Per i giovani agricoltori difficile accedere al credito e alla terra anche per colpa della burocrazia. I dati, le analisi, le proposte per cambiare le cose e le esperienze degli imprenditori under 41

Giovani che tornano alla terra o in fuga dalle campagne? Forse, come in tutte le cose, la verità sta nel mezzo. Senza esercitare l’abile arte dello storytelling proviamo ad analizzare dalle viscere la questione. E proviamo a farlo con uno sguardo di lungo respiro, perché quando parliamo di primo insediamento, in palio c’è il futuro del settore primario italiano.

Articolo pubblicato sulla rubrica Primo Piano di Terra e Vita

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Il ricambio generazionale in agricoltura rappresenta una delle maggiori sfide per l’agricoltura ed è riconosciuto come priorità nell’agenda politica dell’Ue e nel Piano strategico per la Pac dell’Italia. Eppure, nonostante gli sforzi compiuti nel corso delle diverse programmazioni per incentivare l’ingresso dei giovani nel settore primario, secondo le prime elaborazioni del settimo censimento Istat è ancora limitata la presenza di capi azienda nelle fasce d’età più giovani: sono solo il 13,4% i titolari di imprese under 44 nel 2020, in calo rispetto alla rilevazione di dieci anni prima, quando erano il 17,6% (-24%). Ugualmente, i dati Unioncamere riferiti alle sole imprese professionali non sembrano mostrare significative variazioni in termini di peso di quelle condotte da under 35 anni rispetto al totale delle aziende agricole, passate dal 7,3% del 2011 al 7,6% del 2022.

Nel 2021 sono nate in media 18 imprese agricole al giorno per l’iniziativa di un giovane, una in più ogni 24 ore rispetto al 2020, che però è l’anno nel quale la pandemia ha influito di più sull’economia. A livello regionale, il maggior numero di iscrizioni si registra in Puglia (829) e Sicilia (719), seguite dal Piemonte (564), dove il numero di iscrizioni è raddoppiato rispetto al 2020.

Quanto alla redditività per ettaro, le aziende dove il titolare è un giovane hanno una marcia in più rispetto alle altre. Secondo gli ultimi dati Eurostat, in Italia quelle condotte da under 35 hanno una redditività per ettaro maggiore (4.964 €/ha) rispetto a quelle condotte da over 55 (3.546 €/ha).

Insediati ma al verde

Per quanto riguarda l’implementazione dei Psr in Italia i dati evidenziano una situazione poco favorevole ai nuovi insediamenti. Dall’ultima elaborazione Coldiretti emerge che nell’ambito dei bandi Psr 2014-2020 per l’insediamento in agricoltura, e in particolare per la sottomisura 6.1, sono state presentate 40.725 domande. Di queste 19.223 sono quelle ammesse a finanziamento a gennaio 2021 (il 47,2%). Se analizziamo il numero delle domande pagate sul totale delle domande presentate, circa una domanda su tre (appena il 30,6%) ha ottenuto il relativo pagamento (in acconto o saldo).

primo insediamento

Stretta su credito e terra

Numeri alla mano, verrebbe da dire che l’agricoltura non è per giovani. È veramente così? Con poche risorse da utilizzare come garanzie, spesso le nuove leve si imbattono in un sistema creditizio che generalmente non concede mutui di durata superiore ai vent’anni e incontrano non pochi ostacoli burocratici e vincoli per accedere alla terra. Molti sono infatti costretti a iniziare con l’affitto o il comodato d’uso dei terreni, nonostante i canoni siano generalmente elevati. Malgrado queste difficoltà, il tessuto imprenditoriale degli agricoltori under 41 è dinamico, appassionato, aperto all’innovazione, attivo nel trovare soluzioni in grado di coniugare le ambizioni di sostenibilità con gli obiettivi di resa e redditività, come testimoniano le tante storie che raccontiamo su queste pagine nella nostra rubrica Osservatorio Giovani Agricoltori. Quali allora le proposte d’intervento per supportare le nuove generazioni agricole?

Il primo insediamento non funziona

Stefano Francia, presidente di Agia Cia

Quanto al primo insediamento la posizione del presidente Agia-Cia Stefano Francia è netta: «Non funziona. Regolarmente arriviamo a pochi mesi dalla scadenza delle misure senza aver fatto delle graduatorie che riescano a dare risposte. Così si incrementa l’abbandono. Serve una maggiore celerità e delle linee guida chiare, facilmente interpretabili dai giovani. Inoltre – continua il neo presidente di Cia Emilia-Romagna – troppo spesso si dà un punteggio alto a investimenti che non servono. Sono molti i giovani che per raggiungere il punteggio e riuscire a passare la graduatoria optano per investimenti non utili. Questo è azzardato specialmente per un’azienda che parte da zero, si rischia di compromettere la sostenibilità economica dell’attività già in partenza».

