Il futuro della ricerca in agricoltura è giovane

Foto di gruppo Aissa#under40
Le sfide e le opportunità del settore affrontate in occasione del secondo convegno AISSA#under40, organizzato a Sassari dal Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Sassari. I giovani ricercatori intervenuti non hanno dubbi, per un comparto primario più sostenibile e produttivo è necessario puntare sull’Agricoltura 4.0

La sostenibilità dei sistemi agrari e forestali, il “Green deal” europeo, la strategia “Farm to fork”, la banca dati dei progetti in agricoltura “Innovarurale.it”, le tecnologie Smart Farming e il nodo del digital divide, l’applicazione del Life Cycle Assessment alle filiere agro-alimentari, i nuovi orientamenti strategici del programma Horizon Europe. Questi e molti altri argomenti sono stati approfonditi nel corso della due giorni dedicata alla sostenibilità dei sistemi agro-forestali, organizzata all’Università di Sassari da AISSA#under40: i giovani dell’Associazione Italiana Società Scientifiche Agrarie.

Sostenibilità e Agricoltura 4.0, binomio imprescindibile

Durante la tavola rotonda “Sostenibilità dei sistemi agrari e forestali” si è fatto il punto su quella che è la sfida più significativa per l’agricoltura del futuro: aumentare la produttività garantendo la sostenibilità ambientale, senza tralasciare la sostenibilità economica e sociale. Esplorando diversi ambiti della ricerca (quali genetica e genomica applicate alla zootecnia, gestione forestale, coltivazioni a basso input, recupero della funzionalità dei suoli e tecniche statistiche avanzate) si è messo in evidenza che, per riuscire a coniugare la sostenibilità dei sistemi agrari e forestali (uso razionale delle risorse acqua, suolo, atmosfera) con la necessità di assicurare il fabbisogno alimentare per 8 miliardi di persone, è determinante investire sull’utilizzo combinato di tutte le tecnologie a disposizione, dalle nuove tecniche genomiche al digitale, all’agricoltura 4.0, favorendo un’elaborazione e un uso intelligente dei dati ed informazioni.

Come recuperare la funzionalità dei suoli contaminati. Da suoli “persi” a suoli produttivi

Stefania Diquattro

Stefania Diquattro, dell’Università degli studi di Sassari, ha spiegato che studi condotti con ammendanti (compost, biochar e residui di potabilizzazione delle acque) hanno mostrato come la frazione residuale (la più fortemente trattenuta dal terreno e difficilmente biodisponibile per le piante) aumenti del 15% nei suoli ammendati rispetto ai suoli contaminati prima del trattamento. Questo comporta una maggiore produttività e produzione di biomassa delle piante cresciute su tali suoli. Gli ammendanti, spiega Diquattro, influiscono anche sui parametri della fertilità dei suoli e contribuiscono al loro miglioramento. Di conseguenze si osserva una maggiore attività microbiologica, pari circa al doppio rispetto agli stessi suoli prima del trattamento.

«Il recupero della funzionalità dei suoli in termini di fertilità - incalza Diquattro - va di pari passo con una maggiore diversità microbica dei suoli trattati, tale risultato è stato valutato mediante studi di metagenomica». In Italia, spiega Diquattro, ci sono diversi studi per il recupero dei suoli contaminati da materiali tossici, ma poche strategie sono applicate in campo «noi giovani ricercatori - conclude - possiamo ottimizzare tali strategie ed estenderle ad aree sempre più vaste. E’ una bella sfida».

Genetica nei sistemi zootecnici nell’era dei cambiamenti climatici

Salvatore Mastrangelo

«Fra le diverse variabili climatiche, lo stress termico - spiega Salvatore Mastrangelo dell’Università di Palermo - è il fattore più dannoso per l’economia del settore zootecnico. Questo determina alterazioni dello stato metabolico e il peggioramento dello stato di salute e benessere, riduzione di circa il 20% della produzione del latte, scadimento della qualità del latte e del suo valore caseario, aumento del rischio di mortalità delle vacche in lattazione».

