L’acquaponica del futuro che nasce dal territorio

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Lorenzo Cannella e Arturo Mannino
Mangrovia è una giovane realtà premiata da Confagricoltura. L’azienda ha un impianto a Scicli, nel ragusano. E ha l’obiettivo di diffondere le buone pratiche di sostenibilità partendo dall’esempio della sua produzione

Trentadue anni e già da cinque porta avanti la sua idea di agricoltura. Lorenzo Cannella con Mangrovia, a Sampieri, nel comune di Scicli (Ragusa), vuole produrre in modo diverso, puntando al futuro, con soluzioni a basso impatto. Laureato in scienze ambientali e specializzato in itticoltura, dopo un’esperienza lavorativa negli Usa, Lorenzo ritorna nella sua isola, la Sicilia, pensando di avviare un progetto innovativo di acquaponica.

L’esperienza straniera è servita come base di lancio, per il resto è stato tutto frutto di una continua sperimentazione alla ricerca delle combinazioni ideali per le condizioni siciliane. Parte una start up e l’incontro con Arturo Mannino, produttore di avannotti del catanese, gli permette di implementare il progetto, avviando una partnership. Entrambi, infatti, nel 2019, si aggiudicano il terzo posto nella categoria “Reti d’imprese” del premio nazionale per l’innovazione in agricoltura di Confagricoltura.

«Ci siamo conosciuti come cliente e fornitore, spiega Cannella. Potevamo diventare competitor ma abbiamo scelto di essere complementari. Vogliamo rappresentare un esempio positivo e un invito ad altri giovani coraggiosi a ritornare in Sicilia per investire».

«La parte più complessa, racconta Cannella, era l’individuazione delle specie migliori sia per le condizioni di coltivazione sia per le richieste di mercato. Inizialmente, eravamo rivolti al mercato diretto o attraverso punti terzi e di ritiro. Ma l’acquaponica è ancora poco diffusa in Italia ed è importante non solo produrre bene, ma soprattutto spiegare di cosa si tratta e fare una corretta divulgazione. Per questo preferiamo il contatto diretto con i clienti».

Così è partita l’avventura su una superficie di un ettaro in cui erano già presenti delle vecchie serre ed è stato scelto il nome Mangrovia. «Volevamo richiamare, continua Cannella, sia la pianta acquatica sia la filosofia ecosistemica dove si mettono in relazione i tre mondi: aereo, terrestre e acquatico. L’azienda vuole, infatti, vuole rappresentare un punto di incontro per il territorio organizzando anche diversi percorsi educativi e informativi. Ci battiamo quotidianamente per contrastare la cultura dello spreco e per tessere un ecosistema comunitario e territoriale».

Come funziona l’acquaponica

Gli escrementi dei pesci sono costituiti in larga parte da ammonio, che anche in modeste quantità risulta tossico e conduce i pesci alla morte. Tramite un filtro meccanico si separa il particellato solido grossolano e la rimanente parte, ormai disciolta, attraverso un filtro biologico viene trasformata dai batteri nitrificatori da ammonio in nitrato. Questo non significa che il nitrato sia l’unico nutriente originato dai pesci, ma si ha anche un’alta concentrazione di fosfati. Un sistema idraulico porta l’acqua con i nutrienti disciolti alle piante che operano una “purificazione” della soluzione. Quest’ultima può, così, essere riutilizzata dai pesci. Giornalmente l’acqua viene aggiunta alle vasche ed il monitoraggio è costante. Il sistema è chiuso e permette di registrare un risparmio idrico fino al 90%.

La sostanza organica solida scartata dal filtro meccanico, invece, viene estratta dalle acque e convogliata in vasche dove, attraverso mineralizzazione aerobica, si trasforma in sostanza inorganica. Questo processo dura circa 1 mese (in relazione alla stagione) e porterà ad avere una parte liquida che sarà aggiunta al sistema idroponico e una parte solida che sarà destinata alle coltivazioni in terra. La nutrizione delle piante avviene, quindi, sia per via diretta sia per via indiretta tramite questa lavorazione aggiuntiva di quello che poteva essere considerato uno scarto.

Le serre che ospitano i pesci sono fisicamente separate da quelle in cui vengono coltivate le piante e presentano coperture scure per evitare la crescita di alghe che diminuirebbe l’efficienza del sistema. Per il futuro Lorenzo pensa alla partecipazione di bandi del Psr Sicilia che permettano di acquistare serre maggiormente performanti con sistemi di raffrescamento dell’ambiente come il cooling, strutture con maggiore cubatura ed aperture al colmo.

