Sementi certificate a sostegno della Pac

Non è la prima volta che la politica agricola comune vi ricorre. Ora diventano indispensabili per accedere agli aiuti accoppiati. L’obiettivo è dimostrare la tracciabilità e migliorare la qualità delle produzioni

Dovrebbe essere il comportamento normale, quello dell’utilizzo di sementi ufficialmente certificate da parte degli agricoltori, ma le statistiche del comparto e la constatazione di chi ha modo di osservare certi punti vendita e il comportamento di molti agricoltori dimostra il contrario.

Non è pertanto la prima volta che la Pac, la politica agricola comune, ricorre allo strumento delle sementi ufficialmente certificate per avere certezza della tracciabilità e tendere al miglioramento della qualità delle produzioni di determinati seminativi.

Articolo pubblicato su Terra e Vita 36/2022

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Certificazione delle semine 2023

Parte formalmente da gennaio 2023, ovvero con le semine autunnali 2022 oramai al termine, la nuova Pac, e sebbene il Piano strategico nazionale della Pac 2023-2027 non sia ancora stato ufficialmente approvato dalla Commissione europea, l’attenzione di moltissimi agricoltori, delle aziende sementiere e dei commercianti è già rivolta alla prossima campagna di semina. Nel piano strategico Pac inviato alla Commissione a fine settembre il nostro Ministero ha infatti inserito l’obbligo di utilizzare sementi ufficialmente certificate per accedere ai sostegni accoppiati previsti per il grano duro, il riso e le proteoleaginose (soia, girasole e colza), nonché per la barbabietola da zucchero. Nella tabella 1 sono riportati gli aiuti accoppiati riservati ai seminativi, con l’eventuale vincolo del seme certificato.

L’impiego di semente certificata è richiesto “al più tardi entro l’anno di domanda 2024”. Le sementi dovranno ovviamente appartenere a varietà iscritte nel Registro nazionale o nel Catalogo comune europeo ed essere certificate quali categoria di base, 1.a riproduzione o 2.a riproduzione; fermo restando la possibilità per le aziende in regime biologico di utilizzare sementi convenzionali qualora quelle in forma biologica non siano disponibili sul mercato, ma pur sempre ufficialmente certificate.

tab. 1 Sostegni accoppiati al reddito per superficie

Grano duro
Dotazione stanziata 91 mio/€
N° ettari a riferimento 836.000
Aiuto minimo/massimo previsto 98–120 €
Aiuto unitario previsto 109 €
Principali vincoli: solo nelle regioni centro-sud; utilizzo seme certificato
Riso
Dotazione stanziata 74 mio/€
N° ettari a riferimento 220.000
Aiuto minimo/massimo previsto 303–370 €
Aiuto unitario previsto 336 €
Principali vincoli: utilizzo seme certificato
Soia
Dotazione stanziata 31 mio/€
N° ettari a riferimento 226.000
Aiuto minimo/massimo previsto 123–150 €
Aiuto unitario previsto 136 €
Principali vincoli: utilizzo seme certificato
Girasole e colza
Dotazione stanziata 13 mio/€
N° ettari a riferimento 126.000
Aiuto minimo/massimo previsto 91–111 €
Aiuto unitario previsto 101 €
Principali vincoli: utilizzo seme certificato, contratto con un'industria di trasformazione, sementiera o mangimistica
Barbabietola da zucchero
Dotazione stanziata 20 mio/€
N° ettari a riferimento 30.000
Aiuto minimo/massimo previsto 592–724 €
Aiuto unitario previsto 658 €
Principali vincoli: utilizzo seme certificato, contratto con industria
Pomodoro
Dotazione stanziata 10 mio/€
N° ettari a riferimento 60mila
Aiuto minimo/massimo previsto 156–191 €
Aiuto unitario previsto 174 €
Principali vincoli: contratto con un'industria di trasformazione, tramite una organizzazione produttori.
Leguminose da granella ed erbai di sole leguminose, esclusa la soia
Dotazione stanziata 39 mio/€
N° ettari a riferimento 2.055.000
Aiuto minimo/massimo previsto 17–21 €
Aiuto unitario previsto 19 €
Dati tratti dal piano strategico nazionale Pac,settembre 2022. Valori approssimati

Programmazione della produzione

L’anno che manca alle nuove semine autunno-vernine del 2023 dovrà essere quindi utilizzato dalle aziende sementiere per programmare la produzione del quantitativo di seme necessario, in particolare per il grano duro. Ad un rateo normale di 250 kg di seme ad ettaro, per i circa 1,15 milioni di ettari di superficie coltivati in media nelle ultime annate, nord escluso, occorrerebbero almeno 287mila t di seme certificato di grano duro.

Nell’anno 2021 il Crea-Dc ha controllato poco più di 62mila ha e ha poi certificato circa 180mila t di seme. Nell’anno in corso gli ettari destinati a seme di grano duro sono saliti a 67.000. Se ci limitiamo ai soli 836mila ha di superficie presi a riferimento nel Psp, il fabbisogno scende a circa 210mila, quindi evidente che la produzione di seme certificato dovrà aumentare. Pena il balletto dei continui rinvii già visto nei primi anni ’90, quando un simile obbligo venne applicato per la prima volta.

In attesa delle norme applicative…

L’anno di attesa dovrà poi vedere l’emanazione delle norme applicative: innanzitutto il quantitativo minimo di seme certificato da impiegare a ettaro, poi la questione dell’eventuale reimpiego della granella aziendale e infine le modalità di verifica e controllo. Circa la quantità di seme certificato a ettaro, oggi per l’aiuto del fondo grano duro è richiesto l’impiego di almeno 150 kg di seme per ha.