Francia spiega che dal confronto interno con i giovani insediati da pochi anni è emerso che «senza Ismea e la garanzia di una famiglia è quasi impossibile realizzare un’azienda agricola o agrituristica, perché gli investimenti necessari sono tanti e le banche non concedono credito. «Le banche non erogano perché non hanno garanzie – incalza Francia –. E negli ultimi 35 anni abbiamo perso due aziende su tre con una Sau tra i cinque e gli undici ettari». Inoltre, puntualizza il presidente Agia, «la valutazione del merito creditizio in agricoltura con i modelli dell’accordo Basilea 2 penalizza molto le imprese guidate dai giovani riguardo l’erogazione del credito».

Per il presidente è altresì necessario che venga implementata negli istituti agrari la formazione al credito: «fondamentale per limitare i rischi di dilazione nel tempo degli investimenti. Valutare bene la programmazione degli investimenti è determinante nei primi anni in cui i costi sono maggiori e le difficoltà nel rientrare dagli stessi possono penalizzare la messa in campo del progetto».

Quanto alla problematica relativa all’accesso alla terra, per Francia si deve «intervenire in modo importante sul sistema pensionistico, altrimenti i senior difficilmente abbandoneranno il lavoro e quindi il ricambio generazionale resterà uno scoglio». Ma non solo, «le grandi aziende molto spesso tendono a rialzare gli affitti senza dedicarsi alla sostenibilità territoriale. Fanno cioè contratti di un anno a prezzi elevati senza considerare che le possibilità di un giovane sono diverse da quelle di un senior che è sul mercato da anni. Per tutti questi motivi – conclude Francia – il dato nazionale sulla natalità e mortalità delle aziende giovani è molto elevato. La politica europea non è tarata sulle necessità dei giovani imprenditori».

«Più dialogo con le banche»

Francesco Mastrandrea, presidente di Anga

«Le banche sono enti privati che hanno bisogno di capire in cosa investono e devono avere delle garanzie in base alle quali concedere il credito. Ormai quasi tutte le banche si sono dotate di una divisione agricola. È tempo che anche i giovani agricoltori potenzino l’investimento in formazione – puntualizza il presidente Anga Francesco Mastrandrea –. È determinante, per esempio, supportare la propria impresa con un business plan che possa sostenere la richiesta degli investimenti. Quindi la domanda alle banche c’è ma è ancora da migliorare nella sostanza e forma. Per questo non erogano in determinati casi. Quando la domanda è strutturata l’atteggiamento delle banche cambia».

Per Mastrandrea «serve una formazione manageriale continua dei giovani agricoltori. E contemporaneamente un supporto di garanzia, come quelle di Ismea e di Mediocredito che tanto hanno funzionato ma con una riserva legata ai giovani agricoltori. Se dovessimo scattare una fotografia del credito bancario, vedremmo che le banche si sono specializzate sempre di più e gli agricoltori meno. Ci dobbiamo quindi impegnare tutti nel costruire un sistema agricolo che possa dialogare con gli istituti finanziari. Per farlo dobbiamo investire in una formazione organizzata che permetta ai giovani di comprendere gli strumenti finanziari più avanzati».

Quanto al primo insediamento, per Mastrandrea «è una misura positiva, ma ha un grande limite: molti ritardi burocratici dei tempi di attuazione. Se per tre anni non puoi mettere in campo gli investimenti ti scoraggi e cambi lavoro. È un ritardo fortemente disincentivante. E l’elevato tasso di abbandono dopo il primo insediamento lo dimostra. Se si vuole realmente garantire un ricambio generazionale nel settore occorre puntare su aziende potenzialmente capaci di generare reddito, da accompagnare e supportare nei primi cinque anni di vita, quelli più critici: il 18% delle nuove imprese non supera i tre anni di vita».

