Mais, la guerra in Ucraina fa impennare il prezzo

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Se il conflitto si protrarrà ci sarà un pesante deficit di forniture per l’Italia e gli altri Paesi europei. Assalzoo: seminare 80mila ettari in più

La guerra in Ucraina sta cambiando radicalmente l’aspetto del mercato del mais sia sul breve periodo, ma anche con riflessi sul medio termine. In caso di capitolazione, l’orizzonte commerciale di Kiev si orienterebbe più a Est (Asia) rispetto al tradizionale Mediterraneo. Per contro, in caso di resistenza a Mosca, il probabile avvicinamento commerciale all’Europa disegnerebbe equilibri diametralmente opposti. Per certo il conflitto porterà ad inadempienza di consegna per i prossimi mesi, e se si prolungasse anche a una riduzione delle semine, con violente ripercussioni di prezzo su molte commodity agricole.

Borse, prezzi in rialzo e grande volatilità

I primi effetti di quanto appena detto si sono visti nella volatilità sulla borsa a termine di Parigi che ha fatto registrare variazioni di quasi 50 €/t, un (primo) picco della posizione marzo a oltre i 310 €/t, e quotazioni per i mesi a venire sempre più orientate ai 300 €/t.

Alla Borsa di Chicago, il Chicago Board of Trade (Cbot), il future sul mais è balzato ai massimi dal 2013 (+1,79% a 738 dollari). Corre ancora anche il future sul grano arrivato oltre i 10 dollari al bushel, ossia lo staio, l'unità di misura internazionale che nel caso del frumento è pari a circa 27,2 chilogrammi.

Problemi di fornitura dall'Ucraina

Alla luce di quanto sta accadendo, è difficilissimo prevedere quanto durerà lo stop agli imbarchi e il rallentamento della logistica nella regione del Mar Nero. Solo una minima percentuale di navi sarà in grado di eseguire come da contratto i volumi stipulati col rischio che la gran parte dei 20 mln/t di mais ucraino ancora da caricare saranno congelati per settimane o addirittura per mesi. Italia, Spagna e Paesi Bassi subiranno un default nelle esecuzioni previste, dovendo, al netto di un ipotizzabile razionamento nei consumi, rimpiazzare i volumi stornati con altre origini come Francia e Americhe, sulle quali già si sta riversando parte della domanda cinese, che da sola vale il 25% dell’export ucraino nel periodo marzo-agosto.

Poiché l’origine più disponibile, gli Usa, non ottempera al fattore Ogm free, è presumibile che i prezzi in Europa e in particolare in Francia si surriscaldino, trascinando al rialzo anche le nostre piazze. L’alternativa all’Ucraina è il bacino del Sudamerica che proprio quest’anno ha sofferto gli effetti del La Niña con siccità e conseguente calo in rese/ha.

Lo scenario è complicato e la guerra ha aggravato un quadro già a rischio per le stime di un calo di superfici in Europa, diretta conseguenza dell’impennata del prezzo dei fertilizzanti, che, ironia della sorte, arrivano anch’essi da Russia e Bielorussia.

L'appello di Assalzoo seminare 80mila ettari di mais in più

«Serve una presa di coscienza generale da parte delle istituzioni e degli operatori e, visto che siamo in prossimità delle semine primaverili, dovremmo seminare almeno 70-80.000 ettari in più di mais per recuperare il prevedibile calo di importazione dall’Ucraina, vista la criticità attuale».

A lanciare l’appello per una coalizione agricola finalizzata a incrementare le superfici italiane di mais da Fieragricola 2022 è Giulio Gavino Usai, responsabile economico di Assalzoo, l’associazione di rappresentanza dell’industria mangimistica, che associa oltre 100 aziende per una rappresentatività del 75% della produzione nazionale di mangimi, occupa 8.300 persone e sviluppa un fatturato aggregato del settore superiore a 8 miliardi di euro (dato del 2020, fonte: Assalzoo), grazie a una produzione di 15,1 milioni di tonnellate di mangime composito.

 

Mais, la guerra in Ucraina fa impennare il prezzo - Ultima modifica: 2022-03-02T15:35:34+01:00 da K4

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