Impianti agrivoltaici, tutti i requisiti per coltivare producendo energia

impianti agrivoltaici
Impianto di fertirrigazione nel parco agrivoltaico dell’azienda Zangrandi
Pubblicate le prassi di riferimento Uni. Tra gli aspetti chiariti dalla normativa le tipologie di impianto e le tecnologie utilizzabili

L’Ente italiano di normazione ha pubblicato il documento “Prassi di riferimento Uni/PdR 148:2023” che introduce prescrizioni tecniche sugli impianti agrivoltaici. Le norme sono state elaborate da Uni insieme agli esperti di Enea, Università Cattolica e Rem Tec e fanno seguito al testo posto in consultazione pubblica dei mesi scorsi. Il documento è strutturato in modo da definire una panoramica delle tipologie e delle applicazioni dei sistemi agrivoltaici, classificandoli, definendone i requisiti e fissandone le best practice con l’obiettivo che i sistemi agrivoltaici rispettino il principio di integrazione reciproca tra agricoltura e tecnologia fotovoltaica, in linea con la normativa vigente in materia.

Il documento definisce i requisiti di base per la redazione e presentazione di progetti inerenti impianti agrivoltaici e analisi multicriteria per la valutazione dei progetti.

La prassi di riferimento si propone di fornire requisiti relativi ai sistemi agrivoltaici partendo dal contesto tecnico normativo esistente in materia di impianti fotovoltaici e attività agricole.

Il documento si completa di quattro appendici:

1. riferimenti legislativi e normativi per i requisiti di sicurezza di impianti agrivoltaici;

2. approfondimento su criteri di resa e fertilità del suolo;

3. approfondimento sull’integrazione dei sistemi agrivoltaici con il paesaggio;

4. ricadute sul territorio e sulla comunità

Per un’analisi di maggior dettaglio si rimanda alla fonte. La prassi di riferimento è pubblicata sul sito di Uni (https://www.uni.com/una-prassi-di-riferimento-per-i-sistemi-agrivoltaici/). Rimarrà in vigore per cinque anni, duranti i quali chiunque ritenesse di poter fornire suggerimenti per un suo miglioramento li potrà inviare all’Uni e, superati i quali, potrà essere trasformata in un documento normativo (Uni, Uni/TS, Uni/TR) oppure dovrà essere ritirata.

Va detto infatti che la prassi di riferimento Uni/PdR 148:2023 non è una norma nazionale, ma è un documento pubblicato da Uni, come previsto dal Regolamento Ue n.1025/2012, che raccoglie prescrizioni relative a prassi condivise all’interno del gruppo di lavoro ristretto di esperti.

Raccolta nel parco Agrivoltaico dell’Azienda di Giovani Zangrandi - San Nazzaro (Pc)

Tipi di impianto agrivoltaico

Un requisito fondamentale degli impianti agrivoltaici è che il terreno su cui insiste l’impianto fotovoltaico venga usato per svolgere attività agricole. Nella fase di progettazione dell’impianto agrivoltaico, si deve tenere conto dell’altezza libera da terra in modo che i lavoratori o le macchine agricole possano lavorare senza pericolo e garantire che le macchine agricole possano circolare al di sotto dei moduli fotovoltaici.

La Prassi di riferimento Uni/PdR 148:2023 indica parametri e caratteristiche tecniche dettagliate di valido supporto nella progettazione di questa tipologia di impianti che tanto interesse sta raccogliendo nell’ambito dello sviluppo delle rinnovabili legate alle attività agricole.

Gli impianti agrivoltaici elevati permettono lo svolgimento delle pratiche agricole al di sotto dei moduli FV e della struttura di sostegno dei moduli.

L’altezza dell’impianto è quindi definita in funzione dell’attività svolta e dei macchinari o animali che devono transitare sotto l’impianto. Questi sono gli impianti considerati maggiormente integrati con l’agricoltura e ad elevato valore aggiunto.

Gli impianti agrivoltaici interfilari, per contro, generalmente non permettono lo svolgimento dell’attività agricola sotto i moduli FV, ma solamente tra le file dei moduli e pertanto costituiscono sistemi con ridotto grado di integrazione con l’agricoltura.

L’altezza libera da terra è definita in modo differente a seconda che l’impianto sia fisso o a inseguimento perché, in caso di moduli installati su strutture a inseguimento, in questo caso è misurata con i moduli collocati alla massima inclinazione tecnicamente raggiungibile.

