Il climate change rende le piante più suscettibili alle malattie

Impatto del climate change
Oltre allo stress termico, quello fitopatologico: il global warming rappresenta una doppia fregatura per le colture di interesse agrario. Ma il meccanismo genetico individuato dallo studio pubblicato su Nature offre nuove chance per la difesa sostenibile, suggerendo la strada per rafforzare la resilienza delle piante alle alte temperature

Il global warming rappresenta una doppia fregatura per le colture d’interesse agrario.

Oltre allo stress termico, aumenta anche quello fitopatologico. In una recente ricerca pubblicata su Nature (v. riquadro in fondo), un team internazionale di scienziati americani, canadesi e cinesi afferma di aver scoperto una specifica proteina nelle cellule vegetali che spiega perché la resistenza delle piante alle malattie peggiora con l'aumento della temperatura.

Una cattiva notizia accompagnata da una buona, perché i ricercatori affermano di avere anche scoperto un modo per invertire il processo rafforzando le difese delle piante.

Articolo tratto da Terra e Vita n. 16/2023

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Se la resistenza si inceppa

Le ondate di calore estivo non stressano soltanto le persone ma hanno effetti anche sulle piante coltivate. La conferma empirica viene dall’aumento delle perdite di resa registrate negli ultimi anni su numerose colture chiave anche a causa dell’aumento dei danni di insetti alieni oppure di malattie prima considerate secondarie.

Il segnale che quando le temperature aumentano troppo, i meccanismi di autodifesa delle piante vengono messi in difficoltà e smettono di funzionare efficacemente, rendendole più vulnerabili agli agenti patogeni e agli insetti. Tutto ciò sarebbe collegato, secondo quanto pubblicato su Nature, all’inibizione del gene CBP60g (Arabidopsis thaliana calmodulin binding protein 60g), che contribuisce alla produzione di acido salicilico in risposta agli stress biotici. Arabidopsis thaliana è un’esile pianta con fiori bianchi che funge da "cavia da laboratorio" nell’ambito della ricerca sulla fisiologia delle piante che è stata utilizzata come modello anche per questo studio.

Acido salicilico bloccato

È da tempo riconosciuto che le alte temperature riducono la capacità di produrre acido salicilico, un ormone che attiva il reazione di difesa delle piante e blocca gli agenti patogeni prima che questi causino troppi danni. Le basi molecolari di questa azione immunitaria non erano, tuttavia, fino ad oggi, state ancora ben comprese.

«Se i risultati su Arabidopsis saranno confermati sulle colture di interesse agrario avremo nuove possibilità per garantire la sicurezza alimentare agli abitanti di un pianeta stressato dall’aumento generalizzato delle temperature».

 

Il team guidato dal professor Sheng-Yang He ha scoperto che anche brevi ondate di calore possono avere un effetto negativo sulle difese ormonali nelle piante di Arabidopsis, rendendole più suscettibili alle infezioni da parte del batterio Pseudomonas syringae. Quando questo patogeno attacca infettando i tessuti vegetali, i livelli di acido salicilico nelle foglie di una pianta aumentano fino a sette volte per impedire la diffusione dei batteri al suo interno.

Tuttavia, quando le temperature superano i 30 gradi anche per due soli giorni, le piante non riescono più produrre abbastanza ormoni difensivi per contrastare le infezioni. «Le piante - spiega Sheng-Yang He - subiscono molte più infezioni a temperature elevate perché il loro livello di immunità basale è più basso».

«Ma sapere come le piante reagiscono al calore potrebbe essere sfruttato per aiutarle a resistere all’aumento della temperatura?».

I fitocromi non c’entrano

Più o meno nello stesso periodo, un altro team di ricercatori ha scoperto che i fitocromi, molecole che si trovano nelle cellule vegetali, agiscono come termometri interni, consentendo alle piante di percepire le temperature più calde della primavera e attivare la crescita e la fioritura. Ci si è chiesti, pertanto, se fossero queste stesse molecole termosensibili, in grado di indebolire il sistema immunitario alle alte temperature se potessero anche essere la chiave per ripristinarlo.

Per scoprirlo, i ricercatori hanno infettato piante normali e piante mutanti con fitocromi che erano sempre attivi indipendentemente dalla temperatura con batteri P. syringae e le hanno coltivate ​​a 23°C e 28°C. Le prime risposte non sono state positive in quanto i mutanti del fitocromo si comportavano esattamente come le piante normali: non potevano produrre abbastanza acido salicilico per combattere le infezioni quando le temperature aumentavano.

