Condividere i progressi della scienza sulle innovazioni tecnologiche dedicate al settore agroalimentare. Questo l’obiettivo di Enea che in occasione della fiera Maker Faire di Roma ha presentato gli ultimi progetti sviluppati e realizzati nei suoi centri di ricerca all’avanguardia.
Hortextreme, microverdure nello spazio
“Hortextreme” è un prototipo innovativo per coltivare microverdure a bordo di veicoli spaziali e avamposti planetari. Il progetto è realizzato da Enea, Agenzia Spaziale Italiana e Università di Milano, nell’ambito della simulazione di una missione su Marte a cura dell’Austrian Space Forum. Con l’installazione di quattro comparti dedicati alla germinazione e alla crescita, i ricercatori hanno completato il sistema verticale multilivello di coltivazione idroponica fuori suolo, il cosiddetto orto “marziano” di 4 m2 composto da 4 varietà di microverdure rosse - amaranto, cavolo cappuccio, senape e ravanello - accuratamente selezionate tra quelle con ciclo di coltura di 15 giorni. Grazie a luci a led, atmosfera controllata e riciclo dell’acqua, le microverdure, senza pesticidi né agrofarmaci, garantiranno un corretto apporto nutrizionale e un’alimentazione di alta qualità ai membri dell’equipaggio.
«L’infrastruttura tecnologica interna - evidenzia Luca Nardi dell’Enea- permette di osservare e monitorare la crescita delle piante in ogni loro fase e funge da controllo remoto in caso di possibili problemi legati allo svolgimento della missione, il tutto con un ritardo temporale di circa 20 minuti tra l’invio delle trasmissioni e la ricezione delle risposte, proprio come se gli astronauti si trovassero sul suolo marziano».
Queste nuove forme di orticoltura si inseriranno sempre più anche in ambito urbano per risolvere problematiche legate alla ridotta disponibilità di risorse e di spazi di coltivazione e soddisfare il fabbisogno di una popolazione in continua crescita.
Biocosì, dagli scarti caseari un packaging 100% green
Tra le attività più recenti in ottica green di Enea, volte alla diminuzione dell’impatto ambientale degli scarti della filiera agroalimentare e alla valorizzazione dei rifiuti, troviamo Biocosì: il progetto che punta a utilizzare le acque reflue della filiera casearia per produrre bioplastica per imballaggi e packaging per la conservazione degli alimenti - come vaschette per i formaggi o bottiglie per il latte - 100% biodegradabili e compostabili.
Biocosì, sviluppato dall’Enea in collaborazione con la start-up pugliese EggPlant, trasformerà in 18 mesi i rifiuti caseari in risorse, ridisegnando il packaging in chiave sostenibile e introducendo materiali biodegradabili nelle linee produttive. Il progetto presenta una doppia valenza innovativa: da un lato, il processo di separazione a membrana (sviluppato dall’Enea nel Centro Ricerche di Brindisi) per il frazionamento del siero di latte che consente sia il recupero differenziato di tutte le componenti (quali sieroproteine/peptidi, lattosio e sali minerali), che di acqua ultra pura; dall’altro, la produzione di bioplastica biodegradabile e bioderivata dal lattosio estratto dai reflui, con benefici in termini di riduzione degli inquinanti dell’industria casearia e di impatto della plastica nell’ambiente.
«Questa innovazione ispirata ai principi dell’economia circolare con l’obiettivo ‘zero rifiuti a fine processo’ - sottolinea Valerio Miceli della divisione biotecnologie e agroindustria dell’Enea - risponde non solo ad esigenze di natura etica e ambientale ma anche economiche, legate ai costi elevati dello smaltimento dei reflui caseari, consentendo oltretutto di tagliare di circa il 23% il costo unitario di produzione del biopolimero».
