Questa avversità, presente e segnalata in Italia già dagli anni ’20, è causata dal fungo Gnomonia leptostyla e dal suo anamorfo Marssonina juglandis.
L’antracnosi viene favorita da un andamento climatico caldo-umido e da uno scarso arieggiamento della pianta, che si può verificare attraverso un eccessivo lussureggiamento della chioma, con un incontrollato sviluppo delle erbe infestanti, oppure con l’ombreggiamento eccessivo causato dalla vicinanza di boschi o di fasce frangivento.
In condizioni favorevoli alla malattia si possono avere defogliazioni precoci, sviluppo di estesi cancri rameali a cui spesso segue il disseccamento di porzioni di chioma e degenerazione dei frutti, seme compreso.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
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I danni sulle parti giovani
La malattia colpisce prevalentemente le giovani porzioni ancora verdi della pianta come le foglie, i germogli, il rachide e i frutti ma, solo in sporadiche occasioni, anche i rami, le branche e il tronco. Le avvenute infezioni si rendono manifeste con la comparsa di macchie bruno-nerastre, tendenzialmente tondeggianti, isolate sugli organi o confluenti, spesso, ma non sempre, circondate da alone clorotico.
Con il progredire della epidemia, la parte centrale delle lesioni tende ad assumere un aspetto grigio polveroso a cui successivamente fanno seguito vistose lacerazioni dei tessuti. Sui frutti, compaiono estese necrosi del pericarpo che, in caso di gravi attacchi, può indurne una precoce cascola. Alla necrosi del mallo può seguire anche l’alterazione ed atrofizzazione del seme. Anche sugli organi legnosi la manifestazione della malattia porta alla formazione di tacche necrotiche depresse che col tempo possono degenerare in cancri spesso fessurati, la cui profondità ed estensione dipende dalla precocità dell’attacco. I danni possono risultare gravi su piante adulte di noce comune e noce nero, che risultano entrambe suscettibili alla malattia mentre, al contrario, M. juglandis non costituisce un problema in vivaio dove gli attacchi risultano sporadici e per lo più legati a situazioni colturali anomale, come l’eccessivo ombreggiamento.
Il processo d’infezione
Il patogeno sverna principalmente sulle foglie cadute a terra sulle quali sviluppa la forma perfetta G. leptostyla. Il rilascio delle ascospore, organi di riproduzione sessuata del fungo e principali responsabili dell’infezione primaria, per lo più coincide con la schiusura delle gemme e si protrae per un periodo di tempo piuttosto lungo, andando a coprire il periodo di maggiore recettività dell’ospite. Sui tessuti lesionati, invece, si differenziano gli acervuli di M. juglandis, piccoli corpiccioli brunastri spesso disposti in file concentriche, dai quali vengono rilasciati i conidi che assicurano le numerose infezioni secondarie che si susseguono dall’inizio della vegetazione fino al termine dell’estate.
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Misure agronomiche virtuose
La difesa da questa avversità, non fra le più dannose di questa specie, fa ricorso principalmente ad adozione di misure agronomiche virtuose come la scelta, in sede di impianto, di varietà tolleranti, la cura dell’arieggiamento della chioma, e la riduzione dell’inoculo primario. La difesa chimica passa attraverso l’impiego di trattamenti con principi attivi a base tebuconazolo (massimo 2 applicazioni all’anno), captano (massimo 4 applicazioni all’anno e da impiegare entro il termine della fioritura) e rame, avendo cura di non superare il limite quantitativo annuale di 4 kg di ione rame /ha e tenendo presente che i trattamenti rameici eseguiti nei confronti della assai più temuta batteriosi, risultano efficaci anche nei confronti dell’antracnosi.