La guerra in Ucraina scatena quella per i cereali

grano tenero
Ucraina e Ungheria limitano l'export di cereali e la Bulgaria ha deciso di aumentare gli stock. Si parla di rivedere la politica agricola Ue

Oltre allo stop dei porti dai quali partivano grano tenero e mais diretti in Italia, con gravi ripercussioni sul loro prezzo, l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia sta provocando una serie di altre conseguenze legate all'approvvigionamento alimentare. Un repentino cambio di prospettiva che sta facendo riflettere gli Stati europei anche sulla strategia Farm to fork.

Limiti alle spedizioni di olio di girasole

Considerata la drammatica situazione in cui si trova, per affrontare la crescente carenza di cibo Kiev ha deciso di limitare le esportazioni di derrate alimentari. Una scelta del tutto comprensibile ma non priva di impatti per l'Italia che nel 2021 ha importato prodotti agroalimentari per un valore di 570 milioni di euro, soprattutto olio di girasole (circa 260 milioni), mais destinato all'alimentazione degli animali (140 milioni) e grano tenero per la panificazione (circa 30 milioni).

Dall'Ungheria limiti all'export di cereali

L'Ungheria ha notificato alla Commissione europea un decreto che dà allo Stato il diritto di prelazione e acquisto in caso di esportazione di materie prime cerealicole "di importanza strategica". Una misura che rischia di rallentare il mercato interno visto che, come si legge nella comunicazione inviata a Bruxelles, "l'esportazione di cereali dall'Ungheria deve essere preventivamente notificata" alle autorità pubbliche che ne valuteranno la compatibilità con le esigenze di approvvigionamento del mercato interno dei mangimi e dei prodotti alimentari. Se lo riterranno necessario, le autorità nazionali potranno esercitare "il diritto di prelazione o acquisto".

"L'olio di girasole - sottolinea Coldiretti in una nota - viene impiegato dall'industria alimentare per la produzione di conserve, salse, maionese, condimenti spalmabili, oltre che per le fritture, mentre il grano serve alla panificazione e il mais all'industria mangimistica per garantire le forniture alimentari agli animali negli allevamenti. In particolare - precisa la Coldiretti - l'Ucraina è il secondo fornitore di mais dell'Italia con una quota importante di poco superiore al 20% del fabbisogno ma garantisce anche il 5% dell'import nazionale di grano tenero".

Stalle in affanno per l'impennata dei costi dell'alimentazione

Una situazione, spiega la Coldiretti, che "aggrava l'emergenza in Italia che è un Paese deficitario e importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l'alimentazione del bestiame", secondo l'analisi della Coldiretti. L'aumento delle quotazioni del mais, che sono al massimo da un decennio, sta mettendo in ginocchio gli allevatori italiani che devono affrontare aumenti vertiginosi dei costi per l'alimentazione del bestiame (+40%) e dell'energia (+70%) a fronte di compensi fermi su valori insostenibili.

Confagricoltura: rivedere le scelte fatte sulla Pac

«Spetta alla Commissione europea il compito di assicurare il regolare funzionamento del mercato unico. Va respinto qualsiasi tentativo di protezionismo alimentare tra gli Stati membri dell'Unione». È la ferma presa di posizione del presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, sulla decisione assunta dal governo ungherese di sospendere le esportazioni di grano per assicurare i rifornimenti interni e contenere la crescita dei prezzi. «Anche la Bulgaria - aggiunge Giansanti - ha stabilito di aumentare per precauzione gli stock pubblici di cereali per un ammontare di 1,5 milioni di tonnellate, con il risultato pressoché scontato di ridurre i volumi delle vendite all'estero».

