Il comparto italiano delle biotecnologie si conferma un settore in crescita. Secondo i dati del nuovo “BioInItaly Report 2020” di Assobiotec ed Enea su “Le imprese di biotecnologia in Italia - Facts&Figures”, a fine 2019 sono 696 le imprese biotech attive sul territorio nazionale, con 13 mila addetti (di cui il 34% impiegato in attività di R&S) per oltre 12 miliardi di fatturato.
Secondo il rapporto, sono 60 le imprese censite (9% del totale) che operano nell'area agricoltura e zootecnia in Italia. Il fatturato dell'area supera gli 850 milioni di euro. L'80% di queste aziende sono classificabili come piccole o micro imprese, oltre la metà si dedica alla R&S biotech. L'incidenza degli investimenti in R&S intra-muros sul fatturato biotech per le imprese dedicate alla R&S biotech, quasi tutte a capitale italiano, supera il 40%.
L'obiettivo condiviso di queste imprese consiste nell'uso di tecniche di biologia molecolare, oltre che per lo sviluppo di prodotti e servizi veterinari, per sviluppare il progresso e l’innovazione di agricoltura, allevamento e alimentazione, con la finalità di aumentarne l’efficienza, la sicurezza e la sostenibilità dei processi produttivi.
Biotecnologie sostenibili, spinta per il Paese
Durante la presentazione del rapporto, si è evidenziato quanto il biotech si stia affermando come tecnologia chiave per una ripartenza sostenibile del Paese, anche nella nuova fase post pandemia. Le biotecnologie, se applicate all'agricoltura, per esempio, offrono una risposta concreta per gestire la ridotta disponibilità di suolo e di acqua, per preservare la biodiversità e rendere le produzioni più resistenti ai cambiamenti climatici o ai patogeni, o per sviluppare prodotti biologici ed ecocompatibili per la difesa di piante e animali dall'attacco di questi ultimi.
Inoltre, come si evidenzia nel rapporto, le biotecnologie rappresentano una risorsa importante per affrontare le sfide legate alla sicurezza alimentare e a una nutrizione adeguata dal punto di vista qualitativo e nutrizionale a livello globale.
«Nell'attuale contesto di crisi che ha interrotto le filiere internazionali di approvvigionamento - spiega il presidente di Assobiotec Federchimica Riccardo Palmisano - le biotecnologie, giocando sulla strategicità della filiera corta e dell’economia circolare, offrono una potente leva innovativa per il nostro Paese».
L’eccellenza della ricerca biotech italiana applicata all'agricoltura
La produzione di bioagrofarmaci, biostimolanti e biofertilizzanti, le attività di miglioramento genetico (breeding) di varietà vegetali, la messa a disposizione di terapie veterinarie avanzate: sono tutte aree destinate a fornire soluzioni biotecnologiche ai rispettivi comparti produttivi agro-zootecnici, sempre più attenti a sistemi innovativi e sostenibili.
«La ricerca pubblica italiana ha ampiamente dimostrato di avere un profilo di eccellenza per quanto riguarda le biotecnologie applicate al miglioramento genetico vegetale (Plant Breeding Innovation). La disponibilità di queste informazioni sul genoma delle colture - spiega Palmisano - rappresenta la base sulla quale valorizzare anche la biodiversità locale, dando risposta alle esigenze di una agricoltura specializzata e diversificata come quella italiana. La frontiera del miglioramento genetico vegetale è oggi rappresentata dalle sempre più raffinate tecniche di editing genetico. La conoscenza del profilo genetico delle piante di interesse e la disponibilità di tecniche veloci e precise che possono agire all'interno della singola specie, senza apporto di materiale genetico estraneo, permettono di affrontare una serie di problemi propri delle condizioni colturali italiane».
Serve poter fare sperimentazione in campo
Palmisano specifica che affinché la ricerca possa progredire è necessario però «Consentire la sperimentazione in campo. Servono regole adeguate alle caratteristiche proprie di queste tecnologie, senza ostacolarne lo sviluppo. Bisogna promuovere il trasferimento tecnologico, garantire la protezione della proprietà intellettuale, esplorare l’integrazione con le tecnologie digitali e di automazione. Anche la ricerca italiana può contribuire all'urgente necessità di modernizzazione dell’agricoltura nazionale, rispondendo al contempo alle esigenze dei consumatori e di conservazione dell’ambiente e inserendosi infine nell'ambiziosa sfida del Green Deal europeo».