Occorrono quindi, sottolinea Mastrandrea, misure concrete che permettano ad un giovane «non solo d’insediarsi, ma anche di rimanere in agricoltura in modo sostenibile. Non è un caso che quasi il 90% dei nostri associati gestisca un’azienda di famiglia, a dimostrazione dello stretto legame tra attività di impresa e “familiarità” con il settore». Per questo, incalza Mastrandrea, «ai fondi one shot della Pac bisognerebbe preferire strumenti di accompagnamento dedicati ai giovani, serve un contributo dilatato nel tempo. Abbiamo bisogno che le aziende al quinto anno siano forti e strutturate per andare avanti. Questo lavoro pubblico/privato con le banche, e anche con il supporto di Ismea, dovrebbe essere un obiettivo centrale da perseguire per il futuro del settore».

1Equiparare Ismea a Mediocredito

Federica Agati, coordinatrice giovani di Copagri

Per Federica Agati, responsabile del Coordinamento dei giovani agricoltori Copagri «gli strumenti nazionali tesi a favorire l’avvio e lo sviluppo di aziende condotte da giovani agricoltori, soprattutto quelli previsti per far fronte al periodo della pandemia, rappresentano misure utili ma non completamente funzionali a risolvere le problematiche legate all’accesso al credito».

«Abbiamo rilevato – prosegue – che la copertura dei crediti delle garanzie Ismea non ha la stessa forza, per il sistema bancario, delle garanzie del Mediocredito centrale. Sarebbe opportuno che le istituzioni si impegnassero per un rafforzamento di Ismea al fine di equiparare le garanzie dell’Istituto di rifermento dei servizi per il mercato agricolo alimentare a quelle offerte dal Mediocredito centrale, rendendo più snelle le procedure».

Agati sottolinea inoltre che il mutamento geopolitico dovuto al conflitto in Ucraina ha portato all’aumento dell’inflazione e al conseguente aumento del tasso di interesse di almeno di 20-40 punti base rispetto a febbraio. «È prevedibile che l’attuale scenario di incertezza perdurerà per molto tempo e che quindi aumenteranno le difficoltà dei giovani nell’ottenere un mutuo e pagarlo. Per questo dobbiamo già da oggi ragionare su misure straordinarie sia a livello nazionale che europeo».

Altra problematica evidenziata da Agati è il preammortamento finanziario «che non tiene conto dei tempi necessari per l’entrata in produzione degli impianti. In base alla tipologia di produzione, i ricavi si possono ottenere anche dopo quattro o cinque anni dall’avvio dell’attività. È urgente l’applicazione di un sistema di preammortamento che non rimanga standardizzato come oggi ma cerchi invece di avvicinarsi alle reali caratteristiche del settore».

Da ultimo, Agati fa notare una criticità che riguarda i giovani di tutti i settori, ossia l’imposizione della garanzia patrimoniale da parte dei genitori o comunque dei parenti per coloro che vogliano accedere al credito ordinario, anche se si tratta di piccoli importi. «Crediamo che un tale modello creditizio, oltre ad essere iniquo per coloro che partono da zero, non valorizzi adeguatamente le potenzialità dei giovani che vogliono mettersi in gioco in prima persona per costruirsi un futuro stabile e in modo indipendente».

primo insediamento

Le Regioni devono fare di più

«In Italia tra il 2014 e il 2020 si è assistito a un incremento del 10% del numero di imprese partecipate e controllate da giovani al di sotto dei 35 anni. Nel pieno della crisi sanitaria le imprese condotte da giovani hanno dimostrato una maggiore forza. L’indice di mortalità delle aziende agricole condotte dai giovani si attesta, infatti, sul 3%, contro un valore doppio nel caso di tutti gli altri comparti (6%). Eppure i giovani hanno enormi difficoltà nell’ottenere il credito. Parte della responsabilità è delle Regioni, la gestione delle risorse è infatti affidata a loro. Laddove gli enti sono più performanti nel gestire la parte burocratica si riescono ad accorciare i tempi per erogare i finanziamenti e garantire che le risorse vadano effettivamente alle nuove progettualità. Al contrario dove le Regioni sono meno performanti i beneficiari sono danneggiati».

Lo afferma la presidente nazionale Coldiretti giovani impresa, Veronica Barbati, che incalza: «finanziare un progetto che viene presentato tre anni prima significa sostenere un progetto già vecchio. Significa non dare futuro a quell’azienda».

Veronica Barbati, presidente Coldiretti giovani

Quanto alla concessione dei finanziamenti bancari, secondo Barbati si è innescato un circolo vizioso: «In molti casi non erogavano perché non c’erano abbastanza garanzie e quindi – di contro – si è sviluppato un meccanismo che ha scoraggiato i giovani nel fare domanda. Un circolo che siamo impegnati a spezzare con accordi mirati per supportare la fase di avvio dell’attività, lo sviluppo e la crescita delle imprese, ma anche aiutandole a cogliere opportunità come quelle offerte da istituti come Ismea».

