Biopesticidi (RNA-interferente) di nuova generazione e agricoltura. Quali i vantaggi del loro impiego e quanto sono sostenibili?
I ricercatori del Centro Enea di Trisaia, in Basilicata, stanno cercando si rispondere a queste domande studiando l’impatto ambientale dei nuovi biopesticidi in grado di “silenziare” specifici geni degli insetti che causano danni alle coltivazioni. Condotta nell’ambito del progetto europeo "iPlanta", coordinato dall’Università Politecnica delle Marche, questa ricerca prevede test sull’interazione tra gli insetti trattati con l’innovativo biopesticida e i loro predatori naturali utilizzati nella lotta integrata: un tipo di agricoltura caratterizzata da una drastica riduzione di fitofarmaci.
«Questa tipologia di biopesticidi presenta diversi vantaggi: prima di tutto agisce in modo mirato su poche specie di insetti, in particolare i coleotteri, e garantisce una bassa persistenza nell’ambiente naturale, oltre a minori rischi per gli agricoltori», spiega Salvatore Arpaia, uno dei due ricercatori referenti italiani del progetto.
Come funziona la tecnica “RNAi”?
Fin dalla sua scoperta nel 1998, l’RNAi ha catturato l’attenzione dei ricercatori per le sue potenzialità nel controllo di parassiti e di malattie in agricoltura. I nuovi bioinsetticidi studiati dall’Eena si basano sulla tecnica RNAi (RNA-interferente), che sfrutta un meccanismo naturale presente in organismi vegetali e animali per portare alla perdita di funzionalità di un gene bersaglio, fondamentale per la sopravvivenza o la fertilità dell’insetto.
«Si fa ingerire a un insetto dannoso una piccolissima sequenza di RNA (poche decine di basi), questo viene processato all’interno dell’organismo e va a riconoscere la sequenza complementare, che è quella di interesse, e quindi si silenzia un gene particolare dell’insetto», spiega Arpaia.
Chiaramente se si vuole sviluppare un insetticida, si cercano dei geni capaci di influire sulla sopravvivenza degli insetti, in modo tale che, andando a spegnere il gene, l’insetto non riesca a sopravvivere.
Le molecole RNA sono ubiquitarie
«La naturalità dell’approccio – specifica Arpaia - è intrinseca, le molecole di RNA sono dappertutto, sono molecole ubiquitarie, si trovano in qualsiasi organismo. Con la tecnica RNAi si sfrutta dunque un meccanismo naturale, è un metodo utilizzato, per esempio, da molti artropodi per difendersi dai virus, essi hanno un RNA-interferente contro una molecola esterna dannosa».
Bioinsetticidi RNAi, innocui per le api
Il lavoro svolto nel Centro Enea di Trisaia è incentrato prevalentemente sulla biosicurezza, con l’obiettivo di mettere a punto le enormi potenzialità di selettività proprie di questi bioinsetticidi. «Le sperimentazioni che stiamo effettuando – sottolinea Arpaia – ci permettono di vedere, per esempio, come agiscono questi biopesticidi sugli impollinatori. Una scoperta importante è che questa molecola è totalmente innocua per le api».
Bioinsetticidi e agricoltura biologica, è possibile?
Una risposta positiva al biopesticida è stata riscontrata nella ‘dorifora della patata’, l’insetto che rappresenta la principale minaccia per le coltivazioni di questo tubero. Le ricerche Enea si stanno concentrando anche su un insetto predatore come la Chrysoperla carnea, comunemente chiamato crisopa, che rappresenta uno dei principali “nemici” degli insetti (Afidi, acari, lepidotteri,coleotteri, e cocciniglie) dannosi per colture come piante da frutto, fragole e ortaggi. «Dai primi test effettuati – incalza Arpaia - non abbiamo riscontrato effetti negativi sulla crisopa quando entra in contatto con i biopesticidi RNAi, aprendo la strada a un loro possibile uso anche in agricoltura biologica. Le aziende, facendo leva sul meccanismo naturale dell’RNAi, chiederanno l’approvazione come insetticida biologico. Il limite attuale per le imprese è l’elevato costo di produzione».
E poi c’è la questione Ogm
«Con l’RNAi – dice Arpaia - si può fare sia una pianta Ogm che un biopesticida. E’ un meccanismo di azione completamente nuovo per un pesticida, quindi, ad oggi, manca una legislazione in materia che ne disciplini l’utilizzo. Vedremo quale sarà lo sbocco normativo, sicuramente la strada per avviare l’utilizzo di questi biopesticidi (no Ogm) è percorribile. L’innovazione tecnologica in agricoltura è importantissima, perché questioni mondiali come la sostenibilità ambientale, il consumo del suolo e dell’acqua, l’aumento della popolazione, ci obbligano a trovare dei modi sempre diversi per coltivare e produrre. Bisogna, dunque, valutare oggettivamente i pro e i contro delle nuove tecnologie, e non mettere dei veti a prescindere, ne vale il futuro dell’intero settore agricolo, non solo per la parte che interessa la difesa».
I vantaggi in campo
«I vantaggi concreti per l’agricoltore sono, in primis, avere una molecola nuova con un meccanismo di azione nuovo, efficace, molto selettivo, in grado di rispettare teoricamente tutti gli insetti e quindi non ostacolare l’impollinazione o il controllo naturale dei fitofagi. Questo prodotto risponde a una chiara esigenza: in un panorama in cui i principi attivi si sono notevolmente ridotti, l’agricoltore ha bisogno di ulteriori possibilità. Inoltre - sottolinea Arpaia - questi bioinsetticidi sono potenzialmente molto sicuri e sostenibili».
La selettività propria di questo meccanismo, che permette di usare meno quantità di prodotto, risponde anche ad un’altra necessità dell’agricoltore: la sostenibilità economica. «Bastano pochi microgrammi di principio attivo di un bionsietticida RNAi per essere efficace, mentre, un normale pesticida, per essere attivo, ha bisogno di 100-150 grammi/ettolitro».
RNAi oltre l’agricoltura
Oltre ai biopesticidi in agricoltura, la tecnica dell’RNAi potrebbe rivelarsi utile anche nel risanamento ambientale. «Insieme all’università di Agraria di Atene - conclude Arpaia - testeremo questa biotecnologia sulle piante per renderle in grado di assorbire inquinanti dal suolo oltre il loro limite naturale. Questo permetterebbe di bonificare i terreni da metalli tossici come arsenico e cadmio. Si tratta di piante non destinate all’alimentazione umana o animale, ma che una volta raccolte, potrebbero essere utilizzate nella produzione di energia e biocarburanti».
Il progetto “iPlanta” è finanziato nell’ambito di COST (European Cooperation in Science and Technology), l’organizzazione intergovernativa che finanzia progetti quadriennali, detti Azioni (Action), per la creazione di reti di ricerca tra scienziati europei e di altri Paesi.