La direttiva sugli Ogm deve applicarsi anche agli organismi ottenuti mediante tecniche emerse successivamente alla sua adozione. Lo ha deciso la Corte di Giustizia Ue, rispondendo al ricorso di un gruppo di associazioni francesi contro l'uso di sementi ottenute mediante mutagenesi sito-specifica, la più promettente tra le New breeding technique. Solo le varietà ottenute per mezzo di tecniche di mutagenesi "tradizionale" sono esentate dagli obblighi della direttiva Ogm.
Ribaltato il parere dell'Avvocatura generale
«Siamo profondamente sorpresi – afferma in una nota Confagricoltura – per una sentenza che, ribaltando il parere depositato a gennaio dall’Avvocatura generale (capita in meno del 5% dei casi), ha stabilito come in linea di principio gli organismi ottenuti mediante nuove tecniche di mutagenesi siano Ogm. E in quanto tali soggetti ai paralizzanti obblighi previsti dalla direttiva comunitaria in materia».
«Si tratta di una tecnica innovativa in continua evoluzione – rimarca l’Organizzazione degli imprenditori agricoli – dalla cui applicazione, utilizzata anche dai ricercatori italiani, possono derivare risultati positivi per la salvaguardia delle nostre produzioni».
Queste nuove biotecnologie, a parere di Confagricoltura, possono, infatti, contribuire alla riduzione degli sprechi alimentari, a garantire una produzione alimentare sostenibile, a tutelare le nostre produzioni tipiche, oggi minacciate da malattie di difficile controllo, in continua evoluzione, e dai cambiamenti climatici.
Rivedere la direttiva sugli ogm
«La sentenza della Corte – prosegue l’organizzazione - tracciando di fatto una distinzione netta tra tecniche tradizionali ed innovative che penalizza queste ultime, non considera come Ogm gli organismi ottenuti da mutagenesi attraverso tecniche utilizzate convenzionalmente e con una lunga tradizione di sicurezza. Viene affidata però agli Stati Membri la facoltà di includerli ugualmente tra gli Ogm; aprendo così la strada verso possibili disparità tra Paesi membri».
«È una sentenza che richiede una riflessione politica attenta, che magari – auspica concludendo Confagricoltura – porti a un ripensamento complessivo della direttiva n. 2001/18 del Parlamento europeo e del Consiglio che ha di fatto non consentito agli agricoltori europei di poter disporre delle risorse ottenute con le più evolute tecniche di miglioramento genetico del terzo millennio».
Il disappunto di Assosementi
«Sebbene sia necessaria una più dettagliata analisi dal punto di vista legale, la prima reazione del settore sementiero è di disappunto e grande preoccupazione – ha dichiarato il presidente di Assosementi Giuseppe Carli – si tratta di un duro colpo per l’agricoltura europea con gravi conseguenze che ricadranno inevitabilmente su tutto il sistema e su tutti i cittadini europei: grazie alle New breeding techniques è possibile introdurre più velocemente e con più precisione quelle modifiche genetiche che avvengono spontaneamente in natura. La sentenza della Corte Europea, non tenendo conto del parere dell’avvocatura generale che aveva invece offerto una certa apertura a favore di queste tecniche, rischia ora di far pagare il prezzo più alto ad agricoltori e ricercatori: i primi non potranno contare sul potenziale innovativo di questi strumenti per mantenere la propria competitività in un mercato globale, i secondi vedranno ulteriormente rallentato il loro contributo allo sviluppo del settore agroalimentare».