Un’integrazione più stretta tra Pnrr e Pac

Cuoco (Ifoam): «Con forti differenze tra i Psn dei diversi Paesi, la sfida degli ecoschemi è persa in partenza»

Aumentano i costi, calano i contributi: occorre aumentare l’efficienza del sistema Italia. Scanavino: «Stop all’ambientalismo di maniera che provoca danni come quello della peste suina». Prandini: «Invasi, bioenergie e logistica, i nodi vanno sciolti adesso».

Green deal, il dado è tratto

Un Europa più verde o un’agricoltura europea che rischia di trovarsi più al verde?

Non basta una pandemia, una guerra alle porte e il ritorno in gran spolvero della minaccia nucleare: il dado del Green Deal è tratto e non è prevista alcuna marcia indietro per la prossima Pac, che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2023.

I presidenti delle maggiori organizzazioni agricole ci hanno provato, ma la Commissione europea ha rispedito la palla al mittente: per sistemare i nodi strutturali dell’agricoltura italiana c’è il Pnrr.

O almeno questa è la cronaca, parziale, della giornata di inaugurazione della 115° Fieragricola di Verona e della tavola rotonda sulla riforma della Pac 2023-2027 che ha concluso il summit internazionale su «Sessant’anni di Politica agricola comune: quali sfide per la Pac? La vision al 2050» (per approfondire leggi qui).

Palazzo della Grande Guardia sede dell'inaugurazione della 115° Fieragricola di Verona

La sfida della transizione ecologica rimane prioritaria, nonostante il peso insostenibile dell’aumento dei costi di produzione (al limite ci accorgeremo tra un paio di anni che gli obiettivi del Farm To Fork al 2030 sono un miraggio, e riaggiorneremo la tabella di marcia).

Sta a noi difendere la casa

L’importante è che non si disperda il capitale di sessant'anni di Pac, riconoscendo il ruolo centrale di un'agricoltura, accusata di continuo di inquinare, ma che pesa solo il 7% circa sul totale delle emissioni di gas serra prodotte (la metà di quello che capita nel mondo).

«La Pac ci premia, la Pac ci condiziona – stigmatizza Dino Scanavino di Cia agricoltori italiani - ma sta a noi decidere cosa fare in casa nostra».

«Una considerazione che vale per l’azienda agricola, ma che va proiettata a livello nazionale». Con la sua parziale rinazionalizzazione, la nuova Pac ha delegato infatti molte responsabilità agli Stati Membri, che scrivono chiaramente obiettivi e strumenti per realizzarli sul Piano strategico nazionale.

Fare filiera su mais e grano duro nazionali

«Siamo chiamati – afferma Scanavino- a trovare degli appigli per colture decisive come il mais, basilare per i nostri prodotti tipici di qualità, ma penalizzata dalla nuova Pac in particolare nei meccanismi innescati dagli ecoschemi». «Solo noi possiamo trovare una soluzione sostenendolo con progetti di filiera ad hoc, che riconoscano il valore aggiunto della produzione nazionale, e lo stesso vale per il grano duro e per le altre produzioni agricole penalizzate».

L’appello autarchico all’autosufficienza alimentare fatica infatti ad attecchire nonostante il periodo di forte crisi. «Noi non possiamo giustificare le nostre richieste con l’esigenza di sfamare il mondo. Non credo che sia questa la missione del made in Italy».

«Abbiamo costi produttivi mediamente più alti, ma produciamo qualità e vogliamo che il mercato mondiale continui a riconoscerlo».

La frittella del Psn

Con l’elaborazione del Pns, per Scanavino, abbiamo fatto miracoli. «Abbiamo rigirato la frittella per conciliare la necessità di raggiungere numerosi obiettivi ambientali con risorse più limitate».

L’emancipazione dalla Pac si può conquistare solo aumentando l’efficienza del sistema Italia.

Ambientalismo di maniera

La tutela dell’ambiente è un conto – puntualizza Scanavino-  l’ambientalismo di maniera un altro, ed è dannoso. Soffriamo le conseguenze di una pesante pandemia, e non sto parlando del Covid ma della peste suina che distrugge non solo il settore suinicolo, ma l’agriturismo e la vendita diretta di tutte le aree colpite».

«Va fermata l’incontrollata proliferazione degli animali selvatici che distruggono e contaminano, nonostante il parere contrario di qualche sprovveduto».

L’agricoltura è il settore che può contribuire maggiormente alla sostenibilità e all’obiettivo della neutralità climatica, ma per riuscirci ha bisogno di un Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) più coordinato con la Pac.

Acqua da non disperdere

«Decisivo – rammenta Ettore Prandini di Coldiretti – è ad esempio il tema degli stoccaggi, con la consapevolezza che il tema dell’acqua è oggi una delle risorse più importanti. Le risorse del recovery valorizzano poco le installazioni di nuovi bacini di accumulo, e questo è grave se pensiamo che in Italia tratteniamo solo il 10% dell’acqua piovana».

Nodo bioenergetico e logistico

Per il presidente di Coldiretti non si deve perdere l’occasione di mettere insieme Pnrr e Pac. «Ci sono 1,5 miliardi stanziati per l’agrivoltaico, 1,8 per le biomasse, ma poi le autorizzazioni non arrivano. Senza contare che una larga fetta di queste risorse sono assegnate ai Comuni, come vengono impiegate?».

Il made in Italy ha bisogno di maggiori investimenti nel sistema logistico, porti e rotaie. «Da noi ci vogliono dai 7-10 giorni per sdoganare le merci, in Olanda bastano 10 ore».


Ecoschemi, partita persa in partenza?

«A livello europeo la Pac – è l’analisi di Eduardo Cuoco, direttore di Ifoam Organics Europe - soffre per il fatto di essere nata con alcuni obiettivi e con un Commissario, per poi dover applicare obiettivi diversi con un Commissario diverso».

Eduardo Cuoco

Cuoco porta un punto di vista diverso al dibattito del Palazzo della Gran Guardia di Verona perché rappresenta un’associazione a livello europeo e un’intera filiera, quella del bio, in teoria premiata dalla Pac.

«Il biologico – dice- è un settore virtuoso dal punto di vista del contributo all’obiettivo della neutralità climatica, ma occorreva un maggior sostegno per i produttori che volevano entrare nel sistema e dare il loro apporto». Il maggiore fallimento della Pac secondo Cuoco è quello di non aver pensato a un sistema che premiasse veramente i comportamenti virtuosi nella transizione ecologica. Negli ecoschemi ci sono infatti forti differenze tra i Paesi membri, ognuno ha scelto il suo.

«E se uno sceglie pacchetto meno virtuso, non riceve meno». La transizione si ottiene poi anche con più assistenza tecnica. «È un punto su cui spingere, e creando un sistema di supporto nazionale virtuoso in favore delle filiere strategiche».

E riguardo al Psn nazionale Cuoco commenta positivamente il record dei 2,5 miliardi attribuiti, nello sviluppo rurale, per il bio. «Ma l’assenza dal primo pilastro ci toglie peso politico».

Un’integrazione più stretta tra Pnrr e Pac - Ultima modifica: 2022-03-01T21:03:35+01:00 da Lorenzo Tosi

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