L’azienda Cavicchi ha terreni
argillosi e limosi in provincia di Bologna ma la maggior parte del frumento,
circa 130 ettari, è seminato su sodo, il resto su minima lavorazione.
«Sono anni che ho introdotto
in azienda minima lavorazione e da cinque anni il sodo – dice Angelo Taddei direttore dell’azienda
agricola Cavicchi 450 ettari in provincia di Bologna e 150 ettari in provincia
di Ferrara – e i risultati produttivi sono eccezionali: la media dei frumenti,
tenero e duro, è di 78 q/ha. Che ne dice?».
Dico che la maggior parte degli agricoltori bolognesi
non ne vuol sentir parlare di sodo perché sono convinti che su
questi terreni non si produca e si porti a casa granella piena di micotossine.
«La mia esperienza sconfessa questa teoria a patto che il sodo si programmi per
tempo, già a partire dalla raccolta della coltura precedente, che per noi sono
mais o soia. Il primo aspetto riguarda il terreno, che non deve essere
compattato, quindi massima attenzione quando si trebbia. Noi siamo
avvantaggiati dal fatto che abbiamo mietitrebbie di proprietà e decidiamo noi
quando entrare. Il sodo è una filosofia produttiva che pretende massimo
rispetto delle regole agronomiche. Fatto salvo questo il sodo va benissimo su
ogni terreno e la produzione unitaria tra minima lavorazione e sodo da noi è
sempre la stessa». Qual è il messaggio
che lancia ai suoi colleghi? «Quest’anno ho visto una quantità di erpici
rotanti al lavoro che sollevavano nuvole di polvere da quanto la terra e secca
e quindi in tanti si sono trovati con un letto di semina arido e con costi
energetici alle stelle. La semina diretta sul residuo permette di avere sempre
l’umidità giusta e le nostre emergenze sono perfette: abbiamo un grano
splendido».
Dopo cinque anni di sodo ha notato miglioramenti nella
fertilità del terreno? «Noi effettuiamo analisi periodiche del terreno e i dati
confermano che la struttura è già migliorata, così come il tasso della sostanza
organica che è in aumento; poi il rapporto C/N è ottimo grazie alla maggiore
sofficità e alla più intensa attività dei microrganismi. Per quanto riguarda i
minori costi, grazie al sodo si risparmia un buon 35% di gasolio e anche tante
ore di lavoro. Tenga presente che in cinque persone seguiamo 450 ettari con
tante colture: mais, soia, bietola, grano, medica da seme, pisello proteico,
frutteto». Utilizzate l’agricoltura di
precisione? «Abbiamo due impianti satellitari per la guida parallela che
utilizziamo per la concimazione e per i trattamenti. Non c’è dubbio che questi
sistemi si ripagano immediatamente, dal momento che si evitano le
sovrapposizioni ottimizzando la quantità di prodotto evitando gli sprechi e si
produce di più per la maggiore precisione dell’intervento, che elimina tutti gli
errori dell’operatore. La coltura è sempre uniforme e in campo non si notano
più le caratteristiche “strisciate”». Il
mais è insieme al frumento la coltura principale. Come vi regolate nella scelta
degli ibridi? «La nostra produzione di mais ha due destinazioni finali
diverse: la granella e l’insilato di mais per digestori esterni all’azienda che
occupano circa una quarantina di ettari di superficie dedicata. La scelta per
il trinciato ricade su varietà specifiche da biogas, con ciclo di 135 giorni,
mentre per la granella ci orientiamo sulle varietà più recenti con diverse
classi di maturazione. Anche senza irrigazione, in alcune annate favorevoli, abbiamo
raggiunto punte produttive di 138 q/ha di granella secca a dimostrazione del
fatto che la genetica ha fatto enormi progressi anche in condizioni difficili
di coltura».
Per il diserbo di pre-emergenza del mais quest’anno
Bayer CropScience ha lanciato alcune novità tra le quali Adengo. «Mi aspetto molto da questo nuovo diserbante e noi lo
abbiamo distribuito su circa sessanta ettari di mais, quindi direi che è più di
una prova. Considerando l’andamento siccitoso del mese di marzo, siamo in
attesa di vederlo all’opera».
Nella sua rotazione compaiono soia e pisello proteico. «Il pisello proteico è una
novità di quest’anno con un contratto di coltivazione con Conserve Italia e
dovremo valutare come andrà. Per quanto riguarda la soia, è una coltura che ho
sempre inserito tutto negli anni nei piani colturali perché la ritengo
essenziale per interrompere la successione cerealicola. Non capisco perché gli
agricoltori italiani seminino così poca soia. È coltura fondamentale per
preservare la fertilità del terreno e dare la giusta rotazione agli erbicidi.
Non possiamo fare a meno della rotazione». Dicono
che il prezzo della soia spesso cala troppo e poi che leproduzioni sono scarse. «Anche in questo
caso non concordo. Noi produciamo da anni una media di 45-50 q/ha e per quanto
riguarda i prezzi anche per le altre colture sono altalenanti».
Bravo,giustissimo. Mi piace quando dice ” gli agricoltori sbagliano a non voler provare”.
Attenzione però a provare con attrezzi giusti altrimenti si fa un disastro in tutti i sensi .