Secondo i dati climatici, riferiti da Mastrangelo, si stima che il riscaldamento globale porterà a un aumento di temperatura di 5,5°C entro il 2050 e di un altro grado e mezzo entro il 2100. «Risulta evidente - sottolinea Mastrangelo - che c’è la necessità di mitigare l’impatto delle produzioni zootecniche sui cambiamenti climatici e di iniziare a pensare a selezionare animali più resistenti a fattori ambientali stressanti quali il caldo».

Come fare? «Se fino a qualche anno fa gli obiettivi di selezione consideravano solo prestazioni produttive e morfologiche sulla redditività del sistema, adesso si guardano a nuovi fenotipi e caratteri in grado di mitigare l’impatto sull’ambiente. Nei programmi di selezione genetica c’è una crescente attenzione per l'efficienza alimentare (precision feeding) e per la riduzione delle escrezioni ambientali di azoto e metano».

Molto promettenti, in tal senso, risultano le strategie di selezione genetica per la mitigazione del metano enterico prodotto dai ruminanti, in particolare dalla bovina da latte. «È interessante notare - conclude Mastrangelo - che variazioni nell’emissione di metano enterico sono state riportate tra individui, a dimostrazione che esiste un potenziale miglioramento mediante la selezione genetica. Pertanto, una possibile mitigazione ambientale sarebbe realizzabile impiegando le variazioni individuali all’interno di una popolazione e selezionando gli individui con una minima produzione di metano enterico».

Sostenibilità delle filiere e uso intelligente dei dati

Chiara Cevoli

«Un ruolo fondamentale per raggiungere la sostenibilità delle filiere agroalimentari - ha spiegato Chiara Cevoli dell’Università di Bologna - è svolto dall’innovazione tecnologica (industria e agricoltura 4.0). Le tecnologie digitali, la sensoristica miniaturizzata, la geolocalizzazione, la connessione in rete, IoT, sono tutti metodi che richiedono un uso intelligente dei dati e informazioni. Questo è un punto centrale, perché il dato di per sé ha poco significato, è un numero, deve essere invece elaborato e interpretato nel modo corretto».

Come? «Attraverso modelli di calibrazione, di stima. Per questo sono necessarie tecniche di statistica avanzate, per estrapolare dai dati più informazioni possibili».

Un uso non corretto dei dati, ha proseguito Cevoli «può essere controproducente e arrecare problemi lungo la filiera alimentare, specialmente in termini di sicurezza. Dati trasparenti e affidabili possono concretamente aiutare a combattere le frodi alimentari, a rintracciare prodotti pericolosi, aumentare la tempestività e l’accuratezza dei ritiri dal mercato e favorire l’applicazione di altre misure di sicurezza pubblica, quindi del consumatore».

Gestione forestale, coniugare sforzi di mitigazione per tutela biodiversità

Matteo Vizzarri

Matteo Vizzarri*, del Centro comune di ricerca della Commissione europea, ha spiegato quali pratiche adottare per conciliare la mitigazione dei cambiamenti climatici con la conservazione della biodiversità. «In Italia, le aree naturali protette coprono 7 milioni di ettari e per il 60% sono costituite da boschi. Questo significa che lo sforzo verso la mitigazione non può prescindere dalla conservazione della biodiversità. Sulla stessa area però, soprattutto a scala locale, lo sforzo verso un aumento della rimozione netta di gas effetto serra dall’atmosfera (sink) si deve coniugare con il mantenimento dello stock, ovvero dell’accumulo dei gas effetto serra nel tempo nei vari pool forestali (per es., nella biomassa)».  

Come si può fare? «Dobbiamo mirare a integrare le varie pratiche gestionali a scala più ampia (per es., paesaggio forestale). Possiamo da un lato utilizzare una gestione quanto più possibile sostenibile soprattutto nei boschi giovani e dall’altro dobbiamo conservare quello che è stato già accumulato negli anni nei boschi più maturi e vetusti. I popolamenti più “vecchi” sono molto vulnerabili da un punto di vista dei disturbi naturali, quindi dobbiamo migliorare il loro monitoraggio, in modo tale da poter prevedere l’impatto di questi disturbi sulla loro evoluzione e futuro adattamento. Ricordo che le foreste primarie e vetuste coprono circa il 2-3% della superficie forestale europea».

