Proteoleaginose, Italia troppo dipendente dalle importazioni

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Nonostante negli ultimi dieci anni le quote di auto approvvigionamento di soia, girasole e colza siano aumentate molto, la mangimistica italiana resta troppo esposta verso l'estero per quanto riguarda le materie prime proteiche. È quanto emerso al primo forum cereali e colture industriali con focus sulle colture proteiche e oleaginose, organizzato da Anb Coop e Nomisma

I dati Nomisma dicono che le filiere zootecniche scontano ancora uno scarso auto approvvigionamento di materie prime proteiche a fronte di una produzione di mangimi in crescita (+1,3% sul 2018), spinta dalla richiesta degli allevamenti soprattutto quelli avicoli, il cui patrimonio è aumentato del 10% nel decennio. Va comunque sottolineato che più fattori (Pac, prezzi remunerativi e calo delle superfici coltivate a mais da granella in Italia), hanno incentivato gli agricoltori a investire in proteoleaginose.

Il grado di auto approvvigionamento della soia è passato dal 20 al 36% nel periodo 2009-2019 e il Paese mantiene saldamente la leadership della produzione in Europa. Stesso trend per il girasole, dal 43 al 57% e per la colza, dal 30 al 51%. C’è poi da annotare che circa il 23% delle imprese alimentari, intervistate nella survey Nomisma sugli effetti del Covid-19, intende incrementare la fornitura regionale di materie prime.

È quanto emerso al primo forum cereali e colture industriali con focus sulle colture proteiche e oleaginose, webinar organizzato dalla nuova partnership Anb Coop associazione di agricoltori con più di 3.000 soci su territorio nazionale che fa parte del gruppo Cgbi-Confederazione generale bieticoltori italiani, e Nomisma. L’evento ha dato il via a una serie di incontri che metteranno al centro l’agricoltura e la ricerca e che coinvolgeranno imprenditori, industriali, esperti di settore e rappresentanti delle istituzioni, con l’obiettivo di affrontare il mutevole scenario della domanda-offerta e le dinamiche di un mercato globalizzato e favorire la condivisione di strategie produttive e commerciali tra i principali player.

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Da sinistra: Denis Pantini, Enrico Gambi, Paolo De Castro e Enrico Zavaglia

Pantini: «Necessarie filiere più forti»

«Il Covid-19 ci lascia in eredità uno scenario complicato e in continua evoluzione dove però si possono individuare alcuni punti fermi – ha detto il responsabile Agroalimentare di Nomisma Denis Pantini – tra questi una maggior necessità di fare filiera nei comparti agroalimentari sia alla luce della rinnovata rilevanza strategica riconosciuta al settore da parte delle istituzioni e dell’opinione pubblica, sia dallo stesso consumatore che vede nell’italianità e nella sostenibilità delle produzioni i principali valori ricercati al momento degli acquisti alimentari».

Gambi: «Impegnati per garantire reddito agli agricoltori»

«Creare filiere produttive che garantiscano reddito all’agricoltore è da sempre l’obiettivo e il valore aggiunto di Anb Coop. Opereremo per rafforzare l’interprofessione delle proteoleaginose e per mettere insieme, attorno allo stesso tavolo, coltivatori, allevatori, mangimisti e industriali al fine di migliorare l’efficienza e gli standard quali-quantitativi delle produzioni – ha dichiarato Enrico Gambi in rappresentanza di Anb Coop – nell’era post-covid si riscopre finalmente l’importanza dell’approvvigionamento di materie prime. La collaborazione con Nomisma ha lo scopo di rendere più profittevole il sistema riequilibrando i rapporti tra gli attori in gioco».

De Castro: «Dall'Ue nuovi strumenti per gli agricoltori»

«La grande partita del New Green Deal, con le due strategie Farm to Fork e Biodiversity, sono una grande opportunità per rafforzare le filiere produttive anche nel settore dei cereali e delle colture proteiche – ha ribadito il coordinatore S&D alla commissione Agricoltura del Parlamento europeo, oltre che membro effettivo delle commissioni Bilanci e Commercio internazionale della stessa Eurocamera Paolo De Castro – uno strumento su cui fare leva in chiave ambientale, economica e sociale nell'interesse degli agricoltori e degli operatori lungo la catena del valore, che può concorrere oltre tutto a ridurre la storica dipendenza dall'estero di queste materie prime».

Mangimistica sempre più "straniera"

Enrico Zavaglia, trading manager OilSeed Dept di Cereal Docks, ha aggiunto: «Il nostro Paese sarà sempre più dipendente dalle importazioni di materie prime per l’industria mangimistica. Ciò dovrebbe stimolare di più la valorizzazione delle nostre produzioni e filiere. Forte è l’interesse del consumatore per prodotti ottenuti nel rispetto della sostenibilità ambientale, provenienti da un sistema alimentare sano, ecocompatibile ed equo. Tutti gli attori della filiera dovrebbero capire che la nostra agricoltura potrà cavarsela solo se riusciremo a fare veramente squadra, “dal campo alla tavola”. Il primario attendeva da tempo l’occasione di manifestare la sua valenza e paradossalmente il Covid-19 ci ha reso più consapevoli. Ora dobbiamo cogliere questa opportunità per distinguerci nel mare indistinto delle commodity».

«In Italia la dipendenza dall’estero per le materie prime vegetali è purtroppo in crescita. Oggi produciamo solo il 40% rispetto al fabbisogno complessivo di cereali e semi proto-oleaginosi – ha ribadito in conclusione il presidente di Assalzoo Marcello Veronesi – il dato è ancora più allarmante per le sole farine proteiche, di cui la soia rappresenta quella largamente maggioritaria, che pur vedendo l’Italia il maggior produttore europeo, accusa una dipendenza dall’estero di oltre l’80%. È urgente una politica agricola nazionale che sappia invertire questa tendenza».

Proteoleaginose, Italia troppo dipendente dalle importazioni - Ultima modifica: 2020-06-25T14:04:08+02:00 da Redazione Terra e Vita

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