Glifosate? «La politica segua la scienza, non l’opinione dell’uomo della strada»

glifosate
Presto l'Ue dovrà decidere se rinnovare l'autorizzazione all'utilizzo del discusso erbicida in Europa. Bayer ha riunito esperti di agricoltura, medicina e ambiente che hanno smontato le principali critiche mosse alla molecola

«Non rinnovare l'autorizzazione all'utilizzo del glifosate avrebbe ripercussioni negative enormi sul settore primario delle quali nemmeno gli agricoltori si rendono conto fino in fondo. A oggi non esistono alternative efficaci a questo erbicida e quelle che ci sono hanno costi insostenibili: da 135 a 265 euro a ettaro».

Non ha usato giri di parole il professor Aldo Ferrero, Ordinario di Agronomia, Coltivazioni erbacee e Malerbologia presso l’Università di Torino, per inquadrare la questione glifosate durante il webinar intitolato "Glifosate, la necessità di una valutazione obiettiva per l'agricoltura italiana" organizzato da Bayer in vista della conclusione del processo di rinnovo dell'autorizzazione all'utilizzo dell'erbicida in Europa, previsto dalla legislazione Ue per il 2022.

Circa un anno fa il Gruppo per il Rinnovo del Glifosate nell'Unione europea, di cui Bayer fa parte, ha presentato alle autorità competenti un ampio dossier contenente centinaia di studi e migliaia di articoli scientifici sulla sicurezza della molecola. Il Grg ha messo a disposizione del pubblico il contenuto di questo dossier e di tutti gli studi su cui si basa, sia nuovi che realizzati in precedenza.

Durante il dibattito è stata ribadita la necessità di un'azione coordinata delle associazioni agricole italiane ed europee per fare pressione sulle istituzioni comunitarie affinché non vietino l'utilizzo del glifosate.

La politica decida su basi scientifiche

Il glifosate è un derivato della glicina, uno dei più piccoli amminoacidi presenti nelle proteine. È la sostanza più utilizzata al mondo per la gestione della vegetazione indesiderata. Le vendite a livello europeo rappresentano il 33% del fatturato totale degli erbicidi. Con punte che superano anche l'80% in alcuni Paesi del Nord Europa.

«Sistemicità, efficacia, ampio spettro d'azione e basso costo. Queste le caratteristiche che hanno decretato il successo del glifosate – ha spiegato Ferrero –. Nelle colture erbacee si utilizza dopo la raccolta o prima della semina per il controllo delle infestanti. Le alternative sono quasi solo meccaniche: sfalci ed erpicature. C'è poi un numero limitato di prodotti chimici che avendo uno spettro d'azione più ridotto si devono usare in miscela ad altri o con interventi separati per evitare fenomeni di antagonismo».

Inoltre, l'erbicida riveste un ruolo centrale nell'agricoltura conservativa. Pratica che ha un'importante valenza ambientale e sulla quale in questi giorni si tiene l'ottavo congresso mondiale a Berna. Anche qui le alternative sono le cover crop o interventi meccanici. «Senza glifosate la pratica della semina su sodo rischierebbe di essere abbandonata – ha avvertito Ferrero – con notevoli conseguenze sull'impatto ambientale delle lavorazioni agricole».

«C'è necessità di fare buona informazione per consentire a tutti di capire in maniera corretta le cose – ha aggiunto Ferrero – la politica spesso decide in base alle sensazioni dell'uomo della strada che a sua volta viene influenzato da abili strategie di marketing. Invece la politica dovrebbe decidere basandosi sulle evidenze scientifiche».

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Aldo Ferrero

Un composto "noioso" per la tossicologia

«Il glifosate? Una molecola noiosa per i tossicologi perché non crea alcun problema – ha detto il professor Angelo Moretto Ordinario di Medicina Legale, sanità pubblica e degli ambiti di lavoro presso l’Università di Padova –. Viene assorbito pochissimo dall'organismo umano, circa l'1% di quello che ingeriamo, che è già una quantità infinitesimale. Il resto è espulso tal quale con le urine e con le feci. E non rientra nella categoria degli interferenti endocrini. Non causa lesioni epatiche, né neurologiche – ha specificato il docente – ha solo un effetto irritante se viene a diretto contatto con la pelle».

«Nonostante ciò, il glifosate è stato oggetto di numerosi studi di tossicità che però non hanno evidenziato problemi per l'uomo – ha sottolineato Moretto – anche utilizzando dosi molto alte nelle diete dei partecipanti».

