CALORE ED EFFICIENZA

L’integrazione vincente tra le filiere della biomassa

Per aumentare la sinergia tra efficienza, produttiva e redditività.

L'intero comparto delle energie da fonte rinnovabile è in pieno sviluppo ovunque nel mondo, e il settore delle energie da biomassa è il sotto-insieme nel quale risiede la più elevata velocità di innovazione insieme al totale coinvolgimento del mondo rurale e degli agroecosistemi nei quali esso è inserito, attraverso coltivazioni, allevamenti, forestazione, sottoprodotti delle filiere agroalimentari, riciclo dei residui antropici del territorio.

Lo sviluppo della domanda di “commodities agro energetiche” ottenibili da biomassa sta conoscendo in tutto il mondo una forte espansione. L'incontro tra domanda e offerta di biomasse coinvolge a vario titolo tutte le filiere agricole e forestali, sia attraverso la produzione, il commercio e l'utilizzo del prodotto “fisico” (biomasse solide e liquide) sia attraverso lo sviluppo del mercato del valore “intangibile” del sistema di produzione della biomassa. Quest'ultimo comparto spazia dai carbon credits (previsti dal Protocollo di Kyoto) ai water credits (sviluppo del mercato volontario di certificati di credito legati all'uso virtuoso di tecnologie “sostenibili” di produzione agricola che determinino l'ottimizzazione dell'uso della risorsa idrica).

Si sta delineando, pertanto, uno scenario internazionale nel quale assume un valore crescente e consistente la capacità di progettare, implementare e gestire in modo “intelligente e multifunzionale” il sistema territoriale delle filiere non-food, realizzando un approccio a quella che si potrebbe definire come la “Clean Cleaver Energy” (“Energia Pulita e Intelligente”). Questo concetto si sta estendendo in modo sempre più evidente alle filiere delle biomasse: sia la filiera del bosco-legno (certificazioni IFS e PEFC) sia la filiera degli olii vegetali (con le certificazioni di tracciabilità e sostenibilità) hanno già adottato procedure di controllo e certificazione della qualità “etica” del sistema processo-prodotto.

Unendo tra loro in modo efficace e multifunzionale le differenti filiere di produzione della biomassa è possibile ottenere importanti risultati di ottimizzazione della supply-chain (cioè del sistema integrato “dal campo al consumatore”), che si traducono in effetti positivi sull'ambiente e sui costi di produzione e utilizzo della commodity energetica.

Un ruolo fondamentale all'interno dell'ottimizzazione della supply-chain va attribuito al sistema della logistica delle biomasse. L'analisi ex-ante della logistica della supply-chain è decisiva per stabilire la congruità della realizzazione di un sistema di produzione di energia da biomassa, al punto da dover determinare perfino la scelta tra le differenti modalità tecnologiche di produzione dell'energia. In pratica, il corretto approccio alla scelta del ciclo produttivo dell'energia da biomassa consiste nella seguente scala gerarchica decrescente per le scelte operative:

1) analisi della disponibilità locali di punti di accesso alle reti energetiche per il trasporto dei kWhe, kWht, fluidi termici e gas producibili dall'impianto;

2) analisi di congruità del sito disponibile;

3) analisi del territorio per la disponibilità di biomasse suddivise per tipologie (biomasse di origine vegetale, animale, agroindustriale, civile);

4) analisi comparata della competitività dei costi di produzione diretta, di acquisto e di stoccaggio dei differenti tipi di biomassa;

5) determinazione dei livelli di potenza installabili per le differenti configurazioni impiantistiche;

6) comparazione tecnico-economica delle soluzioni praticabili;

7) analisi finanziaria per la disponibilità della propria equity (contributo finanziario dell'imprenditore) e della quota restante di capex (capital expenditure, cioè capitale necessario per realizzare l'investimento);

8) scelta finale della tecnologia e della potenza da installare.

Come si nota, la scelta della tecnologia rappresenta l'ultimo passaggio nel processo decisionale corretto, mentre è prassi usuale (errata) posizionarlo al primo posto.

Le figure 1 e 2 mostrano alcuni esempi di analisi della logistica di biomassa legnosa e fermentescibile.

Più che in altri settori economici il rapido sviluppo del rapporto tra domanda e offerta di prodotti da e per l'energia rinnovabile presenta la necessità di una “politica della globalizzazione” capace di rispondere a contingenze sociali, culturali e ambientali non governabili al solo livello nazionale.