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Le piante vengono coltivate in idroponica impiegando le acque “depurate” derivanti dalle vasche di allevamento dei pesci (foto L. Cannella)

Un sistema in equilibrio

Acquaponica e idroponica hanno approcci diversi, ma in un sistema come questo è necessario trovare un equilibrio affinché possano convivere pesci, piante e batteri. Un pH intorno a 6,5 rappresenta il giusto compromesso per garantire una buona produzione per le piante e le condizioni idonee al mantenimento della vita di pesci e batteri. La conducibilità elettrica (Ce) oscilla tra 1500 – 1800 mS/cm con valori anche più elevati in estate. Il continuo passaggio da sostanza organica e inorganica comporta una variazione costante della Ce di cui, quindi, non si registrano valori fissi.

La complessità del sistema stesso rappresenta la sua protezione e per questo non si esegue alcun trattamento sterilizzante o utilizzo di sostanze chimiche per la difesa fitosanitaria. Periodicamente si aggiunge del ferro e, in alcuni casi, anche magnesio. Con la medesima soluzione nutritiva si coltivano almeno 15 referenze differenti, collocate in pannelli di polistirene aventi un numero di fori variabile in relazione alla varietà ed al tipo di taglio (alcune colture si tagliano allo stato precoce, altre a quello finale). La produzione è continua, non si hanno tempi morti e nell’arco di 24 ore si effettua il raccolto ed il nuovo trapianto. Per una lattuga, ad esempio, si effettuano circa 12 cicli all’anno.

La qualità delle produzioni

Per quanto riguarda il pesce persico (Micropterus salmoides) di 400 g, 600 g e 800 g si attesta una produzione totale di circa 1 ton/anno. Per quanto concerne le piante, l’offerta riguarda lattughe, lattughini, cicorie, cavoli a cui si è aggiunto il gruppo delle baby leaf destinate principalmente all’alta ristorazione.

Le piante coltivate da Mangrovia sono belle, buone, croccanti, gustose. Inoltre, sono pulite in quanto non sono coltivate in terra e prive di scarto. Questo risultato è possibile, innanzitutto, grazie alla coltivazione in ambiente protetto e anche alla difesa preventiva che permette di mantenere bassa la comunità di insetti. Si usano, quindi, trappole cromoattrattive, zolfo, bicarbonato, inoculi fogliari di Bacillus, tutto secondo un piano di lotta biologica che coadiuva al mantenimento dell’equilibrio del sistema.

La gestione delle componenti nutritive all’interno dell’acqua e di quelle strumentali è l’aspetto che contraddistingue la produzione e ne rappresenta anche la parte più delicata. I sistemi naturali sono molto resilienti, ma anche fragili per cui è necessario evitare qualsiasi causa di alterazione dell’equilibrio. L’azienda è infatti dotata di sistemi di allarme sempre attivi ed un gruppo elettrogeno in caso di malfunzionamenti elettrici.

Serra con vasche per la coltivazione delle piante (foto L. Cannella)

Il marchio Made in Ethical Italy

La nostra produzione vuole essere intenzionalmente legata a piccoli numeri e rivolta ad un mercato di nicchia. Si tratta di un modello di business difficilmente riconosciuto, soprattutto nel nostro territorio. Noi puntiamo al food e al turismo legati all’ambiente e al territorio proponendo esperienze aziendali ai consumatori. Si tratta di proporre una modalità diversa di vedere l’agricoltura. Prodotto a km zero con un impatto minimo sull’ambienti che può portare avanti l’idea di economia circolare quindi di riutilizzo delle risorse e degli scarti.

«Stiamo molto attenti all’etica e per questo non compriamo prodotti da altre aziende. Programmiamo in base alle richieste dei clienti e vorremmo inserire delle varietà antiche o autoctone che le ditte sementiere non producono con l’idea di partecipare ad una produzione che possa essere condivisa con sementi open source e che valorizzi soprattutto queste varietà quasi dimenticate o di nicchia».

L’azienda è tra le prime realtà locali a fregiarsi del marchio Made in Ethical Italy, un marchio assegnato da una rete di organizzazioni del terzo settore alle aziende sane, etiche ed eque.

L’acquaponica del futuro che nasce dal territorio - Ultima modifica: 2022-05-20T12:32:21+02:00 da K4

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