Per la definizione di impianto agrivoltaico elevato, l’altezza libera da terra viene stabilita in fase di progettazione in funzione dell’attività agricola svolta. In ogni caso, la “Prassi di riferimento Uni/PdR 148:2023 indica che debba essere maggiore di 2,1 m per permettere lo svolgimento delle più comuni pratiche agricole, nonché lasciare flessibilità alla scelta della tipologia di attività agricola che può anche cambiare nel corso della vita utile dell’impianto.

Un possibile impiego in ambito zootecnico

Se il terreno soggiacente è dedicato al pascolo, occorrono 1,3 m per permettere il passaggio degli animali e per assicurare flessibilità alla scelta della tipologia di pascolo, attività agricola che può anche cambiare nel corso della vita utile dell’impianto.

Il tavolo di lavoro che ha redatto la Prassi di riferimento ha precisato però in una nota che ritiene l’altezza libera di 1,3 m per l’attività zootecnica non sufficiente perché anche nel caso di attività zootecniche, la gestione del suolo necessita comunque di mezzi agricoli convenzionali, simili a quelli utilizzati per le altre colture agricole.

A differenza degli impianti agrivoltaici elevati, gli impianti agrivoltaici interfilari permettono lo svolgimento dell’attività agricola solo tra le file dei moduli fotovoltaici. In questo caso si tratta quindi di uso combinato del suolo e non di uso e la sinergia tra impianto e coltura è limitata. Per contro, l’integrazione tra l’impianto agrivoltaico e la coltura o il pascolo si può esplicare nella protezione della coltura compiuta dai moduli fotovoltaici che operano come barriere frangivento o come riparo per gli animali.

Nella foto, il parco fotovoltaico che Giovanni Zangrandi ha installato sui suoi terreni ormai da oltre un decennio a San Nazzaro di Monticelli d’Ongina (Pc). L’imprenditore piacentino, associato a Confagricoltura Piacenza, di cui è stato lungamente vicepresidente e ancora componente del Consiglio direttivo, è stato infatti tra i primi al mondo a sperimentare questo tipo di tecnologia che prevede sì l’installazione di pannelli fotovoltaici su suolo, ma a 4.5 metri dalla terra e sotto consente la coltivazione, con una perdita minima di sau. L’impianto è da 3.5 MW e si sviluppa su 20 ettari. L’area ha ulteriormente migliorato le rese da quando è stato realizzato l’impianto di sub-irrigazione e negli anni è stata oggetto di prove sperimentali che Zangrandi ha effettuato con il gruppo di esperti dell’Università Cattolica guidato dal professor Stefano Amaducci. A Castelvetro, non molto lontano da questo campo, Zangrandi ha realizzato un altro campo agrivoltaico di ulteriori otto ettari.

Tecnologia delle celle

Le celle realizzate in silicio sono al momento le più diffuse e non sono diverse da quelle già disponibili commercialmente nel mercato fotovoltaico tradizionale. Le Prassi di riferimento Uni/PdR 148:2023 indicano l’impiego di moduli bifacciali come scelta raccomandata nel caso di strutture elevate, poiché incrementa la produzione a parità di superficie occupata grazie al fattore di riflessione (albedo) delle coltivazioni.

Le celle in silicio cristallino hanno subito una profonda trasformazione nella dimensione della superficie, che è andata aumentando passando dalle celle di dimensione tipica 5”, pari a circa 125 mm, fino a celle di area maggiore, con dimensioni nominali lineari di 210 mm.

Un altro aspetto innovativo è dato dalle interconnessioni elettriche delle celle. Con il tempo il numero di contatti presenti sulla parte frontale e posteriore delle celle è andato via via aumentando fino a sviluppare celle con 12 contatti e celle interconnesse con “multi wire”.

Sistemi fissi e a inseguimento

I sistemi per la captazione dell’energia solare si dividono in sistemi fissi o a inseguimento (tracker) a uno o due assi.

L’inseguitore monoassiale consente di ottenere incrementi di produzione del 20-25% rispetto a un sistema fisso, in relazione alla latitudine del sito, mentre l’inseguimento su due assi permette di ottenere incrementi di produzione maggiori anche del 30%. Tuttavia, possibili problemi legati all’occupazione di spazio, alla ventosità del sito e al costo delle strutture non consentono in tutti i casi il ricorso a questa seconda soluzione.

Disponibilità e omogeneità dell’irraggiamento

Le Prassi di riferimento Uni/PdR 148:2023 riportano in modo dettagliato le caratteristiche che i sistemi agrivoltaici devono presentare per un’integrazione ottimale con l’attività agricola.

I pannelli causano un ombreggiamento e la disponibilità e l’omogeneità dell’irraggiamento a terra devono essere prese in considerazione in tutte le fasi di progettazione dell’impianto e verificate secondo la proposta colturale agricola. L’idoneità delle specie vegetali alla coltivazione in agrivoltaico può essere basata sulle loro curve di risposta alla luce al fine di descrivere come il tasso di fotosintesi varia in funzione della luce.

