Il settore brassicolo italiano negli ultimi anni sta confermando il suo fermento sia in termini di produzione che di consumi. Secondo il rapporto 2017 di AssoBirra, export, produzione e consumi fanno segnare livelli record mai raggiunti prima. Il merito di questo exploit è anche della giovane diversificazione di prodotto delle birre artigianali, sempre più apprezzate dai consumatori. Dati alla mano: nel 2017 la produzione ha messo a segno un +7,5% rispetto a un già sorprendente 2016, e le esportazioni (che hanno raggiunto il massimo storico di 2,7 milioni di ettolitri) sono aumentare del 7,9% rispetto al 2016. Rilevante anche il dato sui livelli di consumo pro capite, che per la prima volta toccano quota 31,8 litri, in aumento di 0,4 litri rispetto allo scorso anno. I consumi sul territorio nazionale superano così i 19 milioni di ettolitri.
Alessio Saccoccio, 37enne di Fondi (LT), è l’ideatore della start up “Idroluppolo” selezionata per lo start cup 2018 Lazio come una delle migliori start up innovative dell’anno. Laureato in Economia e Ingegneria della qualità, con un master in europrogettazione e reti di impresa, lavora nel settore metalmeccanico come responsabile tecnico da circa 10 anni. Per meglio sviluppare la propria coltivazione di luppolo attraverso la tecnica idroponica, Alessio collabora con Alessandro Cinelli, tecnico esperto di idroponica, con il centro di ricerca Crea e con l’università degli studi di Roma Tor Vergata. Tra le sfide del progetto, quella di rendere la gestione del raccolto economicamente meno dispendiosa attraverso l’introduzione di sistemi di raccolto meccanizzati e informatizzati in serra.
Quando e come è nata l’idea di avviare questa innovativa e insolita start up?
«L’idea di coltivare il luppolo nacque due anni fa, alcuni miei amici andarono in Inghilterra per avviare la produzione di birra artigianale e pochi mesi dopo l’avvio dell’attività iniziarono a lamentare la scarsità di luppolo sul mercato. Fui molto incuriosito da questa difficoltà al punto che iniziai a studiare la pianta focalizzandomi sui punti deboli del processo di produzione. Dopo diverse ricerche arrivai al risultato che le criticità del processo produttivo tradizionale (troppo assoggettato alle variazioni climatiche che spesso determinano la perdita del raccolto, eccessivamente trattato, dalle grandi aziende, con agrofarmaci che ne pregiudicano la qualità, poco sostenibile per via dell’importante impiego di acqua e terreno) potevano essere risolte, a mio avviso, con l’agricoltura idroponica. Partendo da questa convinzione, dopo aver appurato che in Italia il mercato della birra artigianale è in una fase di crescente espansione e che il luppolo per la quasi totalità è acquistato all’estero, ho deciso di lanciarmi in questa nuova avventura e ho iniziato a progettare la produzione idroponica di luppolo in serra cercando di azzerare i punti critici della coltivazione tradizionale».
Quali sono i vantaggi concreti dal punto di vista produttivo, economico e qualitativo, che si hanno nel coltivare il luppolo in serra e fuori suolo piuttosto che in pieno campo?
«I vantaggi dell’idroponica rispetto alla coltura tradizionale sono di varia natura. A livello produttivo la coltivazione in serra ci permette di essere completamente al sicuro dalle variazioni climatiche, assicurando così sempre il raccolto: riusciamo a produrre 4 volte di più per metro quadro rispetto alla coltura tradizionale. Inoltre, con questa tecnica di coltivazione è possibile ridurre lo spazio tra le piante e moltiplicarne la produzione contenendo il consumo di suolo. Per quanto riguarda l’aspetto economico, l’obiettivo è ottenere, a pieno regime, almeno 14 kg di fresco per metro quadro, questo significa che una serra di 1 ettaro può arrivare a produrre 140.000 kg di fresco, che essiccati e immessi sul mercato hanno un valore pari a 840.000 € annui. Oltre alla quantità la qualità è fondamentale, siamo al primo anno di sperimentazione e il luppolo per essere considerato maturo deve avere almeno tre anni di vita. Comunque, in tal senso, ho già inviato dei campioni in analisi per rilevarne le caratteristiche, e a livello sensoriale, soggettivo, posso dire che l’aroma è davvero ottimo. Inoltre, altro aspetto importante riguarda il nutrimento della pianta, che viene da noi stabilito, attraverso procedimenti scientifici, in base alle diverse esigenze di utilizzo. Possiamo quindi modificare le caratteristiche organolettiche per sviluppare aromi particolari secondo i gusti del mastro birraio, oppure incrementare gli elementi che hanno una valenza nutraceutica più adatti per l’industria farmaceutica».