Foglie di piante di Arabidopsis thaliana cresciute a diverse temperature e infettate da con il batterio Pseudomonas syringae. Le piante che avevano il gene chiamato CBP60g costantemente acceso erano in grado di resistere alla infezione batterica nonostante l’elevata temperatura (in basso a destra). Fonte: Danve Castroverde

Una nuova strategia

Danve Castroverde e Jonghum Kim, coautori della ricerca, hanno trascorso diversi anni conducendo esperimenti simili con altri geni sospetti e anche le piante mutanti si sono ammalate durante i periodi di caldo. Così hanno provato una nuova strategia. Hanno confrontato le letture dei geni nelle piante di Arabidopsis infette coltivate a temperature normali ed elevate utilizzando il sequenziamento di nuova generazione. Si è scoperto che molti dei geni soppressi alle alte temperature erano regolati dalla stessa proteina espressa, appunto, dal gene chiamato CBP60g.

Poiché questo gene funziona come un interruttore principale che controlla altri geni, tutto ciò che lo inibisce o lo spegne, di fatto disattiva anche molti altri geni.  Compresi quelli collegati alle proteine ​​​​che consentono a una cellula vegetale di accumulare acido salicilico. Ulteriori ricerche hanno rivelato che col caldo estremo, il meccanismo cellulare necessario per iniziare a leggere le istruzioni genetiche nel gene CBP60g non si assembla correttamente, provocando il fallimento del sistema immunitario della pianta.

Interruttore sempre acceso

I ricercatori hanno dimostrato che le piante mutanti di Arabidopsis con il gene CBP60g costantemente "attivo" erano in grado di mantenere alti i livelli di ormone della difesa e riuscivano a tenere a bada i batteri, anche se sottoposte a stress da calore. I risultati ora dovranno essere valutati anche sulle più comuni specie coltivate.

Qualora i risultati fossero positivi anche in questo caso, avremmo a disposizione una nuova modalità per progettare piante resistenti al calore in grado di attivare l'interruttore principale CBP60g solo quando sono sotto attacco, senza arrestarne la crescita. Un passo importante per proteggere le difese delle piante senza influire negativamente sui raccolti.

Il problema della sicurezza alimentare

La continua crescita della popolazione sta aumentando la domanda alimentare globale e le ultime previsioni indicano che la produzione alimentare dovrà aumentare del 60% per nutrire i circa 10 miliardi di persone previsti sulla Terra entro il 2050. È stato già verificato che le alte temperature non indeboliscono solo le difese immunitarie regolate dall'acido salicilico nelle piante di Arabidopsis, ma hanno anche prodotto un simile effetto anche su alcune piante coltivate come pomodoro, colza e riso.

Anche nella colza gli esperimenti di follow-up per ripristinare l'attività del gene CBP60g hanno prodotto gli stessi risultati promettenti. In Arabidopsis, la protezione dal calore garantita dell'interruttore principale, il gene “master” CPB60g, non solo ha ripristinato i geni coinvolti nella produzione di acido salicilico, ma ha anche protetto altri geni correlati alla difesa dalle temperature più elevate. «Siamo stati in grado – afferma il team di ricerca - di rafforzare l'intero sistema immunitario delle piante quando si vengono a trovare ad affrontare temperature elevate». «Se riusciremo ad applicare la stessa tecnica anche su altre specie vegetali coltivate avremo un'arma molto potente per sconfiggere la fame nel mondo».


di Riccardo Bugiani e Massimo Bariselli

Servizio Fitosanitario – Regione Emilia-Romagna

Il riferimento bibliografico

"Strengthening the Resilience of Plant Immunity to a Warming Climate" (Rafforzare la resilienza dell'immunità delle piante a un clima caldo ) Jonghum Kim, Christian Danve M. Castroverde, Shuai Huang, Chao Li, Richard Hilleary, Adam Seroka, Reza Sohrabi, Diana Medina-Yerena, Bethany Huot, Jie Wang, Kinya Nomura, Sharon K. Marr, Mary C. Wildermuth, Tao Chen, John D, MacMicking, and Sheng Yang He. Nature, June 29, 2022. DOI:  10.1038/s41586-022-04902-y


 

ll team di ricerca

Il team di ricerca è composto da scienziati affiliati alla Duke University della Carolina del Nord; Yale University del Connecticut; Università della California a Berkeley; Michigan State University; Wilfrid Laurier University, di Waterloo, Ontario, Canada; Tao Chen Huazhong Agricultural University di Wuhan, Cina. Sulla base di questo lavoro, è stata depositata una domanda di brevetto.

Il climate change rende le piante più suscettibili alle malattie - Ultima modifica: 2023-07-05T10:15:01+02:00 da Lorenzo Tosi

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