In particolare, le curve di risposta alla luce della CO2 sono caratterizzate da due parametri significativi. Il punto in cui l’attività fotosintetica della pianta eguaglia la respirazione, definito come Punto di Compensazione della Luce (Lcp) e il Punto di Saturazione della Luce (Lsp) in cui il tasso fotosintetico raggiunge il massimo, oltre il quale ulteriori incrementi di luce non aumentano l’assimilazione.

In generale, le colture sensibili all’ombra necessitano di un’intensità media giornaliera della Radiazione di Attivazione della Fotosintesi (Par) superiore a Lcp per ottenere una resa commerciabile. In letteratura, la riduzione relativa della resa osservata in varie condizioni sperimentali di agrivoltaico è stata riportata per diverse colture. Nella maggior parte dei casi, con una riduzione dell’intensità della radiazione tra il 20% e il 40%, la riduzione della resa è stata tra il 20% e il 25%. Questi dati evidenziano una forte variazione nella risposta all’ombreggiamento tra le specie di colture.

Colture sotto i pannelli nel parco Agrivoltaico dell’Azienda di Giovanni Zangrandi

Superficie minima coltivata

Nel caso di impianti agrivoltaici elevati, la superficie utilizzabile a scopi agricoli è rappresentata dalla porzione di terreno non occupata dalla struttura dell’impianto ed esclude anche la distanza che occorre mantenere dalle singole componenti per garantire l’effettiva lavorabilità del terreno e rispettare i requisiti di sicurezza per macchine e persone (per es. mantenere distanza di sicurezza tra il passaggio dei macchinari agricoli e la struttura dell’impianto agrivoltaico).

Al fine di garantire che sugli appezzamenti si continui a praticare attività agricola, la percentuale rispetto alla destinazione d’uso della superficie precedente all’installazione è stata definita dalle Linee Guida Mite pari al 70%. Questo valore garantirebbe anche il rispetto delle Buone Pratiche Agricole.

Integrazione delle attività agricole con la gestione degli impianti

Il Land Equivalent Ratio (Ler) si utilizza per calcolare l’efficienza nell’uso del suolo per un sistema a un solo indirizzo produttivo (es. solo agricolo o solo elettrico nel caso di fotovoltaici montati a terra) rispetto a un sistema combinato così come può essere il sistema agrivoltaico.

I sistemi agrivoltaici che presentano un valore di Ler > 1 indicano che la produzione agricola ed elettrica del sistema agrivoltaico è più elevata della produzione separata di colture e energia elettrica; al contrario valori di Ler < 1 indicano che la produttività del sistema agrivoltaico è inferiore alla produzione separata elettrica e agricola.

Il Ler è un indice di valutazione da calcolare su diversi anni a causa delle variazioni degli elementi climatici.

Le Prassi di riferimento Uni/PdR 148:2023 riportano che i risultati presenti in letteratura hanno dimostrato come colture coltivate in ambiente agrivoltaico riescono ad utilizzare l’acqua più efficientemente, tollerano meglio le temperature elevate e sono protette da eventi meteorologici quali ad esempio grandine, stress termico, siccità. Inoltre, è stato dimostrato che il rapporto tra colture e pannelli fotovoltaici è sinergico e può portare a incrementi di produzione elettrica.

Sono tre principalmente i vantaggi connessi all’incremento della produzione elettrica grazie alla presenza delle colture. L’attività evapotraspirativa delle colture, in quanto riducendo la temperatura dell’aria in prossimità dei pannelli provoca un effetto di cooling della superficie del pannello che in questo modo permette un aumento dell’efficienza energetica. La riduzione dell’accumulo di polvere e altri materiali sui pannelli grazie alla presenza delle colture rispetto a una condizione di suolo nudo (non coltivato).

Infatti, una delle problematiche principali riportate per gli impianti fotovoltaici a terra è la diminuzione di produzione energetica a causa dell’accumulo di polveri sulla superficie del pannello fotovoltaico. L’albedo delle colture che rappresenta un vantaggio per migliorare l’efficienza energetica dei pannelli fotovoltaici grazie alla presenza delle colture al di sotto dei pannelli fotovoltaici rispetto al suolo nudo. Infatti, la capacità delle colture di riflettere maggiormente la luce (albedo) rispetto ad un suolo nudo utilizzando pannelli bifacciali può incrementare la produzione energetica del sistema.