«Infine - specifica Vizzarri - la gestione dei nostri boschi per la mitigazione dovrebbe essere orientata all’aumento dell’assorbimento netto nei boschi gestiti (incremento), all’ampliamento della superficie forestale e alla valorizzazione dello stock nei prodotti forestali legnosi. Per questo la conservazione della biodiversità non esclude necessariamente la produzione e viceversa, ma deve essere fatta in modo integrato e sistemico. Posso dire – ha concluso – che le politiche climatiche e le strategie per la biodiversità stanno cercando di assicurare collegamenti efficaci per il connubio fra mitigazione e conservazione della biodiversità nella gestione forestale e non solo».

Agricoltura di precisione e sistemi produttivi più sostenibili, a che punto siamo?

Domenico Ronga

Domenico Ronga, dell’Università di Salerno, ha spiegato l’importanza dei sistemi di agricoltura di precisione che permettono di ridurre gli input per le coltivazioni, aumentare la produttività e ottenere una produzione più sostenibile.

«A livello italiano per quanto riguarda l’impiego dell’agricoltura di precisione abbiamo parzialmente fallito su quelli che erano gli obiettivi. Si parlava di arrivare al 10% della Sau di utilizzo delle tecnologie digitali e di agricoltura di precisione e invece siamo fermi al 3-4% della Sau. Molte delle aziende mettono in campo poi prevalentemente la guida satellitare, quindi altre tecnologie fondamentali per incrementare produttività e sostenibilità non vengono sfruttate al meglio. Penso - ha affermato Ronga - che l’agricoltura digitale e di precisione siano le carte vincenti per andare incontro all’uso razionale degli input, e quindi preservali».

Che percentuale possono avere queste tecnologie come impatto sugli input? «Con un approccio corretto e multidisciplinare - ha concluso - si può arrivare anche oltre il 50%».

Aissa#under40, la ricerca partecipata

Bruno Scanu

«La seconda edizione di AISSA#under40, primo convegno svoltosi in presenza dall’inizio della pandemia, è stata fortemente partecipata, con oltre 100 contributi scientifici presentati da giovani ricercatori provenienti da 18 atenei e 5 centri di ricerca. Il filo conduttore dei lavori – ha commentato il presidente del comitato organizzatore, Università degli Studi di Sassari, Bruno Scanu – è stato il tema della sostenibilità dei sistemi agrari e forestali, declinato nei diversi ambiti della ricerca, quali produzioni vegetali, difesa delle piante, produzioni zootecniche, sicurezza alimentare, ambiente, ecc. Tra gli aspetti scientifici più rilevanti è emersa l’importanza della progettualità, del trasferimento tecnologico alle aziende agricole-forestali, e della comunicazione scientifica intesa come scambio delle conoscenze e sensibilizzazione su temi di rilevanza ambientale: tutti elementi imprescindibili per affrontare le nuove sfide legate al miglioramento della qualità dei prodotti, sostenibilità ecologica delle produzioni e redditività delle aziende».

L’importanza della condivisione delle conoscenze in ambito agrario

Massimo Tagliavini presidente Aissa

«I giovani ricercatori AISSA#under40 hanno capito il grande valore insito nella condivisione delle conoscenze interdisciplinari in ambito agrario», ha dichiarato il presidente di AISSA Massimo Tagliavini. «Con il loro contributo si potrà formare una futura generazione di professori delle discipline agrarie, dotati di piena maturità scientifica e con una mentalità aperta al dialogo sui problemi complessi legati alla didattica e alla ricerca in agricoltura».

Leggi le storie di tutti i giovani imprenditori agricoli del nostro Osservatorio Giovani Agricoltori

 

*Le opinioni espresse sono puramente quelle degli autori e non possono in alcun caso essere considerate come una posizione ufficiale della Commissione Europea o di qualsiasi altra agenzia governativa

 

Il futuro della ricerca in agricoltura è giovane - Ultima modifica: 2021-07-07T17:17:15+02:00 da Laura Saggio

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