A livello internazionale lo sviluppo delle filiere agroenergetiche alimentate da biomassa presenta il seguente stato dell'arte:

1) l'intera produzione mondiale di olii vegetali destinati a produrre energia in Europa è soggetta a certificazione di tracciabilità e sostenibilità: inoltre, la produzione di olii vegetali originati nella fascia tropicale da colture pluriennali come palma e jatropha subisce restrizioni legate alla criticità ecologica (per le colture intensive e specializzate di palma) e alimentare (la Jatropha curcas non fornisce prodotti eduli, né per l'olio né per il panello di estrazione);

2) la produzione di materiale ligneo-cellulosico per processi di termo-trasformazione è soggetta a vincoli di origine (bosco autoctono o impianto arboreo intensivo da biomassa?): si auspica oltre alla certificazione di tracciabilità e sostenibilità anche l'applicazione di analisi Lca (Life cycle assessment, cioè Analisi del ciclo di vita del prodotto), che stabilisce il “costo energetico e ambientale” per produrre e trasferire la biomassa solida;

3) il dimensionamento delle “centrali a biomassa” è un punto critico, con la diatriba tra grossi impianti che spesso necessitano di approvvigionamenti a largo raggio (centinaia/migliaia di km) e impianti di taglia ridotta nei quali la filosofia costruttiva consiste nel fatto che “è l'impianto ad andare incontro alla biomassa” (localizzandosi “a corto raggio” dal luogo di produzione della biomassa), fino alla combinazione ottimale “a km-zero”, e non viceversa;

4) la produzione di bioetanolo è attualmente legata particolarmente alla canna da zucchero tropicale (in Brasile in primis), ed è in via di applicazione anche alla cellulosa di colture erbaceo-arbustive praticabili anche ai climi euro-mediterranei attraverso i nuovi processi industriali “di seconda generazione” (in particolare il processo messo a punto dal Gruppo Mossi e Ghisolfi a Tortona in Piemonte);

5) la produzione di biogas consente la valorizzazione di biomassa erbacea fermentescibile, residui e liquami di origine locale, ed è realizzabile ovunque;

6) si afferma in modo crescente la “system integration”, cioè la sinergia tra differenti filiere agroenergetiche, la quale consiste nell'aggregare tra loro sul medesimo sito differenti tecnologie e impianti di produzione energetica, allo scopo di valorizzare i cascami di ciascuna tecnologia a favore di una fase successiva anch'essa produttrice di energia (esempi emergenti: accoppiamento biogas-syngas, olii-biogas, olii-syngas, olii-biogas-syngas, unità di cogenerazione multi-fuel ecc.).

La distribuzione mondiale delle filiere descritte consente innumerevoli combinazioni tecnologiche con le relative opportunità in termini di investimenti, sviluppi tecnologici e implementazione di servizi (progettazione, training, assistenza tecnica, manutenzione, certificazione ecc.).

Il modello sostenibile di supply-chain

Il commercio mondiale globalizzato determina un rapporto di “vasi comunicanti” tra i differenti bacini mondiali di produzione e consumo di prodotti a duplice attitudine alimentare e non-food (es. cereali per produrre alimenti ed energia) e specializzati (es. biomassa legnosa).

La ricerca di formule coerenti di convivenza tra i due comparti (food-feed, cioè cibo per uomo e animali, e no-food) è fondamentale per assicurare equilibrio sul territorio e rispetto per le priorità di sviluppo. Possiamo riscontrare le seguenti 4 sintetiche rappresentazioni:

a) modello non sostenibile di macro-farms per produzione no-food in areali situati nei Pvs (Paesi in via di sviluppo), sia per produzione di olii che di biomassa ligneo-cellulosica;

b) modello sostenibile di azienda agricole in Pvs, anche di elevata superficie, con mix di colture food-feed e no-food, possibile grazie alla disponibilità di elevata superficie coltivabile e di dotazione idrica compatibile con la condivisione “etica” delle risorse con la realtà socio-rurale preesistente (popolazione rurale autoctona);

c) modello sostenibile di piccola-media azienda agricola in areale europeo dedita alla sola monocoltura no-food in sostituzione di colture food-feed e dotata di proprio impianto di trasformazione energetica “a km-zero”;

d) modello sostenibile di piccola-media azienda agricola in areale europeo dedita a coltivazione intensiva in rotazione di colture no-food e food-feed, resa possibile grazie all'allungamento della stagione primaverile e autunnale favorevole alla coltivazione (a causa del cambiamento climatico in essere), all'adozione di tecnologie intensive sostenibili, al doppio ciclo colturale consecutivo, al ricorso a specie vegetali “rinettanti e fitodepuranti” con caratteristiche multifunzionali, e dotata di proprio impianto di trasformazione energetica “a km-zero”.