Negli anni ’90 il Ministero dell’agricoltura aveva invece prescritto minimo 180 kg per ettaro (se così sarà, si può stimare la produzione disponibile di semente certificata già sufficiente), comprovato da fattura di acquisto e cartellini ufficiali dell’agenzia di certificazione. Ci si limiterà a questo, o assisteremo a modifiche anche per agevolare il lavoro dei Caa?

Articolo pubblicato su Terra e Vita 36/2022

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Sementi certificate, sì o no?

Pensando alle sementi certificate viene in mente la storiella della “sora Camilla, tutti la vogliono, ma nessuno la piglia”. Non più tardi di qualche mese fa, in occasione del convegno organizzato in tema dal Convase, sono stati in tanti a titolare “sementi certificate, tutti d’accordo”. Poi alla prima prova concreta, ecco i distinguo, dalle perplessità delle Organizzazioni agricole all’Ente Nazionale Risi, quest’ultima con la giustificazione che ben l’80% dei risicoltori già utilizzerebbe seme certificato e per evitare oneri burocratici inutili.

Davvero emblematica la questione delle sementi certificate, ovviamente di cereali e di soia, che l’agricoltore potrebbe reimpiegare, dell’atteggiamento del mondo agricolo, pronto a vantare qualità e tracciabilità, ma poi nei fatti preferire la piena libertà di comportamento.

A onta, innanzitutto, della normativa che obbliga all’impiego di seme certificato, altrimenti ci sarebbe da chiedersi a cosa serva questa disciplina, se i primi beneficiari lo rifuggono, poi del fatto che il seme certificato è lo strumento per accedere a un sussidio.

Comunque, il rapporto conflittuale tra Pac e sementi certificate non è nuovo. Parte nei primi anni ’90 quando il nostro Ministero dell’agricoltura, per migliorare la qualità del grano duro e venire incontro alle richieste dell’industria molitoria, impose l’utilizzo del seme certificato per accedere allo specifico aiuto comunitario, allora ben più corposo di oggi. Tale obbligo fu poi fatto proprio dalla Comunità europea con la riforma del 1998 e mantenuto anche con le riforme di Agenda 2000 e di Fischler nel 2003, fino all’Health Check del 2008 che introdusse il disaccoppiamento e la soppressione di ogni premio specifico alla coltura. Poi il vincolo delle sementi certificate, non solo per il grano duro, venne recuperato con il premio agro-ambientale del noto art. 68 dal 2010, per infine sparire nella pac 2014-2022. Oggi troviamo l’obbligo di utilizzare semente certificata per il fondo grano duro e in alcuni accordi di filiera.

Sarà ora la volta buona, per un rapporto finalmente più costruttivo e sensibile anche al problema di sostenere la ricerca varietale?


Un occhio agli eco-schemi

Parlando di sementi, merita dare un’occhiata anche alle eventuali esigenze, ovvero opportunità presenti negli eco-schemi che coinvolgono seminativi. Guardando alle schede specifiche di intervento del Psp rileviamo quanto segue di possibile interesse sementiero:

  • > Eco-schema 2, inerbimento delle colture arboree, con un aiuto previsto di 120 €/ha, il quale ha per obiettivo il mantenimento dell’inerbimento spontaneo o seminato nell’interfila delle colture arboree o, per le colture arboree non in filare, all’esterno della proiezione verticale della chioma;
  • > Eco-schema 4, sistemi foraggeri estensivi con avvicendamento, con un premio fino a 110 €/ha, che intende favorire l’introduzione in un avvicendamento almeno biennale di colture leguminose e foraggere, nonché colture da rinnovo con l’impegno alla gestione dei residui in un’ottica di sequestro del carbonio;
  • > Eco-schema 5, misure specifiche per gli impollinatori (sia su colture erbacee che arboree), con un sostegno pari a 250 €/ha per le arboree e a 500 €/ha per i seminativi.

Quest’ultimo prevede il mantenimento nell’interfila, ovvero nelle superfici a seminativo, di una copertura con colture a perdere spontanee o seminate di interesse apistico (nettarifere e pollinifere).

In particolare per quanto riguarda l’eco-schema dedicato agli impollinatori, si tratta di una assoluta novità nell’ambito della politica agricola comune (fatto salvo il precedente della possibilità di seminare i terreni a riposo con specie mellifere, appositamente elencate, in purezza o in miscugli, ma purché predominanti). Criteri attuativi più dettagliati è atteso vengano presto adottati dal Ministero, soprattutto con l’aggiornamento dell’elenco delle specie e, per evitare appetiti speculativi, il controllo delle sementi utilizzate e delle colture. Osserviamo solo che molte specie di grande interesse apistico possono essere destinatarie di un aiuto accoppiato (girasole, colza e poi le leguminose) o impiegabili per l’eco-schema 4, sistemi foraggeri estensivi.

Attendiamo gli sviluppi, con il timore di un bel ginepraio!

Sementi certificate a sostegno della Pac - Ultima modifica: 2022-12-08T08:59:04+01:00 da Redazione Terra e Vita

1 commento

  1. Il ministro però poi dovrà anche controllare che non si faccia speculazione sulle sementi, perché succederà che per acquistare sementi cartellinate si dovrà investire il 30% del raccolto e come al solito le industrie sementiere e i commercianti si arricchiscono e l’agricoltore a fine anno si ritrova a contare gli spiccioli

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