Come si sviluppa la vostra azienda agricola? E quale tecnologia è impiegata per la coltivazione delle piante?
«Ad oggi abbiamo realizzato una serra sperimentale di 100mq nella quale abbiamo messo a dimora 90 piante. Il processo di coltivazione è composto da un substrato inerte che supporta la pianta in un vaso da 20 litri. Abbiamo acquistato un impianto per la fertirrigazione con un sistema a goccia che distribuisce la nostra soluzione nutritiva, appositamente creata, ad intervalli regolari e nelle quantità prestabilite in base ai fabbisogni della pianta rilevati dai nostri sensori, in modo totalmente sostenibile. Stiamo lavorando, inoltre, per attivare un sistema computerizzato che ci permetterà di analizzare i principali valori-dati utili per il controllo della produzione da remoto».
Quali colture avete scelto di coltivare? La resa del primo anno di attività com’è stata
«Coltiviamo quattro varietà di luppolo tra le più popolari: chinook, cascade e centennial, di origine americana e magnum di origine tedesca che hanno un ottimo adattamento al clima della nostra zona. La resa del nostro primo raccolto oscilla tra gli 800 gr a 1 kg a pianta. Siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti, sia in termini quantitativi che organolettici, anche perché all’inizio della sperimentazione non eravamo nemmeno certi di ottenere dei coni. Un ottimo risultato dunque».
Avete fatto una stima di guadagno per i prossimi anni?
«Abbiamo previsto che investendo 140,000 € per una serra completa di 500mq sarà possibile rientrare dall’investimento in 3 anni e dal quarto anno sarà poi ipotizzabile iniziare a produrre 42.000 € di valore».
Quali le prospettive di successo per questo innovativo progetto?
«Stiamo producendo il primo luppolo idroponico Europeo, in un mercato in rapida ascesa che attualmente vale 300mln di € solo a livello nazionale. I produttori italiani professionali di tipo tradizionale si contano sul palmo di una mano. I birrifici, attualmente circa 1.000 in Italia, a mio avviso, saranno felici di abbandonare un prodotto per il 99% importato e ampiamente trattato chimicamente, con un altro qualitativamente migliore, anche dal punto di vista organolettico, senza pesticidi e 100% Italiano».
Chi sono/saranno i principali acquirenti di Idroluppolo?
«I prodotti che vendiamo sono due: il luppolo e il processo produttivo. Il luppolo è destinato ai birrifici e alle case farmaceutiche. Il processo produttivo è destinato agli agricoltori che vogliono iniziare a produrre luppolo e ai birrifici che desiderano auto-produrre la propria birra».
Prossimi obiettivi?
«Abbiamo appena terminato la prima fase di sperimentazione che ha evidenziato che il luppolo può essere prodotto idroponicamente in serra. Adesso stiamo cercando finanziatori che ci permettano di continuare con la sperimentazione, stiamo lavorando per cercare di ottenere due raccolti annui. Superata questa fase, costruiremo la prima serra che, oltre alla vendita del luppolo, ci consentirà di proporre ai nostri clienti il processo produttivo. Successivamente, l’intento sarà di realizzare una rete di imprese che si occuperà di formare, produrre e distribuire luppolo idroponico di alta qualità 100% italiano».
Il progetto luppolo.it, finanziato dal Mipaaft con D.G. n. 96732 del 28/12/2016 e coordinato dal Crea, è il primo progetto di ricerca nazionale sulla coltivazione del luppolo in Italia.