Lo scoppio della guerra e l’incremento della speculazione, sottolinea Barbati, hanno avuto impatto sulle imprese giovani. «Da una nostra analisi interna abbiamo visto come l’incremento dei costi di produzione abbia portato un'azienda agricola giovane su tre a scegliere di ridurre la produzione. È una scelta che ha un peso enorme. Dobbiamo quindi lavorare sull’incremento dell’innovazione per accrescere la sostenibilità e la produttività. Per fortuna partiamo da una base solida: il valore della produzione dell’agricoltura italiana under 35 è oltre il doppio di quella francese e spagnola e superiore di un terzo alla Germania».

In conclusione Barbati evidenzia che «nell’ultima generazione abbiamo disperso il 25% delle terre disponibili. Per garantire l’accesso alla terra ai giovani dobbiamo ridisegnare le politiche adeguandole al contesto attuale che è colmo di incertezze. Servono strumenti dinamici e veloci, come mercato e criticità ci impongono».

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Il confronto con l’Europa

Nonostante le difficoltà l’Italia vanta una quota considerevole di giovani agricoltori all’interno dell’Unione europea. In tutta l’Ue si contano 2,6 milioni di giovani sotto i 40 anni occupati in agricoltura. Di questi oltre il 10% si trova in Italia (275mila). La penisola si posiziona al terzo posto per numero di giovani occupati dopo Romania e Polonia, due stati con un’età media della popolazione molto più bassa della nostra.

La Sau media delle aziende giovani italiane è superiore a quella del totale delle imprese agricole della Penisola (20 ha contro 11,1), ma resta molto inferiore rispetto all’estensione delle aziende condotte dai giovani europei. Di circa quattro volte rispetto alle francesi (79,7 ha), di oltre tre volte rispetto alle tedesche (62,3 ha) e del 60% rispetto alle spagnole (32 ha). Le aziende italiane hanno un’estensione inferiore anche alla media Ue (21,4 ha).

Accedi alla sezione del sito di Terra e Vita dedicata ai giovani agricoltori https://bit.ly/3zwacs3


Articolo pubblicato sulla rubrica Primo Piano di Terra e Vita

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2L’identikit del giovane agricoltore

Secondo i dati del Crea, il giovane agricoltore tipo appartiene a una famiglia che ha già un’attività agricola, in genere possiede un’impresa di dimensioni superiori alla media anche in termini economici (ha un fatturato di 80mila euro contro i 40mila delle altre imprese). Un quarto delle imprese giovani ha collegamenti con il turismo e oltre il 30% lavora in regime biologico.


3Qui Trento: «Partito da zero, in un anno erogato il premio Psr»

Luca Fedrizzi

Luca Fedrizzi, 25 anni, di Anga Confagricoltura, è titolare dell’azienda agricola Fedrizzi Luca in provincia di Trento. Primo insediamento ex novo, coltiva quattro ettari a melo in conversione bio. Fedrizzi ha avviato l’attività nel 2021.

«Ho iniziato a lavorare sette anni fa nell’azienda della mia ragazza come raccoglitore, dopo due anni come operaio agricolo fisso. Poi la cooperativa alla quale la mia ragazza conferisce le mele ha messo a disposizione in affitto degli ettari, ho colto la balla al balzo e ho preso il mio lotto di terreno nudo di un blocco unico - cosa più unica che rara - per 15 anni in affitto. Ho chiesto un mutuo alla banca. Fortunatamente l’azienda della mia ragazza mi forniva trattori e macchinari, quindi ho chiesto il mutuo solo per impianto, pali, ancoraggi e piante». Chi ha garantito? «Creando un’azienda da zero e non avendo tanti risparmi da parte non è stato semplice, fortunatamente c’è una cooperativa in Trentino che aiuta gli agricoltori e copre una parte dell’investimento, fa da garante per una parte del mutuo e supporta nelle pratiche bancarie».

Fedrizzi racconta che l’anno scorso ha costruito l’impianto, messo a dimora le piante e intanto ha fatto richiesta del primo insediamento che gli è stato erogato quest’anno, «ero il primo della lista, avevo un punteggio elevato per via della conversione a bio e per i miei studi presso l’istituto agrario».

