Da produttore a “sequestratore” di CO2 grazie all’innovazione

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Ernesto Folli, titolare di un'azienda agricola della provincia di Cremona, racconta come ha rivoluzionato la sua attività grazie all'utilizzo dei liquami e del digestato prodotto dall'impianto a biogas. Più efficienza, risparmio e minor impatto ambientale grazie al sequestro della CO2

Aumento del 53% del raccolto di mais da foraggio passato da 65 a 100 tonnellate per ettaro. Incremento del carbonio organico da mezza a una tonnellata per ettaro in dieci anni. Riduzione del 16% del consumo di carburante e del 20% di acqua, oltre a circa 4 tonnellate di CO2 in meno immesse in atmosfera. Ma anche una significativa riduzione dei costi. Questi i risultati ottenuti negli ultimi anni grazie all'innovazione e al supporto del Consorzio italiano biogas dall'azienda agricola Palazzetto di Zanengo, nel comune di Grumello Cremonese (CR): 330 ettari coltivati a mais, triticale, erba medica e loiessa tra proprietà e affitti, una stalla con 300 vacche da latte e, soprattutto, un impianto a biogas da 1 MW. È proprio il digestore entrato in funzione nel 2009 ad aver segnato la svolta. Ernesto Folli, il titolare dell'azienda, racconta perché.

L'idea meravigliosa

«Da tempo pensavo di realizzare nella mia azienda un impianto a biogas - racconta l'ex presidente di Unalat, l’Unione Nazionale delle associazioni di produttori di latte bovino - così nel 2007 ho iniziato a viaggiare, soprattutto in Germania e Austria, per andare a vedere da vicino impianti già avviati - e nel 2009 ho costruito un impianto da un Megawatt che utilizza tutti i liquami prodotti dalla stalla più i sottoprodotti dell'azienda agricola. Da quel momento c'è stato un cambio radicale nel modo di gestire tutte le attività, in campo e in stalla».
Innanzitutto è cambiato l'ordinamento colturale, Folli ha via via introdotto i doppi raccolti, oggi praticati su oltre il 70% della superficie coltivata. Poi c'è stata una sorta di rivoluzione agronomica, spinta dall'opportunità di utilizzare il digestato come fertilizzante. Questo ha permesso di passare dall'aratura alla minima lavorazione, favorendo un incremento della sostanza organica e quindi della produttività.

La stalla e i liquami

L'azienda agricola è condotta dalla famiglia Folli dalla fine del Settecento. Oggi è nelle mani di Ernesto, che a sua volta sta già preparando la strada per i figli. La stalla ospita 300 vacche in mungitura più 330 capi giovani tra manzette e manze. L’intera produzione, con una media di 34-35 litri di latte al giorno per vacca, viene conferita alla filiera di latte fresco ogm free della Padania Alimenti di Casalmaggiore (Cr).
«Possiamo dire che la nostra esperienza con la gestione dei liquami, che ci ha in seguito portato verso il biogas, sia radicalmente cambiata 15 anni fa – sottolinea Folli – perché nel 2002 abbiamo installato i pavimenti grigliati e un sistema di canalizzazione che ci consente di pompare i liquami direttamente in una vasca di stoccaggio. Così abbiamo completamente automatizzato questa attività».

L'impianto a biogas

È stata proprio questa visione imprenditoriale moderna a far fare a Ernesto Folli anche il passo successivo, cioè l’installazione di un impianto a biogas da 1 MW. L’azienda è socia del Cib, ed è stata una delle prime a entrare nel settore delle fonti energetiche rinnovabili nel territorio di Cremona, provincia che oggi detiene il record italiano per numero di impianti in funzione.
L'impianto di Palazzetto è autosufficiente all'80% per quanto riguarda i sottoprodotti da immettere nel digestore, che arrivano direttamente dai campi dell'azienda e da altre realtà della zona che conferiscono sottoprodotti di lavorazione industriale di pomodoro, patate e bietole. L’intera produzione di energia viene immessa in rete e il futuro è la conversione dell'impianto per la produzione di biometano.
Il sistema è dotato di un fermentatore primario, un post-fermentatore e una vasca di stoccaggio che si trova nei campi dell’azienda. È direttamente collegato alla stalla, eliminando qualsiasi attività di gestione dei liquami. Anche la distribuzione della frazione liquida del digestato è completamente automatizzata: Palazzetto è dotata di un sistema di tubazioni interrate che attraversa tutti i campi e uscite che consentono l’attacco delle macchine per la distribuzione.
«Questa soluzione – dice Folli – ci ha sostanzialmente permesso di eliminare il carro-botte, con vantaggi e risparmi facilmente intuibili dal punto di vista dell’impiego di personale, mezzi e gasolio e ovviamente una riduzione delle emissioni inquinanti».