Enea mira a mettere in campo un vero e proprio cambio di paradigma che rivoluziona il concetto tradizionale del refluo come rifiuto trasformandolo in risorsa green, in grado di rispondere alla domanda di innovazione tecnologica per la sicurezza alimentare, di nuovi materiali ad elevato valore aggiunto per un'agricoltura e industria sostenibili, promuovendo il risparmio energetico, il riciclo e la produzione a basse emissioni di carbonio.
Migliorare le catene alimentari con i “microbi”
Migliorare produttività, qualità e sostenibilità delle catene alimentari utilizzando il microbioma: l’insieme di batteri, funghi e virus, dei loro genomi e delle interazioni che questi stabiliscono in un determinato ambiente. Questo è l’obiettivo del progetto Simba (Sustainable Innovation of MicroBiome Applications in Food System) al quale partecipano Enea e altri 22 partner tra aziende e istituti di ricerca europei. Nell’ambito del progetto Enea si occupa della selezione di ceppi microbici con funzioni di promozione della crescita delle piante e l’applicazione come consorzi per aumentare la produttività delle coltivazioni di mais, grano, patata e pomodoro, migliorandone al contempo capacità di difesa e di assorbimento dei nutrienti e qualità della produzione.
«Il progetto Simba – spiega Annamaria Bevivino dell’Enea- offrirà agli agricoltori indicazioni sulle migliori pratiche di utilizzo dei consorzi microbici in pieno campo, al fine di aumentare la produttività e la sostenibilità delle catene alimentari e creare nuovi alimenti di qualità».
Mig, la mini-fattoria hi-tech mobile
Una mini fattoria hi-tech per produrre verdure e ortaggi destinati al personale militare impiegato in operazioni di pace, in aree fortemente disagiate, povere o prive di risorse naturali. Realizzato da Enea nell’ambito del Piano Nazionale della Ricerca Militare del Ministero della Difesa, Mig consente la coltivazione idroponica di micro e baby-verdure, con ciclo biologico rispettivamente di 10-20 giorni e 20-30 giorni, all’interno di uno speciale container computerizzato e dotato di illuminazione Led, senza l’impiego di personale specializzato. Trasportabile e riposizionabile in zone campali e scenari operativi, questo innovativo orto verticale mobile si distingue per ambiente sterile, alte rese (fino a 2,4 kg/m2 di microverdure per ciclo), ottimizzazione degli spazi, produzioni continue di altissima qualità, pronte al consumo (in ottica “ready-to-eat” e “ready-to-cook”) senza erbicidi e pesticidi e con ridotto consumo di acqua e fertilizzanti.
Metrofood-RI, qualità, sicurezza e rintracciabilità alimentare
Cosa si nasconde dietro il cibo che mangiamo? Per rispondere a questa domanda Enea promuove e coordina il progetto Metrofood-RI che coinvolge oltre 2.200 ricercatori di 48 tra le maggiori istituzioni di 18 paesi europei impegnate nel campo della sicurezza alimentare, qualità, tracciabilità dei cibi e contrasto a sofisticazioni e contraffazioni. Si tratta di una grande infrastruttura di ricerca paneuropea selezionata fra le eccellenze nel settore “Health&Food” della roadmap del Forum Strategico Europeo per le Infrastrutture di Ricerca che punta a dotare il sistema della produzione e del consumo degli alimenti di una piattaforma condivisa di dati, laboratori e metodi operativi per rendere misurabile (e quindi oggettiva) qualità, sicurezza, autenticità, tracciabilità e sostenibilità.
«L’obiettivo di Metrofood–RI - ha evidenziato la ricercatrice Enea Giovanna Zappa - è fornire servizi a livello territoriale, agendo sul piano dell’affidabilità delle misure e dell’armonizzazione delle procedure, attraverso un approccio FAIR - cioè Findable, Accessible, Interoperable, Re-usable - nella gestione dei dati in modo da allineare ricerca e innovazione ai valori, ai bisogni e alle aspettative della società, in linea con i principi della Responsible Research and Innovation».