Il mais ogm e più in generale le colture geneticamente modificate piacciono agli agricoltori italiani e a chi ha a che fare a vario titolo con l’agricoltura: tecnici, agronomi, docenti e studenti universitari. Una platea che ritiene gli ibridi resistenti a insetti e siccità la soluzione per risollevare le sorti della maiscoltura del nostro Paese, alle prese con una crisi senza precedenti. Inoltre, le colture biotech sono considerate la chiave per aprire la porta a un’agricoltura più redditizia, moderna e sostenibile. È sostanzialmente questo l’esito del sondaggio proposto ai lettori di Nova Agricoltura e Terra e Vita nelle scorse settimane: in 303 hanno risposto alle quattro domande dopo la pubblicazione di una ricerca condotta dall’Università di Pisa analizzando 20 anni di dati di campo sul mais ogm, dalla quale è emerso come gli ibridi di mais geneticamente modificati abbiano rese superiori e minor presenza di micotossine e incidenza della diabrotica, rispetto a quelli convenzionali.
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Un deficit che preoccupa
Come noto, per quanto riguarda il mais, in pochi anni l’Italia è passata dalla piena autosufficienza a una copertura del 65% del fabbisogno, un problema sentito soprattutto dalla zootecnia. Per coprire il disavanzo siamo costretti a importarlo, anche da Paesi che coltivano ogm. In dieci anni si è persa una superficie coltivata a mais pari a quella del Molise. Colpa dei prezzi non proprio allettanti per chi produce, ma anche delle difficoltà che gli agricoltori devono affrontare in campo: parassiti e siccità su tutte.
Il nostro sondaggio non aveva la pretesa di fotografare con precisione e scientificità il pensiero del mondo agricolo su questo argomento. I numeri ci hanno però restituito percentuali piuttosto nette, tali da consentirci di affermare che sul tema gli addetti ai lavori hanno sensibilità in netto contrasto rispetto a quelle dell’opinione pubblica, delle istituzioni politiche e anche di qualche associazione di categoria.
Risposte chiare
La prima delle quattro domande chiedeva semplicemente di esprimersi a favore o contro le colture biotech. Cinque intervistati su sei (il 45% agricoltori, il 28% tecnici, il 22% tra docenti, ricercatori e studenti, il 5% funzionari e impiegati), si sono dichiarati favorevoli: per la precisione 241 sì (79,8%) e 61 no (20,2%). Qualche differenza tra le categorie: nel mondo accademico i favorevoli sono l’86%, tra gli agricoltori l’82%, tra impiegati e funzionari solo il 77%.
1) Sei favorevole o contrario alle colture ogm?
Il secondo quesito era rivolto in particolare agli agricoltori e chiedeva di pronunciarsi sulla coltivazione di mais transgenico. Il 78% ha dichiarato che se in Italia fosse possibile pianterebbe ibridi Ogm, mentre il 22% si è detto contrario. Qui sono proprio i coltivatori i più favorevoli (82%), mentre gli impiegati e funzionari lo sono di meno (77%).
2) Se in Italia fosse possibile, coltiveresti mais biotech sui tuoi campi?
Con la terza domanda abbiamo cercato di capire se per i nostri lettori il mais ogm potrebbe alleviare o risolvere la crisi sempre più grave che investe il comparto maidicolo italiano e ridurre le importazioni dall'estero. In questo caso le percentuali sono più equilibrate, pur con una decisa prevalenza dei sì: 200 (66,7%), contro 100 no (33,3%). Anche in questo caso a credere di più in questa soluzione sono gli agricoltori (75% sì e 25% no), mentre i tecnici sono quelli meno fiduciosi (57% a favore e 43% contrari).
3) Il mais ogm potrebbe alleviare o risolvere la crisi sempre più grave che investe il comparto maidicolo italiano e ridurre le importazioni dall'estero?
Il futuro è già scritto
Come noto però in Italia non è permesso coltivare ogm e considerata la decisa contrarietà dell’opinione pubblica su questo tema, difficile immaginare che le cose cambieranno. Gli ogm come li abbiamo conosciuti finora sono ormai superati da nuove tecniche di breeding.
Con il quarto e ultimo quesito abbiamo perciò cercato di guardare avanti, interrogando i lettori sulle nuove opportunità offerte da cisenesi, transgenesi, genome editing e più in generale da tutte le biotecnologie in grado di migliorare le caratteristiche delle piante senza creare una nuova varietà. Un aspetto importante soprattutto per l’agricoltura italiana, ricca di colture tipiche da preservare. Ed è proprio questa la domanda che ha fatto registrare le percentuali di risposta più nette: ben 253 intervistati (83,5%) ritengono le nuove tecniche la strada giusta da percorrere per la ricerca genetica in agraria, 50 (16,5%), hanno invece espresso parere contrario. A crederci di più sono gli impiegati/funzionari (92% sì e 8% no), seguiti dai tecnici (87%), dagli agricoltori (86%) e dalla galassia dell’istruzione (84%).
4) Il genome editing può essere la strada giusta da percorrere per l'agricoltura italiana?
Per approfondire il tema della genetica applicata alle coltivazioni è disponibile il volume Biotecnologie sostenibili pubblicato di recente da Edagricole.