Quanto alle complessità da tener presenti, le Prassi di riferimento Uni/PdR 148:2023 evidenziano che nei sistemi agrivoltaici, la gestione agronomica del suolo e delle colture può generare delle problematiche per l’accumulo di polveri sui moduli fotovoltaici.

Vi sono tuttavia degli accorgimenti da poter attuare al fine di ridurre questo fenomeno, per esempio attraverso la gestione delle macchine e dell’inclinazione dei pannelli fotovoltaici durante le lavorazioni: aumentando l’inclinazione, il rischio che la polvere si accumuli risulta minore. Un ulteriore accorgimento è quello di far combaciare, laddove possibile, l’ingresso in campo delle macchine per diverse attività agronomiche. Questo accorgimento permetterebbe anche di prevedere la pulizia dei pannelli fotovoltaici in determinati intervalli di tempo evitando di effettuarla ogni qualvolta si effettuano delle operazioni agrarie.

Un ulteriore aspetto da considerare per le operazioni di pulizia dei pannelli riguarda la definizione di interventi da effettuare in determinate fasi del ciclo colturale a seconda della coltura che si ha in campo. Infatti, se vi è una coltura che durante la fase di fioritura tende a rilasciare nell’aria una quantità di polline tale da accumularsi sui pannelli, è bene operare al termine di questa fase fenologica o successivamente alle varie fasi agronomiche. Un altro aspetto riguardante le lavorazioni in campo da attenzionare riguarda la velocità di lavorazione delle macchine, in quanto maggiore è la loro velocità maggiore è il sollevamento di polvere dal suolo. Quindi, gestendo contemporaneamente gli aspetti precedentemente descritti è possibile migliorare la gestione del sistema agrivoltaico.

Altri aspetti da tenere in considerazione per una migliore integrazione dell’attività agricola con l’impianto fotovoltaico sono: la scelta delle macchine e degli organi lavoranti in base alla distanza fra i singoli tracker o in base all’altezza dei pannelli; la pratica agronomica scelta (per es. minimum tillage, zero tillage, strip-tillage, ecc.) in base al tipo di coltura e di suolo così da gestire efficacemente l’impianto agrivoltaico; l’altezza delle colture in base al tipo di sistema agrivoltaico; le diverse soluzioni tecnologiche che possono essere utilizzate al fine di poter migliorare l’integrazione del sistema agrivoltaico con l’attività agricola. Una di queste riguarda l’utilizzo dell’acqua piovana.

Un sistema di raccolta dell’acqua dalla superficie dei moduli fotovoltaici del sistema agrivoltaico può svolgere una doppia funzione: utilizzare l’acqua raccolta per pulire i moduli dalla polvere e dall’accumulo di altri materiali e fornire una riserva irrigua specialmente nei mesi siccitosi. L’uso dell’acqua raccolta, combinata a sistemi di microirrigazione, consentirebbe un’ulteriore efficienza nell’utilizzo d’acqua da parte delle colture.


1Fertilità del suolo

Le misurazioni sulla fertilità del suolo sono richieste obbligatoriamente per gli impianti agrivoltaici avanzati che accedono ai fondi del Pnrr (requisito E.1 delle Linee Guida Mite). Tuttavia, si ritiene siano degli indicatori efficaci dell’impatto dell’agrivoltaico sulla capacità del suolo di fornire importanti servizi ecosistemici ed è quindi consigliabile monitorarli in tutti i sistemi agrivoltaici.


2Resa agricola

La resa agricola si valuta in base al tipo di colture previste sotto l’impianto e per più anni. Nelle Linee Guida Mite, al contrario di quanto indicato per la superficie minima da coltivare, non è indicato un valore minimo di resa agricola in ambiente agrivoltaico, ma le Prassi di riferimento Uni/PdR 148:2023 suggeriscono che nell’area interessata dal sistema agrivoltaico, per l’Italia, una riduzione della resa agricola del 30% potrebbe essere un valore di riferimento.


3Rendimento Energetico

Per poter garantire che i sistemi agrivoltaici rappresentino una vera alternativa ai sistemi fotovoltaici tradizionali, è importante garantire che anche la producibilità elettrica dell’impianto rispetto all’area occupata dallo stesso non si discosti di troppo rispetto a quella di un impianto fotovoltaico tradizionale installato sulla stessa superficie. Nello specifico, si chiede sia ≥ 0,6 rispetto a quella di un impianto tradizionale.

Impianti agrivoltaici, tutti i requisiti per coltivare producendo energia - Ultima modifica: 2023-10-03T08:00:20+02:00 da K4

1 commento

  1. Ho un terreno di circa 7 ha e vorrei utilizzarlo per un possibile impianto agrivoltaico. Come fare? Potrei avere i Vs consigli? Grazie

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