L'innovazione in campo

Le potenzialità dell’impianto vengono esaltate anche dalla ricerca tecnologica che le case costruttrici di macchine agricole hanno sviluppato negli ultimi anni proprio per sfruttare al massimo il digestato. «In azienda – dice Folli – utilizziamo una macchina che con un’unica passata distribuisce e interra il prodotto, lavora il terreno in strip-tillage, e semina. Credo che il biogas abbia dato un notevole impulso alla ricerca tecnica e scientifica, che ha consentito di mettere sul mercato macchine agricole estremamente performanti. Basti pensare che con questo sistema riusciamo a lavorare circa 25 ettari al giorno».

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Più fertilità grazie al digestato

«Nei campi con una composizione sabbiosa utilizziamo prevalentemente la frazione liquida del digestato – sottolinea Folli – mentre sui terreni ricchi di argilla usiamo per lo più la frazione solida, che grazie ai suoi poteri ammendanti e fertilizzanti aumenta notevolmente la lavorabilità della terra. La conseguenza diretta è naturalmente una migliore qualità e quantità delle produzioni». In effetti, gli studi realizzati di recente sui tutti i terreni dell’azienda hanno dimostrato un incremento di sostanza organica e una maggiore capacità di scambio cationico, che rappresenta uno degli indici di fertilità della terra e, conseguentemente, delle sue performance. «Questi sono i vantaggi agronomici – continua l'imprenditore lombardo – ma naturalmente dobbiamo considerare anche quelli economici: grazie all’utilizzo del digestato, l’azienda risparmia circa 40.000 euro l’anno alla voce dei concimi chimici».

Le doppie colture e la CO2

Palazzetto applica il protocollo Biogasfattobene, sviluppato negli ultimi anni dal Cib, che prevede, tra le altre cose, la coltivazione di due diverse colture sullo stesso appezzamento in un anno. I risultati di questo sistema sono stati analizzati dal Crpa di Reggio Emilia e dall'agenzia internazionale Ecofys. È stata calcolata la resa storica dell’azienda relativa alla produzione di una sola coltura e confrontata con il nuovo modello. I risultati mostrano che sono state prodotte grandi quantità di biomassa addizionale a basso rischio Iluc (il cambio di destinazione d’uso dei terreni) e senza diminuzione della produzione foraggera. Inoltre, è stato osservato un aumento sostanziale del carbonio e dei nutrienti del suolo, mentre il loro compattamento è evitato grazie al ricorso a nuove tecniche agronomiche e nuove tecnologie come, per esempio, il sistema ombelicale per la distribuzione e l’immediato interramento del digestato.
Altro aspetto particolarmente positivo che è stato messo in evidenza dallo studio sono le emissioni di anidride carbonica, che grazie al biogas sono diminuite. Tale riduzione è ancora più marcata quando si passa dal biogas tradizionale al biogas con doppi raccolti.
Per finire, se messa a confronto con la coltivazione di mais insilato, la doppia coltura di mais e triticale insilati genera una riduzione dei costi di produzione di entrambi: -21% dei costi dell’insilato foraggero e -43% dell’insilato per la produzione di biogas.
«In estate coltiviamo mais da insilare per il foraggio e per il biogas – precisa Folli – in inverno il triticale da destinare al digestore. Questo sistema presenta notevoli vantaggi: da un lato aumentano le produzioni delle colture, e di conseguenza il reddito aziendale, mentre dal punto di vista dell’impatto ambientale, l’azienda è diventata carbon negative, vale a dire che assorbe CO2 invece di emetterla».

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La soddisfazione del Cib

«Il caso dell’azienda associata Palazzetto – dichiara il presidente del Cib Piero Gattoni – dimostra che un’attività agricola con integrato un impianto a biogas/biometano che applica il modello Biogasfattobene, aumentando l’utilizzo dei terreni con i doppi raccolti e adottando tecniche di lavorazione avanzate e conservative, può ridurre le emissioni e stoccare al suolo carbonio organico immediatamente disponibile per la pianta, neutralizzando così la propria impronta di carbonio. I doppi raccolti non sottraggono spazio al food – precisa Gattoni – indipendentemente dalla loro tipologia e dal loro contenuto amidaceo, poiché si tratta di raccolti aggiuntivi che permettono di accrescere le produzioni agrarie in modo sostenibile per rispondere ai nuovi mercati della bioeconomia. I raccolti aggiuntivi fertilizzati con digestato contribuiscono a migliorare la fertilità del suolo favorendo lo stoccaggio del carbonio organico, diminuendo l’apporto di chimica nei campi, non solo perché diminuisce l’utilizzo di fertilizzanti di sintesi, ma anche di antiparassitari e diserbanti. Infine, favoriscono la resilienza del suolo rispetto ai fenomeni negativi di erosione e dilavamento dei terreni».

Se sei un agricoltore innovatore e vuoi raccontarci la tua storia scrivi a: simone.martarello@newbusinessmedia.it

Da produttore a “sequestratore” di CO2 grazie all’innovazione - Ultima modifica: 2018-06-01T11:22:21+02:00 da Simone Martarello

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