Anche gli agromeccanici pagano i conti dell’alluvione

In mancanza di raccolti, anche le imprese agromeccaniche incasseranno di meno in questa stagione (Foto Simone Martarello)
La categoria dei contoterzisti è stata colpita quanto l’agricoltura e al pari dell’agricoltura vedrà i propri bilanci decimati in questa stagione

Nel desolante bilancio economico di questa alluvione gli agricoltori sono indicati, ancor prima dell’industria, come le vittime principali del disastro. I frutteti allagati, i campi devastati dalla furia dell’acqua e ricoperti di fanghiglia sono del resto un’immagine potente, quasi quanto quella delle pile di mobili accatastati sui marciapiedi, man mano che si ripuliscono le case. C’è però una categoria che è stata colpita quanto l’agricoltura e che al pari dell’agricoltura vedrà i propri bilanci decimati, in questa stagione. Sono gli agromeccanici, o, come li conoscono tutti, contoterzisti. Che forse hanno meno terre coltivate rispetto alle imprese agricole, anche se ormai quasi tutti gli agromeccanici sono, poco o tanto, agricoltori, ma con l’agricoltura lavorano e ai raccolti agricoli legano gran parte dei bilanci. Per farla semplice, senza grano da trebbiare le mietitrebbie restano sotto al capannone e lo stesso vale per le trinciacaricatrici, le presse e le vendemmiatrici. Nel quotidiano racconto sulla tragedia che ha colpito la Romagna vogliamo allora dar spazio anche alle loro storie, che in qualche caso sono anche storie di generosità.

Al lavoro per sgomberare

Alcune zone della Romagna erano state colpite da un'alluvione già a inizio maggio (Foto Simone Martarello)

Partiamo da un’azienda che la Romagna la conosce come le proprie tasche. Antonio Ricci, contoterzista da una vita, oggi è affiancato dai figli Simone, Elvis e Cristian nella guida dell’attività. Lo raggiungiamo al telefono mentre, con il trattore, va verso una piccola industria di Poncellino, frazione di Bagnacavallo. «L’avevamo ripulita meno di due settimane fa, in seguito all’alluvione di inizio maggio. Dieci giorni dopo, era ancora sotto 70 cm di acqua», ci dice sconsolato. Ma lo sconforto si accompagna presto all’incomprensione di un fenomeno che in effetti, visto dal suo epicentro, ha dell’incredibile. «Dalla montagna al mare, la Romagna è distrutta. Qualcuno ci dovrà spiegare il motivo. È mancata la manutenzione: si è parlato dei buchi delle nutrie, ma qui siamo su un altro livello, una nutria non basta a provocare tutto questo e vorrei dire che pensare oggi di rimediare senza prima aver fatto prevenzione, non serve a nulla. Forse dovremo ripensare la politica di gestione del letto dei fiumi: se sono intasati di sabbia e detriti, è ovvio che l’acqua va da qualche altra parte». Anche la sua azienda, ci spiega Ricci, è stata parzialmente interessata. «Abbiamo avuto una ventina di cm d’acqua nel capannone, più di mezzo metro nei garage di casa. Abbiamo dovuto fermare l’impianto di biogas, perché l’acqua stava arrivando ai trasformatori. Il problema principale però sono i terreni. Molti sono stati allagati: la bietola da seme è andata, le patate sono tutte sotto, il mais non vuol ripartire. Se devo fare una stima, direi che il 10% del raccolto lo perderemo. Ed è quel 10% che alla fine rappresenta il nostro guadagno di un anno».

Ricci, assieme ai figli, lavora giorno e notte per ripulire Faenza e dintorni (la sua azienda ha sede a Granarolo Faentino, ndr). «Siamo fuori con tre carri, e diversi trattori con pala e lama da neve. Lavoriamo in collaborazione con un’azienda edile che conosciamo bene, perché il titolare è un mio ex dipendente. Lui con l’escavatore, noi coi carri, da quasi una settimana carichiamo mobili per sgomberare le strade, giorno e notte. I dipendenti si danno il cambio per essere attivi 24 ore su 24, ma non se ne vede la fine».

Un lavoro che, in occasione della prima piena, è stato totalmente volontario. «I miei dipendenti mi hanno detto: se serve, noi ci siamo e lavoriamo gratis. Così dopo la prima ondata siamo usciti e ci siamo dati da fare, senza chiedere niente a nessuno. Stavolta le cose sono diverse: siamo in giro da giorni, in qualche modo dovremo rientrare dalle spese».

Macchine nuove senza lavoro

Antonio Ricci non sembra invece preoccuparsi troppo per il lavoro estivo: «Qualcosa da fare si trova sempre», risponde quando gli chiediamo se prevede un futuro senza telefono che squilla.

