Le Regioni italiane procedono a rilento nell'utilizzo del Fondo agricolo Ue
per lo sviluppo rurale (Feasr).
Occorre evitare il rischio disimpegno, ovvero la perdita netta delle risorse assegnate.
È quanto emerge dai dati sull'avanzamento della spesa pubblica nell'attuale settennato 2014-2020, elaborati dall'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) presentati oggi a Bruxelles.
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Al 30 settembre, l'Italia aveva assorbito il 50,34% del totale delle risorse del Feasr assegnate allo sviluppo rurale per il periodo 2014-2020. La regola N+3 che estende fino al 2023 la scadenza per spendere tutte le risorse del settennato, ma al 31 dicembre di ogni anno scatta il rischio di disimpegno automatico per le somme stanziate tre anni addietro. Il periodo preso in considerazione è quindi quello relativo al 2017.
L'anno scorso la Regione Puglia non ha superato il vincolo del disimpegno per ben 86 milioni di quota Feasr, corrispondenti a 142 milioni di euro di risorse pubbliche, ma ha ottenuto una “deroga all’impegno di spesa”, a causa del notevole contenzioso dei bandi nei tribunali amministrativi, evitando così la perdita di risorse.
Sviluppo rurale, i primi della classe
Campionessa nell'uso del Feasr per lo sviluppo rurale è ancora una volta la provincia autonoma di Bolzano, che ha certificato una spesa del 71,83%, seguita da Veneto (64,07%) e Molise (62,07%).
Le regioni che rischiano
Fanalino di coda le Marche (34,86%), insieme a Puglia (35,03%) e Abruzzo (37,75%). In dirittura d'arrivo, invece, le certificazioni intermedie (il triennio 2015-2017) chieste dalla Commissione Ue.
Sessanta giorni per rimediare
Dal documento di Agea risulta che il completamento della spesa da certificare entro il 31 dicembre 2020 abbia toccato il 97,79% a settembre. Per evitare la tagliola del disimpegno automatico delle risorse non spese entro i tempi concordati, occorre impegnare il 2,3% in meno di 60 giorni
La "lista della spesa" dello sviluppo rurale
Coldiretti mette in evidenza che in ballo ci sono 682 milioni di contributi pubblici da impiegare entro il 31 dicembre 2020. «Una situazione drammatica – commenta in una nota la confederazione - in un momento di grave emergenza economica ed occupazionale dovuta alla pandemia da covid19 che, con le difficoltà delle esportazioni e la chiusura dei ristoranti, ha travolto a cascata le principali filiere agroalimentari».
Nell'ordine secondo l'analisi della Coldiretti, la “lista della spesa” riguarda:
- Puglia (256,6 milioni di euro),
- Sicilia (140,4 milioni),
- Campania (72,6 milioni),
- Basilicata (45,8 milioni),
- Lombardia (44,6 milioni),
- Abruzzo (36 milioni),
- Liguria (28 milioni),
- Marche (26,5 milioni);
- Toscana (15 milioni).
Tra le motivazioni del ritardo Coldiretti individua soprattutto:
- l'eccesso di burocrazia;
- problemi informatici;
- ricorsi al Tar;
- la strutturazione dei bandi.
«Errori da non ripetere nel Recovery Fund»
Il risultato è il rischio concreto della perdita di importanti risorse destinate tra l'altro all'ammodernamento delle imprese agricole, ai progetti di filiera, al biologico, alla difesa della biodiversità, alla forestazione e all'insediamento dei giovani agricoltori in un momento in cui cresce l'attrattività della campagna e si riducono le opportunità di lavoro nelle città
«Siamo di fronte - afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini - ad un pericolo che l'Italia non si può permettere di fronte all'Unione europea e soprattutto alle imprese che in molti casi stanno lottando per la loro sopravvivenza. Occorre una decisa inversione di tendenza per recuperare risorse preziose ma anche per non ripetere gli stessi errori per i progetti del recovery fund».