In un contesto ambientale e agricolo fortemente influenzato dai cambiamenti climatici nasce l'esigenza di studiare le migliori strategie di diversificazione colturale, a bassi input chimici e in grado di garantire la resa delle colture e ridurre gli impatti ambientali.
Per aiutare gli agricoltori italiani a far fronte a problematiche come l'erosione e la compattazione del suolo, il basso contenuto in sostanza organica e la contaminazione di terra e acqua, è necessario diversificare i sistemi di coltivazione promuovendone la biodiversità, riducendo l'erosione del suolo con l’incremento del C-sink (sequestro di carbonio) e limitando le emissioni di gas serra.
Questo è l’obiettivo del progetto europeo Divefarming, che coinvolge otto Paesi e di cui il Crea è il referente per l’Italia. In particolare si prefigge di costruire sistemi colturali diversificati a bassi input chimici, in grado di garantire la resa delle colture, aumentare il reddito netto degli agricoltori, ridurre gli impatti ambientali (incrementando fino al 15-20% la sostanza organica del suolo in 10 anni), e migliorare l'organizzazione della catena di valore. Di questo si è discusso in occasione del primo Regional Meeting del progetto che si è svolto di recente presso l’azienda Ferrari (stabilimento di Gariga, Piacenza) uno dei casi studio in cui verrà svolta la sperimentazione.
Rotazione, biodigestato, minimum tillage
Un team di ricercatori del Crea, afferente ai centri di ricerca Agricoltura e Ambiente, Genomica e Bioinformatica e Cerealicoltura e Colture Industriali, in collaborazione con l'Università della Tuscia, Barilla e il Consorzio Casalasco, valuterà per un triennio l’applicazione di sistemi di diversificazione colturale in zone caratterizzate da condizioni pedoclimatiche differenti. Un sondaggio online preliminare e una successiva analisi multicriterio hanno fornito gli strumenti per selezionare quattro casi-studio del Nord Mediterraneo ed effettuare una rotazione colturale, altamente rappresentativa di una tipica filiera alimentare italiana: leguminosa - grano duro – pomodoro da industria. La sperimentazione sarà realizzata in quattro aree: tre nel Nord Italia (nella Pianura Padana, presso tre Aziende Barilla/Casalasco) e una nel Sud Italia (Regione Puglia, presso il Crea Cerealicoltura di Foggia).
Nelle zone prescelte sono state considerate opzioni di gestione diversificate per favorire la conservazione del carbonio del suolo e ridurre l'emissione di gas serra: l'impiego del biodigestato come fertilizzante organico, al posto del concime minerale, la lavorazione ridotta (minimum tillage), minori input idrici rispetto all’irrigazione standard e l'applicazione della gestione integrata per il controllo dei parassiti (biostimolanti, con riduzione di fitofarmaci).
I ricercatori valutaranno durante il triennio gli effetti della diversificazione colturale e delle differenti strategie conservative utilizzate sui principali parametri fisico-chimici e biologici del terreno, sulle emissioni gassose in campo, nonché sulla biodiversità microbica e funzionale del suolo, attraverso innovativi approcci di studio basati su analisi di genomica e bioinformatica (DNA/RNA).
Il Centro Agricoltura e Ambiente, inoltre, svilupperà un modello previsionale in grado di individuare la migliore gestione agronomica entro le rotazioni, in termini di conservazione della sostanza organica del suolo e di incremento della biodiversità e resilienza dell’agroecosistema a lungo termine. La valutazione delle rese, della qualità delle produzioni e dei parametri nutrizionali verrà realizzata dagli operatori di Casalasco e Barilla, sotto la supervisione del Crea e dell’Università della Tuscia.