Per vincere contro i tripidi la sola chimica non basta

tripidi
Adulto di F. occidentalis
Vista la forte presenza di tripidi nelle aree meridionali dell'Italia, con un conseguente rischio di virosi, è fondamentale eseguire un attento monitoraggio in campo con trappole cromatiche o ispezioni visive

Il rilevamento precoce dei tripidi in campo consente ad agricoltori e tecnici di determinare le dinamiche delle popolazioni e di programmare le misure di controllo solo quando queste superano i livelli ecologicamente o economicamente significativi.

Il monitoraggio è una componente fondamentale di tutti i programmi di Ipm (Integrated pest management) che consigliano l’uso di molteplici strategie - pratiche colturali, controllo biologico e interventi chimici mirati - per un’efficace gestione di questi insetti parassiti delle piante. Con il corretto di monitoraggio si riduce la dipendenza dagli insetticidi ad ampio spettro, si minimizza l’impatto ambientale e si preservano le popolazioni di insetti e acari utili.

Una soglia di intervento è un livello predeterminato di presenza del parassita che richiede l’attuazione di misure di controllo. Il monitoraggio è fondamentale anche per individuare, in tempo, eventuali segni di resistenza alle diverse sostanze attive insetticide.

Tornare in campo per monitorare i tripidi

Negli ultimi anni, purtroppo, i concetti di monitoraggio e soglie hanno perso molta importanza fra gli “addetti” ai lavori.

Il monitoraggio in campo delle popolazioni dei tripidi deve essere effettuato in modo corretto e con metodologie già collaudate dal punto di vista sperimentale e operativo. Due sistemi sono correntemente utilizzati:

- Monitoraggio mediante trappole cromatiche di colore diverso, anche addizionate di attrattivi chimici (es. feromoni, esche, allelochimici ecc.);

- Ispezioni visive per rilevare la presenza degli insetti e/o dei danni sui vari organi vegetali (es. punteggiature, argentature, cicatrici, decolorazioni ecc.).

Le ispezioni visive dovrebbero essere effettuate regolarmente e almeno una volta alla settimana, soprattutto nelle fasi di maggiore vulnerabilità delle colture e nei periodi in cui si prevede un’elevata presenza di tripidi.

La combinazione di più metodi di monitoraggio può fornire una visione più completa della reale dannosità dei tripidi.

Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita

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Strategie complementari per la lotta ai tripidi

La dannosità dei tripidi, oltre che diretta, è legata anche alla possibile diffusione, da parte di alcune specie, di pericolosi fitovirus (es. Frankliniella occidentalis/TSWV). La rotazione e la diversificazione delle colture possono interrompere il ciclo biologico di alcuni tripidi e ridurre, così, la loro dannosità. Nel caso della Frankliniella occidentalis, questa si affida a segnali visivi e olfattivi per individuare la specie ospite. L’interruzione di alcune colture con altre può ostacolare la capacità del tripide di orientarsi, riducendo così i livelli di infestazioni. Colture diverse creano anche microambienti diversi (es. ricambio dell’aria, umidità, ecc.) che possono ostacolare lo sviluppo dei tripidi e di altri insetti; inoltre, la diversificazione delle colture può favorire la presenza e l’attività di nemici naturali.

Il trap cropping è un’altra strategia basata sull’utilizzo di piante “attraenti” i tripidi per distogliere la loro “attenzione” dalla coltura principale. Un sistema collaudato che sfrutta la chemiotassi degli insetti è quello denominato push-pull, dove si utilizza un feromone di allarme (push) per allontanare i tripidi dalle serre e uno di aggregazione (pull) per catturare questi insetti all’esterno su punti dove verranno poi eliminati.

Un’interessante esperienza di induzione di resistenza è stata verificata su fagiolo dove trattamenti con cloruro di calcio hanno ridotto le infestazioni di tripidi sulla coltura.

Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita

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Novità allo studio

I tripidi, in particolare Frankliniella occidentalis, hanno una elevata propensione allo sviluppo di resistenze. Il database sulla resistenza degli insetticidi (www.pesticideresistance.org) elenca 175 casi documentati di resistenza agli insetticidi da parte di Frankliniella occidentalis ad almeno 30 sostanze attive appartenenti a dieci classi chimiche diverse.

Nell’ambito delle sostanze insetticide sempre più importanza viene data agli oli, siano essi di origine minerale che vegetale. Le ricerche hanno dimostrato che oltre all’azione di asfissia per occlusione degli spiracoli tracheali, questi possono dissolvere i lipidi interni e penetrare nelle strutture cellulari causando anche danni sul DNA, oltre che disidratazione degli insetti. Il loro profilo ecotossicologico accettabile, insieme alla buona efficacia, ne consiglia l’utilizzo anche nella difesa dei tripidi, in particolare in tutte le situazioni dove vi sono rischi di diffusione di pericolose virosi.

Un’interessante prospettiva di lotta ai tripidi, ancora allo studio ma con ottime prospettive, prevede l’utilizzo di sostanze fotosensibilizzanti a base di clorofilla (clorofillina di sodio o di magnesio). Queste, unite a particolari composti chelanti che ne facilitano la penetrazione nel corpo dell’insetto, vengono attivate alla luce originando specie reattive dell’ossigeno (ROS) che risultano letali per i tripidi.

Per vincere contro i tripidi la sola chimica non basta - Ultima modifica: 2024-06-18T17:38:37+02:00 da Roberta Ponci

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