Il sedano è una coltura che, anche se considerata minore, in Italia riveste una certa importanza commerciale. La coltura può essere interessata nella sua porzione aerea da due diverse, anche se simili, malattie fungine: la septoriosi, causata da Septoria apiicola e la cercosporiosi il cui agente causale è Cercospora apii.
Questa non è septoriosi
La septoriosi rappresenta la malattia chiave della coltura, in quanto la colpisce con una certa frequenza e per la quale vengono seguiti programmi appositi di difesa. Tuttavia, anche la cercosporiosi in particolari annate, specialmente nei cicli di coltivazione più tardivi e caratterizzati da autunni miti e piovosi, può causare danni altrettanto importanti. In Italia la cercosporiosi compare con una certa frequenza ma viene spesso sottovalutata perché confusa con gli attacchi di septoriosi. I sintomi di cercosporiosi si manifestano sulle foglie di sedano sottoforma di macchie irregolari, spesso angolari, di dimensioni variabili da pochi millimetri fino ad arrivare ad oltre un centimetro. Tali macchie si presentano di colore bruno-grigiastre e delimitate da un bordo bruno più scuro. In condizioni climatiche più umide sulle porzioni infette possono prodursi delle lievi efflorescenze grigiastre, costituiti dai conidi del fungo. Col tempo, le porzioni necrotiche interessate dall’infezione tendono ad allargarsi e a confluire determinando il disseccamento dell’intera lamina fogliare. Anche lo stelo può essere interessato dalle infezioni. Quando la malattia arriva ad interessare lo stelo e buona parte delle foglie più esterne, in breve tempo può anche portare a morte la pianta. Non è infrequente che i sintomi possano prodursi anche dopo la raccolta durante la commercializzazione.
Il fungo trascorre la stagione avversa sotto forma di micelio sia sui residui colturali infetti dell’anno precedente, sia sul seme.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
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Condizioni predisponenti
Quando le condizioni climatiche si ripresentano favorevoli al patogeno (periodi di bagnatura fogliare superiore alle 8-10 ore e dalla temperatura media che si verifica durante il periodo di bagnatura da 15° C a 30° C), questo riprende la sua attività producendo conidiofori al cui apice produrranno i conidi (organi di riproduzione asessuata) che, attraverso gli schizzi di pioggia, l’irrigazione e, non ultimo a opera dell’uomo durante il passaggio in campo, saranno trasportati a breve distanza sulla vegetazione suscettibile, permettendo più cicli infettivi. Al contrario, il trasporto a grandi distanze avviene a opera del vento. Le spore, una volta a contatto con la vegetazione suscettibile, se le condizioni climatiche risultano favorevoli, germineranno producendo un tubetto germinativo.
A differenza di Septoria apiicola, Cercospora apii penetra unicamente attraverso gli stomi nel mesofillo fogliare, e da qui svilupperà il micelio all’interno del tessuto ospite. La malattia in genere si avvantaggia di eccessive irrigazioni e da densità di impianto piuttosto elevate, in quanto la combinazione dei due fattori, porta ad avere all’interno della coltura condizioni microclimatiche ottimali per sviluppo epidemico della malattia.
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Prevenzione e contenimento
Il contenimento della malattia passa in primo luogo dall’adozione di pratiche agronomiche virtuose quali l’impiego di varietà tolleranti, di seme sano, di rotazioni colturali di almeno due anni e densità di impianto non particolarmente fitto, nonché l’eliminazione degli organi e delle piante colpiti, tutte concorrono a mantenere la coltura in un buono stato fitosanitario. La difesa chimica contro la cercosporiosi su sedano coltivato in pieno campo prevede invece, alla comparsa dei primi sintomi, l’utilizzo di azoxystrobin o la miscela di azoxystrobin+difenoconazolo. Tuttavia, sono altrettanto efficaci nel contenimento della malattia anche i sali di rame, la miscela pyraclostrobin+boscalid, il penthyopirad e lo stesso difenoconazolo, già impiegati nei confronti della septoriosi. I trattamenti sono da effettuarsi nei periodi di maggiore rischio infettivo e rispettando un turno di 8-12 giorni in funzione dell’andamento climatico.