Biotecnologie e coronavirus, tra criticità e insegnamenti
«Fra emergenza coronavirus e ricerca di soluzioni per una nuova ripartenza sostenibile, le biotecnologie stanno mostrando negli ultimi mesi in maniera sempre più chiara il determinante contributo che sono in grado di offrire a livello globale per rispondere a queste urgenze. Ma per poter competere a livello internazionale - sottolinea Palmisano - il settore ha bisogno di interventi tempestivi a livello di sistema Paese. L’esperienza che stiamo vivendo ci ha insegnato, in modo chiaro, alcune cose, in primis che gli investimenti in ricerca e innovazione sono fondamentali: essere fermi all'1,3% del PIL rispetto al 3% individuato dal piano Horizon 2020 non è un risparmio, ma significa perdere opportunità di crescita per il Paese. Poi che la collaborazione pubblico-privato funziona: questa crisi ce lo sta ricordando ogni giorno, non perdiamo l’occasione per rendere questo modello permanente».
Palmisano ha poi ribadito che le lentezze burocratiche sono i nemici numero uno della velocità d’azione, che nei settori ad alta tecnologia globalizzati come il biotech, rappresenta un elemento vitale. «Se vogliamo che il biotech diventi una catapulta per la ripartenza dobbiamo rendere il nostro Paese attrattivo per gli investimenti».
Sondaggio “Biotech vs Covid19”: un comparto in prima linea
Nel mese di aprile Assobiotec ha realizzato un sondaggio finalizzato a indagare il ruolo che il biotech sta giocando nella battaglia globale contro la pandemia e che tipo di impatto ha avuto la diffusione del virus SARS-CoV-2 sul comparto biotech nazionale.
I risultati mostrano un importante coinvolgimento delle imprese presenti sul nostro territorio nella ricerca e nella produzione di soluzioni contro il virus (57% del campione) con particolare riferimento all'area della diagnostica (44%) e della ricerca di terapeutici (34%). Il 7% dichiara invece di essere impegnato nella ricerca di un vaccino.
Significativo è l’effetto che la pandemia e il lockdown stanno avendo sul comparto: sebbene il 60% del campione indichi di continuare a portare avanti il proprio business, anche se in modalità differente, il 40% si è visto costretto a ridimensionare (29%) o bloccare (11%) la propria attività. A soffrire in particolare le realtà a capitale italiano che nel 13% dei casi hanno dovuto bloccare totalmente le attività in corso.
Concentrazione delle aziende biotech in Italia
Le attività biotecnologiche si confermano fortemente concentrate in Lombardia, la prima regione in Italia per numero di imprese (195 pari al 28% del totale), investimenti in R&S intra-muros (30% del totale) e fatturato biotech (45% del totale). Si registra, tuttavia, un progressivo sviluppo delle regioni del Nord-Est e una crescente diffusione di nuove iniziative nelle regioni del Centro (con il Lazio in testa) e del Sud. Particolarmente significativa è stata la crescita della quota del Mezzogiorno, anche se solo in termini di numero di imprese: la quota di imprese biotech con sede nel Mezzogiorno è passata dal 14,4% nel 2008 al 19,4% nel 2019. È la Campania a guidare questo sviluppo.
Per l’area delle Biotecnologie agricole, di breeding e della relativa diagnostica, non si rilevano marcate specializzazioni territoriali tra le quattro macro regioni nazionali, con una distribuzione geografica delle imprese attive che rispecchia il peso delle varie aree nel comparto delle biotecnologie.
I settori di applicazione delle imprese biotech in Italia
Il 49% delle imprese biotech ha come settore di applicazione prevalente quello legato alla salute. Il 39% delle imprese biotech produce e/o sviluppa prodotti e servizi sia di carattere industriale o volti alla prevenzione e mitigazione dell'impatto ambientale (30%), sia per applicazioni agricole e zootecniche (9%), rappresentando una delle principali leve innovative per i settori della bioeconomia. L’area delle applicazioni in Genomica, Proteomica e Tecnologie Abilitanti - GPTA risulta presente nel 12% delle realtà censite.