Davide Giondi

Non la pensa così Davide Giondi, che vive a Villafranca-San Martino, più o meno a metà strada tra Forlì e Faenza. Rispetto al collega di Granarolo, la sua azienda presenta alcune differenze che, in questo caso, cambiano totalmente la prospettiva. La prima è che Giondi non ha terreni: è uno dei pochi contoterzisti "puri" rimasti sul territorio. La seconda è che la sua impresa si è specializzata nella vendemmia meccanica e nella raccolta di colture da seme, molto diffuse nel forlivese e ravennate. «Non avendo terreni, non abbiamo danni diretti, ma subiamo i danni di tutti», ci dice con amara ironia. «A esclusione di una piccola area nella zona delle Valli e di Ostellato, tutti i nostri clienti sono sott’acqua. I pomodori stanno marcendo, idem le cipolle e le patate. La frutta rischia di ammalarsi; l’unico che potrebbe resistere è il grano, ma vedremo per quanto tempo resterà sommerso. E poi c’è il problema del fango, che ha coperto tutto. Farà danno? Provocherà asfissia? Farà bene? Non lo sappiamo, non c’è un precedente così devastante nella nostra storia».

Le sue previsioni non sono comunque ottimistiche: «Anche se il grano sopravvivesse all’acqua, penso che, nella situazione in cui è, appena prenderà un po’ di sole andrà in chiusura e seccherà, ma senza contenuto. Per i frutteti c’è invece il problema delle malattie. Proviamo a fare i trattamenti, ma si lavora nel fango. Passiamo dove possiamo, qualche volta strisciando sulla pancia del trattore, altre volte affondando».

La viticoltura rappresenta per molti contoterzisti della Romagna un settore molto importante della loro attività (Foto Simone Martarello)

Giondi è preoccupato anche per la viticoltura, da cui trae una quota consistente dei propri bilanci. «Facciamo in media 250 ettari, con due macchine. Una, tra l’altro, l’ho cambiata proprio quest’anno. I vigneti però adesso sono sott’acqua e non sappiamo se sopravvivranno e se ci sarà uva da raccogliere».

La nuova vendemmiatrice, una semovente Braud-New Holland, non è il solo acquisto di Giondi per il 2023: «Abbiamo cambiato anche una mietitrebbia e a questo punto non so se avrò qualcosa da farle raccogliere. Infine, stavamo provando anche una nuova diradatrice di frutti, ma tra le gelate di aprile e l’alluvione ora, non c’è rimasto più niente da diradare».

Il problema per Giondi, che peraltro ha avuto danni anche all’abitazione, con pavimenti sollevati e porte da buttare, è che le macchine sono acquistate con finanziamenti o leasing, le cui rate devono comunque essere pagate. «Ma se non facciamo i lavori, non guadagniamo i soldi per pagare le rate. Le macchine ferme sotto al capannone non si pagano». Né, prosegue, c’è da aspettarsi molto dai cosiddetti ristori: «Agli agricoltori sicuramente arriverà qualcosa, ma per noi agromeccanici, che non abbiamo terra ma macchine, non andrà così bene. Siamo un gruppo piccolo, difficile che qualcuno si ricordi di noi». Per questo motivo, Davide Giondi, anche a nome degli altri agromeccanici puri, lancia un appello alle istituzioni: «Tanti hanno avuto danni, quasi tutti avremo meno lavoro. Per superare questo momento non ci serve granché, basterebbe un aiuto per pagare qualche rata dei finanziamenti. Non chiediamo la luna, mi sembra».

Azienda salva, terreni allagati

Nel post alluvione, i contoterzisti si stanno come sempre distinguendo. Abbiamo notizia di diverse imprese al lavoro con trattori e mezzi per movimento terra. In particolare, sui colli forlivesi, per ripristinare le strade interrotte da frane e colate di fango. In pianura, oltre a rimuovere mobili dalle vie, si contano i danni. Che a volte, fortunatamente, sono meno gravi del previsto: «Nella settimana dell’alluvione abbiamo avuto metà dei terreni sommersi», ci dice Massimo Zangirolami, di Tresigallo (Fe). «Fortunatamente – prosegue – dopo due giorni l’acqua se n’era andata e ora aspettiamo di vedere cosa accadrà alle colture».

Fabio e Lorena Parma

Terreni allagati, infine, anche per la famiglia Parma, agromeccanici di Budrio (Bo). «Siamo stati coinvolti nello straripamento dell’Idice, a seguito della rottura dell’argine», ci spiega Lorena Parma che con il fratello Fabio gestisce l’azienda ricevuta dai genitori. «Abbiamo avuto 50 cm di acqua sui campi e temiamo che grano e sorgo possano seccare prematuramente, senza dare raccolto o quasi. Fortunatamente, almeno i fabbricati e i capannoni si sono salvati».

 


Edagricole sostiene l'iniziativa di raccolta fondi
per l'Emilia-Romagna alluvionata. 

L'Iban per la donazione, intestato a “Agenzia per la sicurezza territoriale e la protezione civile dell'Emilia Romagna” è il seguente:

IT69G0200802435000104428964

La causale da indicare è “Alluvione Emilia-Romagna"

Anche gli agromeccanici pagano i conti dell’alluvione - Ultima modifica: 2023-05-25T12:38:39+02:00 da Ottavio Repetti

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