Moretto è intervenuto anche sulla presunta cancerogenicità del glifosate, spiegando che 17 agenzie nazionali e sovranazionali (tra cui Efsa ed Eca), hanno concluso che non lo è, dopo aver svolto numerosi studi sui topi.

Impatto ambientale: dipende da come si maneggia

Degli aspetti ambientali dell'utilizzo del glifosate ha parlato il professor Alberto Vicari Ordinario del dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari presso l’Università di Bologna.

«Non esistono rischi – ha detto in apertura del suo intervento – perché degrada completamente in 7-15 giorni e viene del tutto assorbito dal terreno. L'unico inconveniente è che impiega 24-48 ore a essere assorbito dalle piante. Quindi se per esempio a poche ore dall'applicazione piove può esserci un'asportazione. Comunque – ha precisato – negli studi fatti simulando questi casi del tutto eccezionali, la parte di sostanza in soluzione trovata nell'acqua era minima. E poi non è soggetto a deriva da vapori, a meno che non si tratti quando c'è vento. Ma il prodotto di per sé non è volatile».

Un problema che si riscontra è l'inquinamento puntiforme. «È provocato dal riempimento e dallo scarico delle botti e dai lavaggi delle stesse – ha fatto notare Vicari – molte aziende hanno la piazzola di cemento sulla quale eseguono il lavaggio con un tombino al centro che poi scarica direttamente negli scoli. Si stima che l'80% dei fitofarmaci presenti nelle acque sia dovuto a inquinamento puntiforme. Da noi non esiste una legislazione precisa in materia – ha lamentato Vicari – ho parecchie foto che documentano il comportamento poco attento degli agricoltori».

Una possibile soluzione per mitigare la dispersione di prodotto nell'ambiente è il letto biologico (bio bed), che permette di assorbire il 99% delle sostanze chimiche e degradarle in 60 giorni. «Ma hanno un costo elevato – ha spiegato il docente – circa 12-15mila euro. In Italia non ci sono incentivi economici per acquistarli quindi nessuno li compra».

Glifosate? «La politica segua la scienza, non l’opinione dell’uomo della strada» - Ultima modifica: 2021-06-23T16:25:06+02:00 da Simone Martarello

3 Commenti

  1. é sempre opportuno lasciare che ognuno abbia spazio di esprimere le proprie opinioni, ma è chiaro come il sole che si tratta di lobbismo per impedire che venga tolto dal mercato per un problema economico, e un problema per chi pensa di fare agricoltura come si faceva prima : lavoro la terra, diserbo, semino, concimo, raccolgo. Cosi lo possono fare anche i più “ignoranti” di questo pianeta, i nuovi agricoltori che vogliono vedere crescere il valore infinitesimale di quello che producono rispetto al prezzo di vendita finale devono essere anche bravi a coltivare che vuol dire conoscenza, sperimentazione, studio del terreno, degli organismi, delle pratiche agricole, della flora e fauna a confine dei campo e del territorio. (Argomento diverso e ancora più importante dove rimane il valore? 1ton di grano saraceno = 180 Euro; 1ton di pasta di grano s. 3000 euro.)
    Non a caso chi ha commissionato gli studi “che non lo considerano dannoso” è la Bayer che ne detiene il monopolio. è altrettanto evidente che i rischi di inquinamento ci sono, sia sugli alimenti che sulle falde dopo il lavaggio delle botti. Sarà un caso che non c’è più un alimento che non crea intolleranze o allergie alle nuove generazioni cresciute con alimenti standardizzati e pieni di ogni chimica ? La favola di sfamare il mondo e quindi produrre tanto, spero che chi ha conoscenza non la beva, perché un conto è alimentarsi (grandi qtà) e un conto è nutrirsi (basse quantità ma altamente nutrienti)

    • Concludo dicendo, che quanto scritto prima da me o anche solo porsi il problema glifosate si-glifosate no per le malerbe, senza prima intervenire sull’import di prodotti da paesi che lo usano addirittura per essiccare in campo, vedi il Canada da cui noi in Italia importiamo il 40% del grano che usiamo. Stiamo parlando del niente

  2. Caro Federico, un discorso che non fa una piega, dalla prima all’ultima riga, tranne per il fatto che il brevetto Monsanto, e non Bayer, é scaduto dal 2001, pertanto la tesi, che la volontà di mantenere in produzione una molecola come il glifosate, sia di chi ha il monopolio, viene a mancare. Quindi non vedo un interesse diretto di qualcuno affinché si continui a produrla, tra l’altro buona parte del glifosate attualmente in commercio, viene dalla Cina

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