflui digeriti mentre la tabella 3 mostra le informazioni relative all’operatività dei due impianti.

È possibile notare come, a parità di calore cogenerato, quello autoconsumato per il riscaldamento della biomassa sia considerevolmente più alto nell’impianto che utilizza il refluo suino, matrice con ridotto contenuto di solidi totali (ST).

Le perdite di metano dovute a trafilamenti dalla cupola gasometrica e dalla linea gas sono state considerate pari allo 0,5% del volume di biogas prodotto.

Per ogni tonnellata di refluo introdotta nei digestori si sono prodotte 0,95 e 0,98 tonnellate di digestato per l’impianto alimentato a liquame, rispettivamente, bovino e suino. Negli scenari in cui parte del refluo ha origine extraziendale nell’LCA è stato considerato anche il trasporto del digestato all’azienda di provenienza.

L’EE prodotta è immessa in rete dalla quale si preleva la quota necessaria per il soddisfacimento degli autoconsumi elettrici. Gli autoconsumi termici sono invece interamente soddisfatti mediante il calore cogenerato dal CHP.

Il coprodotto “calore”

La filiera della DA è un processo multifunzionale che, oltre alla generazione di EE, produce ET e notevoli quantità di digestato. Relativamente al coprodotto “calore”, potenzialmente utilizzabile (riscaldamento di serre, condizionamento invernale delle porcilaie, l’essiccamento di foraggi, ecc.), sono stati analizzati differenti approcci per ripartire il carico ambientale:

i) Nessuna allocazione; tutto il carico ambientale generato dal processo viene imputato all’EE. Tale approccio è giustificato quanto l’ET disponibile al netto degli autoconsumi non è utilizzata ed è dissipata;

ii) Allocazione Exergetica sulla base del contenuto energetico delle due forme di energia. L’exergia è definibile come la quota parte dell’energia idealmente trasformabile in lavoro ed è dunque un suo parametro di “qualità”. Nel caso specifico, l’EE è una forma di energia con maggiore “qualità”.

iii) Allocazione sulle “quantità”, che prevede di considerare l’ET e l’EE equivalenti in termini qualitativi.

Questi ultimi due approcci sono ammissibili e consigliabili soprattutto quando il calore disponibile è utilizzato.

Relativamente al digestato nessuna allocazione è stata eseguita. Tale scelta è giustificata dal fatto che il digestato, oltre a non avere un valore economico, ha anche una massa che è sostanzialmente equivalente a quella del refluo introdotto (la riduzione di massa dovuta alla DA è trascurabile) e quindi non comporta aggravi di gestione rispetto al sistema tradizionale.

Le distanze di trasporto fanno la differenza

Sono qui di seguito riportati gli impatti ambientali, riferiti a 1 kWhe per le due tipologie di refluo e per i diversi scenari relativi a:

1) trasporto: a) nessuno, b) per 5 km o per c) 10 km del 50% dei reflui e del digestato;

2) utilizzo del calore: a) nessuno, ET dissipata; b) recuperato.

La figura 2 riporta il confronto tra l’impatto ambientale dell’EE prodotta dalla DA dei due reflui considerando i diversi casi precedentemente descritti per quanto riguarda il trasporto e quello del mix elettrico nazionale (posto uguale a 100). Il mix elettrico nazionale è l’insieme di fonti energetiche primarie utilizzate per la produzione di energia elettrica.

In tutti i casi la generazione di EE con DA ha un impatto ambientale notevolmente inferiore a quello del mix elettrico nazionale. Per quanto riguarda la categoria di “riscaldamento globale” l’impatto è tra il 29% e il 46%, per l’acidificazione tra il 45% e il 64%, per l’eutrofizzazione tra il 53% e il 74%. Nel caso del consumo di risorse il confronto con l’impatto ambientale dell’elettricità prodotta con il mix energetico italiano è ancora più vantaggioso (8-25% del riferimento).

Confrontando le due biomasse, a parità di scenario, l’EE prodotta da reflui bovini ha un impatto ambientale inferiore per tutte le categorie ambientali prese in esame. Appare però evidente che, in presenza di trasporto e soprattutto in funzione della distanza la sostenibilità ambientale di un refluo rispetto all’altro può mutare sensibilmente.

Considerando la valorizzazione del calore disponibile e, quindi, ripartendo (allocando) l’impatto ambientale tra ET ed EE. L’allocazione comporta una riduzione del carico ambientale imputabile all’EE prodotta; tale riduzione è maggiore quando è utilizzato il liquame bovino (-22% e –48% con allocazione exergetica e basata sulle quantità) rispetto al refluo suino (-8% e -25% con allocazione exergetica e basata sulle quantità). Ciò è essenzialmente dovuto al minore autoconsumo termico.

Le differenze tra i reflui

La valutazione della sostenibilità ambientale è una prassi già obbligatoria in altri settori ma diventa sempre più importante anche in ambito agricolo. Per quanto riguarda la produzione di EE da FER la sua rilevanza è dovuta anche al fatto che queste filiere sono sostanzialmente incentivate e la giustificazione di questi contributi sarà, giustamente, sempre più legata anche al raggiungimento di buoni risultatiti sotto il profilo ambientale.

L’analisi condotta ha evidenziato come l’impiego di reflui bovini permette di ottenere una migliore sostenibilità rispetto ai reflui suini e come entrambe le filiere producano energia con un minor impatto ambientale rispetto a quella da altre fonti presente nella rete elettrica nazionale.

Le differenze tra i due reflui sono essenzialmente dovute alla più elevata produzione specifica del liquame bovino, caratterizzato da un più elevato tenore di sostanza secca. La convenienza ambientale dell’impiego di refluo bovino rispetto a quello suino non può, tuttavia, prescindere dalla valutazione delle distanze di trasporto che influenzano fortemente il carico ambientale. In prospettiva, al fine di conseguire una più accurata valutazione di impatto, andrebbe considerata la riduzione delle emissioni che la DA dei reflui consente di ottenere rispetto allo stoccaggio tradizionale dei reflui stessi. 

di Jacopo Bacenetti, Alessandra Fusi, Riccardo Guidetti, Marco Fiala

Ringraziamenti

Il presente contributo è realizzato con il contributo di Regione Lombardia: Fondo per la Promozione di Accordi Istituzionali “Progetto BIOGESTECA 15083/RCC”.

Si ringrazia inoltre Regione Lombardia e il FSE che hanno finanziato, attraverso il “Progetto Dote Ricerca”, un assegno di ricerca rivolto alla valutazione economica, energetica e ambientale delle principali filiere agro-energetiche italiane.

Gli autori sono del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali - Produzione, Territorio, Agroenergia, Università di Milano (Via G. Celoria, 2 – Mi)

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La sostenibilità ambientale dell’energia da reflui - Ultima modifica: 2013-10-30T00:00:00+01:00 da Redazione Terra e Vita
La sostenibilità ambientale dell’energia da reflui - Ultima modifica: 2013-10-30T14:42:06+01:00 da Redazione Terra e Vita

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