Viticoltura, l’Ue apre agli ibridi resistenti. Ma non alle Nbt

Confronto su innovazione varietale, nuove tecnologie di miglioramento genetico (Nbt) e futuro delle normative

 

Dino Scanavino, presidente Cia.

Il quadro sul futuro e le prospettive date dalle nuove varietà resistenti (registrate in Italia ancora in poche regioni) e sulle possibilità di miglioramento con le cosidette Nbt New Breeding Techniques è stato presentato al Forum nazionale sulla vitivinicoltura della Cia a Firenze da Riccardo Velasco del Crea Viticultura ed enologia e da Michele Morgante dell’Università di Udine. Possibilità di miglioramento che si collocano all’interno di una normativa che guarda al processo e non al prodotto e che attualmente, ha spiegato Antonio Rossi del Servizio giuridico normativo dell’Unione Italiana Vini, vede da un lato le varietà resistenti escluse dall’utilizzo nei vini a denominazione di origine in quanto registrate come ibridi, sebbene qualitativamente, geneticamente e morfologicamente più vicine alla Vitis vinifera, e dall’altro i prodotti ottenuti con il genome editing, compresi all’interno di un vuoto normativo se non quello dato dalla sentenza della Corte di Giustizia europea dello scorso luglio, che li colloca tra gli ogm previsti dalla Dir 2001/18 CE.

La Commissione: «Sì agli ibridi nelle Denominazioni d’origine»

Il gotha della vitivinicoltura nazionale al Forum fiorentino organizzato dalla Professionale agricola.

E se, parlando delle prospettive e proposte che la Commissione europea metterà sul piatto della nuova Pac, Joao Onofre, capo della Direzione Generale per l’Agricoltura Wine Spirits and Horticultural product della Commissione europea, apre a una maggiore libertà per l’uso degli ibridi anche nei vini a Denominazione di Origine (proposta di modifica al Reg 1308/20013 alla quale l’Italia insieme a Portogallo, Francia e Ungheria si sta opponendo), la stessa opportunità non viene data alle News Breeding Techniques. «Il nostro principale obiettivo con la Pac è di permettere l’utilizzazione degli ibridi ottenuti con i metodi tradizionali di miglioramento genetico anche nelle Doc. Nonostante ancora ci siano tante resistenze all’introduzione di queste varietà, la Commissione deve dare la possibilità agli Stati membri, alle Do e alla fine al singolo produttore di farlo». Ha spiegato Onofre, invocando invece subito dopo un principio di inopportunità politica sulle tecniche Nbt: «Il passo successivo, quello di accettare le tecnologie di manipolazione genetica, secondo noi sarebbe politicamente irrealistico e non facilmente accettabile da parte dei consumatori, sia quelli europei sia quelli dei paesi terzi.»

Il Mipaaft: «Nbt utili, posizione europea preoccupante»

Una preoccupazione e una posizione prettamente politiche quindi e non facili da riportare all’interno di una discussione svolta sul piano delle evidenze scientifiche, alla quale Luigi Polizzi dirigente del Dipartimento Diqpai del Mipaaft risponde in modo deciso «Il genome editing potrebbe essere uno strumento importante di sviluppo della ricerca italiana ed europea. Quindi la Commissione ha l’obbligo di poter dare la possibilità di esercitare questo tipo di ricerca e di darne applicazione. Non vorrei essere provocatorio chiedendo se come avvenuto nel caso delle piante gm ci sia bisogno delle grandi multinazionali che si facciano promotrici dell’avvio in sede europea di un dibattito su queste tematiche. Come amministratori, come Ministero e come Europa, dobbiamo guardare invece alla ricerca scientifica e accompagnare i processi d’innovazione».

Un percorso che come ha sottolineato anche Dino Scanavino, presidente nazionale Cia Agricoltori Italiani, deve passare attraverso un’informazione corretta e non ideologica sulle nuove tecnologie di miglioramento genetico, rivolta a consumatori e opinione pubblica.

«L’innovazione – ha concluso Scanavino – non è solo nuova conoscenza ma anche trasferimento e diffusione delle tecniche elaborate in questi anni, ma non collaudate in campo e non implementate nei processi aziendali. Occorre sviluppare nuove relazioni tra pubblico e privato e interazioni più strette tra mondo dell’impresa e mondo della ricerca».

Viticoltura, l’Ue apre agli ibridi resistenti. Ma non alle Nbt - Ultima modifica: 2019-01-30T15:29:24+01:00 da Mary Mattiaccio

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