Paolo Sabatini, fondatore nel 1992 del Frantoio San Luigi a Caldana - Gavorrano, in provincia di Grosseto, racconta che la sua è da sempre stata una vera e propria malattia, quella del “mal di frantoio”. Dopo aver dedicato parte della sua attività professionale alle miniere di pirite delle vicine colline metallifere, trovare un’alternativa non è stato difficile.
Da allora in avanti il frantoio è cresciuto, in particolare grazie all’entrata in azienda anche del figlio di Paolo, Luigi, che oggi lavora a tempo pieno in azienda. Dal 1992 sono stati molti i cambiamenti apportati al frantoio di famiglia a partire dal 2001, anno in cui l’edificio è stato ampliato in maniera importante (da 300 a oltre 1.000 mq) con un nuovo magazzino di stoccaggio, oggi superficie di un impianto fotovoltaico di importanti dimensioni.
L’azienda San Luigi ha di proprietà circa 3.200 piante di olivo secolare, per lo più cultivar autoctone (Frantoio e Leccino in prevalenza) e tutto il resto dell’extravergine che viene imbottigliato e commercializzato (in tutto circa 400 q all’anno) deriva dalle olive acquistate dopo un’attenta selezione da olivicoltori, spesso piccoli, del territorio.
Meno costi, meno inquinamento
«Funzioniamo un po’ come una cooperativa – spiega Luigi Sabatini – anche se non lo siamo formalmente e questa è la nostra forza nel tempo». Gli impianti utilizzati per la produzione di olio sono due, uno a macine di pietra «perché è da quelle macine che quando ero bambino mi sono “ammalato”», dice Paolo Sabatini, e uno a ciclo continuo. Il primo impianto di molitura è composto da macine di Pieralisi e di Ferri e da una lavatrice Vitone. L’impianto a ciclo continuo è un Amenduni modello Ariete 902. Fin qui nessuna novità, a parte una bella realtà familiare nel cuore della Maremma.
Tuttavia da qualche anno nell’etichetta dell’extravergine di San Luigi spicca un sole e una dicitura: “Noi rispettiamo l’ambiente – Dal nocciolino delle olive e dal sole produciamo l’energia necessaria alla nostra azienda”. «È da questo principio che parte tutto il nostro progetto di annullamento della CO2 – spiega Luigi – perché vogliamo produrre un olio pulito da quel punto di vista, soprattutto perché ci preme lasciare qualcosa di pulito ai nostri figli». Ed ecco che cominciano i lavori di adeguamento e gli investimenti in azienda.
Nel 2007 l’azienda si è dotata di un denocciolatore (azienda Clemente) per separare la sansa dai nocciolini. Lo smaltimento della sansa è stato affidato a costo zero a un allevamento limitrofo che la utilizza per la produzione di biogas (azienda Borgia di Braccagni). Il nocciolino prodotto, circa 300 q all’anno, finisce per il 10% circa ad alimentare una caldaia a biomasse (modello Aura 90 della Fs Meccanica) che, riscaldando l’acqua utilizzata dall’impianto a ciclo continuo, riesce a mantenere a temperatura calda anche tutto l’edificio. Il restante 90% del nocciolino cippato viene venduto a privati (soprattutto aziende) a 16 euro al quintale.
Meno spese, più guadagno
Costo zero anche per lo smaltimento dei reflui grazie al progetto portato avanti dall’azienda San Luigi su alcuni ettari di campi in affitto in zona Castiglione della Pescaia (Gr) dove è stato attivato un sistema di fertirrigazione.
Dal 2010 è stato installato sul tetto del magazzino del frantoio un impianto fotovoltaico. 300 metri quadrati di pannelli del costruttore Ds Solar per un investimento costato 190mila euro ammortizzabili in circa 20 anni. «Non abbiamo beneficiato di contributi particolari – spiega Sabatini – abbiamo però ritenuto importante fare questo tipo di investimento proprio nell’ottica di creare un’alternativa energetica per il nostro fabbisogno».
L’impianto, in grado di produrre 45 kW/h, è già in produzione ed è stato stipulato un accordo con il Gse per la cessione dell’energia in eccedenza a 0,44 centesimi di euro a kW. Questo permetterà, secondo le stime, di far risparmiare all’azienda circa 10mila euro all’anno generandone circa 6-8 mila dalla cessione dell’energia in esubero.
Non è finita qui, dal momento che per il 2012 l’idea dell’azienda è quella di trasformare la sansa in pellet.
«Oggi sempre più famiglie adottano sistemi di riscaldamento con stufe a pellet – spiega ancora Luigi – e riuscire a mettere a disposizione materiale per questo scopo ci permetterebbe di potenziare il nostro progetto di energie pulite e rinnovabili».