«La capacità produttiva di cereali dell'Unione è tale da poter gestire anche questa difficilissima situazione. Serve però un coordinamento della Commissione, alla quale abbiamo già chiesto di rimuovere, in vista dei nuovi raccolti, i limiti all'utilizzo dei terreni
agricoli. L'auspicio - conclude il presidente di Confagricoltura - è che la crisi in Ucraina si risolva il più rapidamente possibile al tavolo negoziale. Dagli eventi in atto emerge comunque la necessità di verificare se le scelte fatte sulla nuova Pac siano idonee a salvaguardare la capacità produttiva europea e l'efficienza delle imprese che producono per il mercato».

Cia, costi delle commodity dipendono da fattori strutturali

A pesare sugli attuali rincari non è il rialzo del prezzo del grano tenero, che incide
tradizionalmente pochissimo (8,5%) sul costo scaffale di pane, prodotti da forno e da pasticceria. Sono i maggiori costi di elettricità, gas, carburante per la logistica, imballaggi a
impattare sull'industria della panificazione e sulla distribuzione, che non devono però scaricare sui cittadini gli aumenti, ma ripartirli equamente su tutta la filiera. A dirlo è la Cia-Agricoltori Italiani, che ricorda, inoltre, che il prezzo del frumento tenero è aumentato già da molti mesi, ben prima del conflitto in Ucraina.

Tuttavia, non ci sono speculazioni dalla parte agricola, che non si è arricchita per questi rialzi e ha venduto il grano ai commercianti in estate a 22 euro, mentre ora il prezzo è di 34 al quintale. Cia non vuole lanciare allarmismi sul tema del sovranismo alimentare: non abbiamo, infatti, pericolo di restare senza pane, né ci sono colli di bottiglia
nell'approvvigionamento di grano tenero dall'estero. A preoccupare, invece, la situazione dei fertilizzanti e l'esorbitante aumento dei prezzi del gas naturale che ne è l'ingrediente principale. Proprio ora che siamo nel periodo dei trattamenti nei campi, c'è rischio di una riduzione del loro utilizzo, che impatterà sulla qualità del raccolto.

A pesare, dunque, non la congiuntura bellica, ma fattori di natura strutturale e speculativa. La forte pressione internazionale sui cereali ha a che fare soprattutto con l'incertezza legata al lungo periodo pandemico e all'andamento negativo dei raccolti a livello mondiale, dovuto a siccità e climate change. Nel caso dell'Italia, le importazioni di grano tenero da Russia e Ucraina sono assolutamente marginali (5%) e sostituibili con fonti di approvvigionamento alternative, senza particolari ripercussioni sulla nostra industria alimentare, che deve far fronte ai ben più gravi problemi dell'esplosione dei costi energetici e logistici. Si rileva, inoltre, che l'import da Russia e Ucraina riguarda tipologie di frumento tenero ad alto contenuto proteico, per prodotti di lunga lievitazione destinate alla biscotteria, non certo alla panificazione, sulla quale si concentra in questi giorni l'allarme di molti.

La guerra in Ucraina scatena quella per i cereali - Ultima modifica: 2022-03-07T17:44:09+01:00 da Simone Martarello

2 Commenti

  1. Finalmente! Direi che occorre rivedere anche il meccanismo del divieto di monosuccessione previsto dalla condizionalità rafforzata, in una azienda con molto seminativo e senza disponibilità irrigua sei costretto a lasciare ogni anno metà del terreno incolto, quando il prezzo di grano e orzo (tra l’altro utilizzati per la zootecnia interna) è e rimarrà alle stelle.

  2. Mi permetta dott Massimo Bellini, che rivedere la monosuccessione non c’entra niente con la impossibilità dì irrigare . Si possono fare un sacco dì scelte anche solo per gli autunno vernini o alcune colture primaverili in aridocoltura conservando l’umidità del terreno. Se non si riesce a fare direi che allora non si riesce a fare agricoltura. Spero che non si usi questo momento dì allarme per distruggere quei piccoli passi avanti fatti con la nuova PAC. La guerra non sarà niente rispetto ai cambiamenti climatici

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