Fedrizzi spiega di aver beneficiato anche dei contributi deliberati dalla provincia autonoma di Trento con fondi europei, «validi soprattutto se acquisti piante resistenti alla ticchiolatura. Ad agosto farò il mio primo raccolto di Gala, Inored e Joya. Ho complessivamente 11mila piante».

L’investimento iniziale per avviare l’azienda, racconta Fedrizzi, è stato di 130mila euro: 30mila euro - dei 40mila - del premio primo insediamento gli sono già stati erogati. Il contributo per le piante è stato di circa il 40% della spesa. «Sommando il tutto sono riuscito a coprire l’investimento del 60-70%. Senza contributi per rientrare dall’investimento ci sarebbero voluti oltre 15 anni, quindi non sarebbe stato vantaggioso, o possibile».


4Qui Foggia: «Progetto partito cinque anni dopo la domanda di primo insediamento»

Guido Cusmai

Guido Cusmai (nella foto), 33 anni, associato ad Agia Cia, titolare dell’azienda agricola Mimmo Cusmai di Guido Cusmai sita a Vico del Gargano (Fg) è un olivicoltore di quarta generazione, coltiva 30 ettari tra oliveto e agrumeto. «La mia azienda subentra a quella di mio padre. Ho fatto domanda di primo insediamento al bando della Regione Puglia 2017-2021 e il mio progetto è partito solo sei mesi fa per via dei ritardi burocratici. Il grande limite dei bandi – spiega Cusmai – è che sono tarati per una progettualità a brevissimo termine, dei contentini insufficienti specialmente per chi parte da zero senza un’azienda di famiglia alle spalle».

«Ancora prima di fare domanda, l’altro ostacolo è la terra. «Quando viene dato un limite minimo di ettari per accedere a un bando automaticamente tanti giovani li escludi – lamenta l’imprenditore pugliese –. Nel settore olivicolo per accedere al bando dovevi avere almeno sette ettari, parliamo quindi di un’azienda già strutturata, non di una che nasce da zero. Considerando anche il patrimonio molto frammentato nel mio territorio è un limite poco oggettivo. Senza la terra di mio padre non avrei potuto partecipare al bando».

E se parliamo di accesso al credito le dolenti note si fanno più acute. «La Regione impone di avere lettere di bancabilità, garanzie – racconta Cusmai –. Senza la firma di mio padre e successivamente di mia moglie non avrei potuto ottenere un finanziamento».

L’olivicoltore foggiano fa notare come per questo Psr su circa cinquemila nuove aziende che potevano dare economia al territorio solo mille sono riuscite a vincere il bando. «Purtroppo in questi cinque anni trascorsi dalla richiesta, all’apertura e chiusura del bando, fino alla graduatoria, molti giovani sono emigrati per cercare lavoro. Io stesso sto avendo molte difficoltà nella realizzazione del progetto perché il computo metrico per la ristrutturazione delle attrezzature, casette, ecc., fa riferimento a un listino di cinque anni fa. Lo stesso trattore che nel 2017 costava 40mila euro oggi ne costa 55mila, e la Regione non copre la maggiorazione. E oggi con il prezzo delle materie prime raddoppiato non rientro nemmeno delle spese».


5La strategia 2023-2027 per il rinnovo generazionale: percorso e interventi

Francesco Piras

Come spiegato da Francesco Piras di Ismea, per migliorare l’efficacia delle politiche di rinnovo generazionale, il Piano strategico per la Pac (Psp) dell’Italia definisce una strategia generale ed elenca una serie di interventi che le regioni possono attivare e adattare alle loro specificità destinando complessivamente a questi interventi un importo almeno pari alla dotazione minima di 108 milioni di euro per anno che obbligatoriamente il Regolamento Ue 2021/2115 impone di destinare all’obiettivo del rinnovo generazionale.

Più nel dettaglio, tra gli interventi previsti è confermato il sostegno complementare al reddito per i giovani agricoltori. Si tratta di un pagamento annuale disaccoppiato per ettaro ammissibile fino ad un massimo di 90 ettari e per un periodo massimo di 5 anni. Il valore dell’importo unitario per ettaro è stato fissato al 50% del valore medio dei titoli stimato per il sostegno di base al reddito (Biss). A questo intervento sarà destinato un ammontare di risorse pari al 2% della dotazione dei pagamenti diretti, quindi una cifra intorno ad un valore medio pari a 70 milioni di euro per ciascun anno dal 2023 al 2027.