Lo scenario operativo per la sinergia tra filiere

La sinergia tra le differenti filiere della biomassa in Italia presenta connotati differenti rispetto alla situazione internazionale.

Mentre all'estero, sia in Europa che (in modo ancora più marcato) in altri continenti, si affermano modelli di coltivazione ciascuno di dimensione fondiaria sufficiente a determinare economie di scala che favoriscono la diminuzione dei costi di produzione e l'ottimizzazione dei fattori di produzione, in Italia la strutturale ridotta disponibilità di terreno arabile si associa (da un quinquennio a questa parte, ad esempio) alla crescente domanda di insilati e pastoni per il mercato “a corto raggio”, dedicato alla zootecnia e ai biodigestori anaerobici, nonché di biomassa ligno-cellulosica per gli impianti dedicati ai processi di termo-trasformazione in energia.

Per quanto concerne la filiera degli olii vegetali (per produzione diretta di energia e di biodiesel oltre al consumo umano) essa è stata compressa in Italia dalla mancanza di terreni disponibili alle coltivazioni, oltre al ridotto indice di densità energetica producibile per ettaro (in media 1.800 Ha di superficie per alimentare 1 MWe a olio vegetale, contro 250 Ha per alimentazione totalmente vegetale di 1 MWe da fermentazione anaerobica).

In questo scenario tecnologico e socio-rurale le soluzioni disponibili sono numerose e presentano un elevato tasso di innovazione.

Attualmente le linee-guida prioritarie possono essere riassunte come di seguito.

a) Per la biodigestione anaerobica:

1) priorità al doppio ciclo colturale di cereali vernini (o di mix di semina autunnale di cereali e leguminose) seguiti da cereali estivi (mais, sorgo) rispetto al singolo ciclo primaverile-estivo per situazioni di disponibilità idrica a costi compatibili;

2) inserimento nell'ordinamento colturale di Arundo donax, in particolare per le aree da coltivare in golena, in aridocoltura e/o con irrigazione limitata di soccorso, a doppio raccolto annuale con insilamento;

3) utilizzazione di metodologie di intensivizzazione colturale per la massimizzazione della produzione e la diminuzione del costo di produzione per unità di peso di prodotto vegetale, e in particolare: (i) pacciamatura biodegradabile per mais di 1° raccolto non irriguo, (ii) irrigazione a goccia con fertirrigazione per mais di 1° e 2° raccolto, sorgo di 2° raccolto e Arundo in terreni irrigui;

4) adozione di tecnologie intensive (e non a low-input speculativo, come praticato attualmente nella maggior parte dei casi) di coltivazione per il secondo raccolto di sorgo (es. irrigazione a goccia) per situazioni di disponibilità idrica a costi compatibili, onde esaltarne la potenzialità genetica di produzione di biomassa fermentescibile;

5) valorizzazione delle deiezioni animali meno utilizzate (es. pollina) in contemporanea all'utilizzo di biomassa liquida a elevato contenuto di carbonio (melasso, glicerina) onde compensare il rapporto tra carbonio e azoto;

6) valorizzazione delle tecnologie di insilamento di micro-partite di prodotti vegetali eterogenei disponibili sul territorio (vinacce, sanse, sfalci, etc.), ad esempio attraverso l'insilamento in rotoballe e “salamoni”;

7) utilizzo di tecnologie di valorizzazione della frazione solida del digestato (separazione, disidratazione e utilizzo come fertilizzante organico e come biocombustibile).

b) Per i processi di termo-trasformazione in energia (impianti a combustione e a pirogassificazione):

1) priorità agli impianti agro-forestali intensivi di produzione di biomassa ligno-cellulosica dedicata: pioppo da Srf (Short rotation forestry) e Mrf (Medium rotation forestry), Arundo donax a doppio raccolto annuale con insilamento (ed essiccazione dell'insilato contestualmente all'utilizzo nel processo termico);

2) valorizzazione della frazione solida del digestato separato proveniente dalla fermentazione anaerobica, con essiccazione discontinua dell'insilato contestualmente all'utilizzo nel processo termico;

3) valorizzazione dei materiali di risulta della lavorazione del legname (segatura, scortecciatura, etc.) con compressione in pellets, cialde e bricchetti.

Le figure da 3 a 5 mostrano graficamente i rapporti tra le indicazioni precedenti.

