ZOOTECNIA

Foraggere, tutte le promesse degli insilati alternativi

Segale, triticale, sorgo, frumento, orzo: così li impiegano gli allevatori lombardi.

Soluzione da pionieri fino a pochi anni fa, l’impiego nella zootecnia bovina di insilati alternativi al classico silomais si sta via via diffondendo. Favorita dall’esempio di chi fa biogas e di chi del secondo raccolto fa quasi una bandiera. Ma anche dai sempre maggiori costi di coltivazione e irrigazione del mais, che spingono a cercare soluzioni più economiche ma nutrizionalmente accettabili.

Una di queste soluzioni, appunto, è quella di aggiungere all’unifeed una quota di insilati alternativi. Meno nobili del mais, certamente, ma comunque appetibili e con buoni valori nutrizionali. Cerchiamo allora di capire qualcosa di più sulla coltivazione e l’impiego di questi cereali.

I vantaggi di segale, triticale o sorgo (ma anche grano e orzo) sono di diverso tipo: economici, agronomici e, diciamo così, logistici.

Perchè coltivarli

Nel caso delle prime tre colture si tratta di piante che non richiedono irrigazione, o ne richiedono pochissima, e nemmeno grandi concimazioni; inoltre danno buoni risultati anche senza diserbi. Tutto questo si traduce naturalmente in un notevole risparmio sulle spese di coltivazione e dunque sui costi di alimentazione della mandria.

Anche dal punto di vista agronomico vi sono alcuni aspetti da considerare. Il primo è ovviamente quello delle rotazioni: alternando questi cereali al mais è possibile spezzare la monocoltura, pratica in uso in molte aziende zootecniche, e dare così respiro al terreno nonché combattere problemi come la diabrotica. Inoltre, queste colture sono particolarmente adatte ai terreni non irrigui, un’opportunità importante per chi ha questo problema: nonostante l’assenza di acqua, può comunque fare produzione e anche di qualità.

C’è poi da considerare il secondo raccolto, reso possibile proprio dall’impiego di coltivazioni che si possono raccogliere già a fine maggio. Se la stagione aiuta, c’è tutto il tempo per seminare sorgo o anche mais e sfruttare al meglio la superficie a disposizione.

Questo ci porta a considerare anche l’aspetto logistico, che è poi uno dei principali incentivi alla scelta di queste piante. Chi non ha grossi depositi per i liquami, infatti, può trarre grosso giovamento dall’avere i terreni liberi già a inizio giugno. Può infatti concimarli con i liquami prima di riseminare e così ridurre il volume in vasca.

Raccolta e insilaggio

Un punto assai delicato però è quello della raccolta, che deve essere fatta al momento giusto. Non che per il mais si possa aspettare all’infinito, ovviamente. Tuttavia per alcuni cereali alternativi, come il grano o il triticale, i tempi utili sono anche più stretti: basta ritardare di un paio di giorni per avere un prodotto troppo secco e dunque difficile da conservare.

Questo ci porta a parlare della trincea. Se quella di sorgo non è facile da fare, per grano, segale e triticale le cose sono diverse: intanto perché sono piante assai più soggette alla perdita di umidità; in secondo luogo, va considerato anche il tenore zuccherino, che è buono sul sorgo ma assai inferiore sui cereali vernini. Attenzione, dunque, al compattamento e alla chiusura della trincea.

A Bergamo

Ecco ora il parere di tre allevatori che impiegano, in vario modo, insilati diversi dal mais.

Il primo è il bergamasco Piergiorgio Villa, che con un socio alleva 350 capi, di cui 180 in mungitura. «Usiamo insilato di triticale – 10 ettari – da almeno cinque o sei anni, soprattutto nell’alimentazione delle manze; ne diamo anche quattro o cinque chili alle vacche in lattazione, assieme a circa 18 kg di silomais», ci spiega.

Le ragioni per cui si è scelto di fare triticale sono legate al terreno: «In un’azienda di Vimercate abbiamo suoli acidi e non irrigui. Il mais non fa buone rese, soprattutto in anni siccitosi, mentre il triticale, al contrario, si trova a suo agio, tant’è vero che quest’anno abbiamo fatto un ottimo raccolto, da non avere spazio a sufficienza per insilarlo tutto. Dunque in questi campi meglio seminare triticale e poi un po’ di sorgo in secondo raccolto».

Comunque il grosso del sorgo, circa 25 ettari, Villa lo fa dopo loietto, per questioni organizzative: «Fare un secondo raccolto dopo il triticale obbliga ad arare e passare almeno due volte con l’erpice. Troppo impegno e troppi costi. Su loietto, invece, occorre molto meno lavoro. È lo stesso motivo per cui facciamo poco mais di secondo raccolto».

