Irrigazione e pacciamatura sono le armi contro il capnode

Larva di Capnodis tenebrionis su radice di susino
Il climate change favorisce le infestazioni di questo pericoloso coleottero le cui larve sono responsabili di pesanti danni sulle drupacee fino a causare la morte delle piante. Le contromisure agronomiche e fisiche anche alla luce delle nuove acquisizioni scientifiche

Nella stagione estiva è sempre più frequente rinvenire sulla vegetazione delle drupacee gli adulti di capnode (Capnodis tenebrionis).

Si tratta di un coleottero tipico delle regioni italiane più calde che ormai ha ampliato il suo raggio d’azione diffondendosi anche nei frutteti settentrionali.

Il capnode è diffuso in tutta l‘area mediterranea (Spagna, Francia, Grecia, Tunisia, Algeria, Marocco, Libano, Israele), in Iran e nel vicino Oriente e attacca un po’ tutte le drupacee coltivate (albicocco, susino, pesco e ciliegio).

Larve pericolose

Gli adulti sono presenti sulla chioma delle piante a partire da aprile ed essendo insetti termofili ed eliofili, li si trova più di frequente nelle ore più calde e sulla parte della chioma irradiata dal sole. Gli adulti sono ben visibili e altrettanto visibile è il danno che provocano; attaccano di preferenza le piante in precario stato vegetativo su cui recidono il picciolo delle foglie facendole cadere a terra.

La vera minaccia per le piante è rappresentata dalle larve che si sviluppano all’interno delle radici e del colletto e che con la loro attività trofica compromettono seriamente la funzionalità del sistema conduttore e di sostegno dell’albero. L’infestazione larvale, diversamente da quella degli adulti, è difficile da diagnosticare perché si manifesta con sintomi aspecifici quali emissione di gomma alla base del tronco, appassimento fogliare, disseccamento di settori della chioma. A seguito dell’azione delle larve, le piante colpite, specie se giovani, possono disseccare e infine morire.

Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita

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Gli adulti di capnode svernano in ripari naturali alla superficie del suolo e sulle drupacee spontanee per spostarsi a primavera sulla chioma degli albicocchi e delle altre drupacee coltivate. Gli adulti rimangono tutta l’estate sulla chioma con due picchi di presenza, uno a maggio con prevalenza di adulti svernanti e uno ad agosto con prevalenza di giovani adulti. Le deposizioni cominciano a giugno e proseguono fino a settembre inoltrato; le femmine depongono le uova nel terreno a 40-50 cm di distanza dalla pianta o nelle fessure corticali della parte basale del tronco.

Ogni femmina può deporre fino a 600 uova, disposte singolarmente o in piccoli gruppi di una ventina di elementi. Dopo 10-12 giorni circa, dalle uova sgusciano le larve neonate che si muovono nel terreno alla ricerca di una pianta ospite. È questo il momento più critico per l’insetto in quanto le larve non sono in grado di effettuare grandi spostamenti e se non raggiungono entro 24 ore una pianta ospite, muoiono. Se riescono ad insediarsi iniziano a scavare gallerie sottocorticali soprattutto nella parte interrata del fusto, quella al di sotto del terreno e da cui partono le radici. Man mano che crescono, le larve scavano gallerie sempre più profonde, che facilmente arrivano all’apparato radicale.

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Come prevenire le infestazioni

Per quanto la presenza di questa specie sia in lento aumento un po’ ovunque, i danni sono localizzati negli impianti, specialmente di albicocco, coltivati in aree collinari caratterizzate da scarsa disponibilità idrica e assenza di irrigazione.

Recenti indagini di laboratorio hanno provato l’esistenza di una correlazione negativa tra il contenuto idrico del terreno, espresso come capacità idrica di campo, e la percentuale di schiusura delle uova. Se dopo la deposizione delle uova il terreno è bagnato, è molto probabile che le uova non riescano a schiudersi. Se il suolo è umido anche la larva neonata di capnode non riesce a spostarsi e a raggiungere la pianta ospite.

Per limitare le infestazioni è stato anche sperimentato il posizionamento di barriere fisiche (o pacciamature) posizionate alla base delle piante, intorno al colletto. Queste barriere, fatte di strati di materiale in tessuto non tessuto che possono essere anche impregnate di funghi entomopatogeni, non consentono al capnode di deporre le uova vicino al colletto e impediscono o comunque rendono molto difficile alle larve di arrivare al colletto della pianta ospite.

Irrigazione e pacciamatura sono le armi contro il capnode - Ultima modifica: 2021-06-11T14:45:44+02:00 da K4

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