Nell’ambito dello sviluppo rurale, il sostegno al primo insediamento resta lo strumento principe per facilitare il ricambio generazionale. l’Italia ha deciso di utilizzare l’opzione della flessibilità tra pilastri trasferendo l’1% della dotazione per i pagamenti diretti, pari a 36,2 milioni di euro, verso la dotazione per il Feasr con vincolo di utilizzo a favore di questo intervento. Ciascuna regione, coerentemente con il proprio contesto, è libera di destinare all’intervento risorse aggiuntive.

A seguito della recente formalizzazione dell’accordo per il riparto dei fondi Feasr 2023-2027, le Regioni sono impegnate a programmare le proprie assegnazioni per gli interventi di sviluppo rurale. «Al momento, quindi – puntualizza Piras – non si conoscono le risorse che le regioni hanno intenzione di assegnare all’intervento di primo insediamento, ricordo che la spesa pubblica programma per lo stesso intervento nel periodo 2014-2020 era pari a oltre 880 milioni di euro».

I dati cumulati delle Relazioni annuali di attuazione (Raa) al 31 dicembre 2020 registravano un avanzamento finanziario pari a 456.360.960 euro e un numero di beneficiari corrispondente a 12.643, ancora lontano rispetto al target espresso pari a 20mila beneficiari.

Come evidenzia Piras, nell’ambito dello sviluppo rurale è possibile attivare un nuovo intervento introdotto nella Pac 2023-27 che prevede forme di affiancamento e cooperazione attraverso la sottoscrizione di un contratto di affiancamento tra agricoltori anziani e giovani aspiranti imprenditori agricoli. Il contratto di affiancamento impegna l’imprenditore agricolo anziano a trasferire al giovane le proprie competenze, dall’altro il giovane a contribuire direttamente alla gestione anche manuale dell’impresa, d’intento con il titolare e secondo quanto accordato nel piano aziendale presentato congiuntamente al contratto di affiancamento all’atto della presentazione della domanda.

Infine, gli interventi previsti dalla Pac 2023 saranno affiancati in maniera complementare da una serie di strumenti e iniziative nazionali indirizzate a favorire la creazione e lo sviluppo di imprese dei giovani agricoltori, il loro accesso al capitale fondiario e al credito. In questo senso un ruolo di primo piano spetta agli strumenti messi in campo da Ismea come “Più impresa” dedicato all’imprenditoria giovanile e femminile, il "primo insediamento” dedicato all’acquisto di terreni da parte dei giovani agricoltori, la “banca nazionale delle terre agricole” e il sistema di “garanzie Ismea” per agevolare l’accesso al credito.

Il nuovo bando Ismea che partirà a settembre avrà una dotazione di 60 milioni di euro e sarà diviso, come spiegato dalla direttrice dell’istituto Maria Chiara Zaganelli, in tre categorie di potenziali beneficiari: gli imprenditori agricoli under 41 già attivi da almeno due anni, i giovani che abbiano maturato un’esperienza qualificata nel settore primario, ad esempio il coadiuvante agricolo con iscrizione all’Inps di almeno due anni. E poi gli under 35 ai quali per accedere ai finanziamenti sarà chiesto solo un titolo di studio in materie agrarie o scientifiche. I fondi saranno ripartiti in base alla localizzazione geografica dell’iniziativa. Altra novità sarà che il premio di 70mila euro per il primo insediamento sarà utilizzato nei primi cinque anni come contributo per rendere sostenibile la rata.


6Via la prelazione se acquisti terra con un mutuo Ismea

Gli acquisti di terreni agricoli destinati all’insediamento dei giovani in agricoltura, finanziati con mutui garantiti da Ismea, non saranno soggetti alle norme sulla prelazione agraria. In pratica, un giovane che elabora un progetto di impresa agricola, trova i terreni da acquistare e la banca che lo finanzia tramite un mutuo garantito anche da Ismea, non avrà il problema della prelazione agraria che potrebbe vanificare il suo progetto.

«La norma si pone in analogia con le prerogative del primo insediamento Ismea - ha detto il deputato Giuseppe L’Abbate - il cui ultimo bando risale al 2019 che prevede appunto la non applicazione della prelazione agraria in caso di acquisto da parte di Ismea e rivendita dei terreni ad un giovane con patto di riservato dominio. Una prerogativa normativa che ora si applicherà anche alle operazioni di primo insediamento giovani finanziata con garanzia Ismea».

Gioventù beffata - Ultima modifica: 2022-08-05T09:00:21+02:00 da Laura Saggio

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