Micro-irrigazione a goccia

Tra tutti i fattori di produzione la gestione della risorsa idrica agisce in modo prioritario da discriminante per le scelte agronomiche e per determinare la redditività di una filiera di produzione dedicata alla biomassa. In particolare in Italia la combinazione tra cambiamento climatico e ridotta disponibilità di suoi arabili determina una notevole pressione sul comparto produttivo, considerando che la crescente domanda di prodotti della coltivazione si interfaccia con l'alternanza tra primavere siccitose oppure con precipitazioni di caratteristiche subtropicali, e con estati a climatologia tendenzialmente arida.

In questo scenario che richiede di massimizzare la produzione vegetale per unità di superficie gioca un ruolo primario lo sviluppo nel nostro Paese della tecnologia di “micro-irrigazione a goccia”, la quale oltre a centellinare ed ottimizzare gli apporti idrici consente in contemporanea di nutrire al meglio le piante irrigate con la tecnologia della c.d. “fertirrigazione”, che permette di distribuire micro-quantità di composti nutrizionali, ammendanti, microbiologici e biotecnologici direttamente alle radici delle piante.

Nell'ultimo decennio il miglioramento continuo delle tecnologie agronomiche ha consentito di “tagliare su misura” il modello colturale, individuando nuove applicazioni “complementari” che ne stanno determinando il progressivo affermarsi, quali: (i) la progressiva meccanizzazione dell'intero set di materiale irriguo, (ii) la razionalizzare degli apporti irrigui in funzione della tessitura del terreno e dell'evapotraspirazione giornaliera della coltivazione (ETcrop), (iii) l'applicazione della fertirrigazione a microdosi di concimi di sintesi, di fertilizzanti organici (es. il digestato dei biodigestori), di fitofarmaci di contatto e sistemici e di materiali biotecnologici (micorrize, batteri rizosferici).

Pacciamatura "a biodegradabilità accelerata"

La pacciamatura è praticata da decenni in agricoltura specializzata e giardinaggio, e consiste nella copertura (totale o parziale) del terreno con un materiale estraneo al suolo allo scopo di:

- determinare un precoce riscaldamento del suolo con il conseguente anticipo delle colture (applicazione a colture primaverili a semina/trapianto anticipati);

- ridurre notevolmente il consumo idrico;

- produrre miglioramento quali-quantitativo del raccolto;

- ridurre il ricorso alla fitochimica (in particolare, erbicidi e fungicidi);

- ottenere una diminuzione consistente del costo di produzione dell'unità di prodotto (in particolare, granelle e insilati da semine precoci);

- valorizzare le situazioni aziendali di aridocoltura;

- mettere in sicurezza le produzioni, cioè determinare “la garanzia di produrre”, in particolare rispetto a fenomeni di siccità, stress idrico, cambiamento climatico.

Il telo “biodegradabile” appositamente realizzato consiste nell'utilizzo di un polimero additivato in modo specifico per favorire la veloce frammentazione del telo stesso al termine del ciclo colturale: in tal modo si determina la velocizzazione del naturale processo di “bio-demolizione” del materiale plastico (il quale avverrebbe “comunque” in natura, pur richiedendo alcuni decenni per completarsi): pertanto, il fenomeno di “frammentazione fine” del bio-telo consente di aumentare la superficie di attacco batterico ai micro-residui interrati nel suolo riducendo notevolmente il tempo necessario per la degradabilità.

Gli effetti agronomici non si fanno attendere:

- contrasto della crescita e/o della competitività delle erbe infestanti;

- riduzione/eliminazione dell'evaporazione dell'acqua dagli orizzonti superficiali del suolo;

- scomparsa del problema della formazione di crosta;

- protezione del terreno dall'erosione;

- innalzamento rapido della temperatura degli orizzonti superficiali del suolo;

- consistenti anticipi di maturazione riducendo la durata del ciclo di coltivazione (anche 3 settimane sugli insilati precoci di mais e sorgo).

La figura 6 e le tabelle 1-3 mostrano gli elementi di innovazione tecnologia e i temi di irrigazione più coerenti con le filiere delle biomasse. 

*Capo Dipartimento di Environmental and Social Sciences - Università del New Hampshire (USA) St. John International University - Campus di Vinovo (To) - a.arioli@sjiu.it

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L’integrazione vincente tra le filiere della biomassa - Ultima modifica: 2013-10-30T00:00:00+01:00 da Redazione Terra e Vita
L’integrazione vincente tra le filiere della biomassa - Ultima modifica: 2013-10-30T12:25:48+01:00 da Redazione Terra e Vita

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