A Lecco

Non fa triticale ma grano e sorgo Paolo Brivio, di Missaglia (Lc). La sua stalla conta 240 capi in lattazione, servite da 130 ettari di terreno. Venticinque di questi sono coltivati a grano da trinciato, cui segue appunto un secondo raccolto di sorgo. «Abbiamo scelto questi due cereali perché si adattano bene alla nostra razione alimentare, sia per le manze sia per le vacche in produzione, alle quali va una dose variabile tra 6 e 10 kg, in dipendenza dalle scorte di mais. Chiaramente usare questi trinciati permette di far durare di più il silomais e dunque di avere una dieta più bilanciata nel corso di tutto l’anno».

Dal punto di vista nutrizionale, continua Brivio, i due prodotti sono interessanti. «Tant’è vero che pur avendo iniziato a coltivarli per le manze, siamo passati a usarli anche sugli animali in lattazione, come dicevo».

Anche dal punto di vista agronomico non vi sono grandi problemi, né di irrigazione né di trattamenti. «Bisogna invece stare attenti nell’insilaggio: se il sorgo si comporta bene o male come il mais, infatti, il grano è più rischioso: basta ritardare di pochi giorni la raccolta per avere problemi di umidità. Lo scorso anno, per esempio, abbiamo dovuto sospendere la raccolta su più di un campo e lasciarlo maturare per farne granella. Il momento giusto va da fine maggio alla prima decade di giugno, in dipendenza dell’andamento climatico. Ma come ho detto bisogna seguire con molta attenzione il campo e non sbagliarsi a posticipare troppo la trinciatura».

A Lodi

Concludiamo con un allevatore “pentito”; nel senso che da quest’anno ha abbandonato triticale e segale, coltivati per decenni. Si tratta di Arduino Rinaldi, proprietario di una grossa stalla (500 capi in mungitura) a Lodivecchio (Lo), che spiega: «Sono prodotti che complicano eccessivamente la gestione agronomica dei terreni. Dopo il triticale si doveva per forza fare aratura e almeno un paio di passaggi con l’erpice per avere terreno pronto per la seconda semina. In più si deve concimare e a fine anno abbiamo visto che la produzione complessiva dei due raccolti non era molto superiore a quella di un trinciato di mais fatto bene».

Così Rinaldi con il 2012 ha cambiato completamente assetto colturale: «Ora facciamo soltanto prato stabile e mais: semplifico le operazioni in campagna, ho più o meno gli stessi quantitativi e una qualità molto valida. Naturalmente i nostri prati non sono lasciati al loro destino, ma molto curati: ben concimati, irrigati più volte e ben gestiti. In questo modo ci danno almeno cinque tagli, spesso sei».

Il tutto grazie a un investimento strutturale: «Posso applicare questo sistema perché ho ampliato notevolmente la capacità di stoccaggio dei liquami. Fino all’anno scorso, infatti, ero obbligato a liberare i terreni a giugno per vuotare le vasche; pertanto la premessa per cambiare pratica è stata proprio la realizzazione di nuovi stoccaggi per i reflui».

Rinaldi fa pochissimo fieno, visto che trincia il mais e almeno l’80% dei prati. «Fino a qualche anno fa portavamo via tutto con la trincia, ora abbiamo un carro trinciante con il quale raccogliamo il foraggio appena appassito. Diciamo che lo tagliamo e portiamo a casa in giornata, lasciandogli perdere un 10% al massimo di umidità. In questo modo si riesce a compattarlo bene e si ottiene un ottimo insilato. Inoltre si libera il terreno molto più rapidamente e questo permette una ricrescita più veloce del nuovo foraggio. Tanto è vero che a inizio giugno molti allevatori avevano appena finito di raccogliere il maggengo, mentre noi eravamo quasi pronti per il secondo taglio».

Grazie al sistema di raccolta, che è poi quello comunemente in uso nell’Europa del Nord, Rinaldi può portare a casa foraggio quando le rotopresse sono ormai da un pezzo sotto il capannone. «Se non nevica facciamo gli ultimi tagli tra novembre e dicembre, raccogliendo ancora parecchia roba. Inoltre pulendo il campo in questa stagione miglioriamo la crescita del maggengo in primavera, perché lo lasciamo libero di spuntare senza essere ostacolato dall’erba dell’anno precedente».

Foraggere, tutte le promesse degli insilati alternativi - Ultima modifica: 2013-04-08T11:56:05+02:00 da nova Agricoltura

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