Tutto il potenziale del luppolo

    A conferire il sapore amaro alla birra sono soprattutto gli α-acidi isomerizzati presenti nelle resine prodotte nelle ghiandole di luppolina presenti alla base delle infiorescenze femminili
    Oggi è una produzione di nicchia ma gli ettari sono in aumento. Il luppolo promette infatti opportunità in termini di diversificazione reddituale, multifunzionalità aziendale, quote di mercato acquisibili soprattutto in funzione del previsto incremento della domanda nazionale e del prezzo del prodotto italiano

    Da diversi anni stiamo assistendo a un profondo e radicale mutamento del sistema agricolo sia a livello nazionale che globale.

    Fattori come una maggiore consapevolezza del consumatore riguardo salute e sana alimentazione, cambiamenti climatici e nuovi indirizzi strategici comunitari hanno spinto gli imprenditori agricoli a cercare alternative alle tradizionali produzioni agricole in grado di mantenere alta la competitività e sostenibilità delle loro aziende, trasformandosi spesso da imprese specializzate a diversificate.

    Questo ha portato a riscoprire colture antiche, dimenticate o poco valorizzate. Una di queste è senza dubbio il luppolo, una pianta perenne e dioica appartenente alla famiglia delle Cannabacee.

    Articolo tratto da Terra e Vita 11/2022

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    Pianta resistente e adattabile

    Luppoleto italiano

    In Italia il luppolo cresce spontaneo, prediligendo zone fresche e incolte come gli argini dei fiumi e i margini dei boschi fino a 1.200 metri di quota. La pianta ha un apparato radicale permanente che esplora il terreno lateralmente e in profondità per diversi metri; il fusto è cavo e rampicante e si avvolge in senso orario attorno a qualsiasi supporto disponibile. È resistente e adattabile, potendo crescere anche in terreni con poche risorse nutritive.

    Le condizioni ideali per la sua coltivazione sono una buona fertilità e un buon drenaggio del suolo per non compromettere la salubrità del rizoma, e un pH del suolo tra 6,0 e 7,5. Il luppolo cresce in condizioni ideali tra i 30-35° e i 50-55° di latitudine e richiede almeno 120 giorni di temperature sopra lo zero e almeno 15 ore di luce solare diretta per la fioritura.

    Le infiorescenze femminili, dette coni o strobili, di interesse merceologico, trovano la collocazione principale nel settore brassicolo. È infatti alla luppolina, una resina gialla presente all’interno dei coni di luppolo, che si deve la nota amara e aromatica della birra, alla quale il luppolo contribuisce anche a definirne la stabilità microbiologica. Proprio l’espansione del settore brassicolo artigianale italiano, a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, ha contribuito alla riscoperta di questa coltura, già presente sul suolo nazionale a partire dal 1847.

    La raccolta dei coni (infiorescenze femminili non fecondate)

    Cresce la superficie coltivata

    Il luppolo attualmente rappresenta ancora una piccola nicchia ma ha un notevole potenziale di sviluppo dovuto all’elevata adattabilità della specie, alla sua ubiquitaria distribuzione sul territorio nazionale e alla sua duplice attitudine brassicolo-officinale. Nell’annata agraria 2020 le aziende agricole dedicate alla coltura in Italia sono 165, confermando la tendenza positiva osservata negli ultimi anni. La superficie coltivata si attesta sui 67 ha, con un incremento di circa il 10% rispetto all’anno precedente (dati: Agea). La superficie media aziendale è di circa mezzo ettaro, anche se esistono realtà più estese come nel caso delle aziende luppolicole emiliane e friulane (1 ha, fig. 1).

    L’avanzata dei micro birrifici

    La quasi totalità del luppolo prodotto è destinato alla produzione di birra artigianale ed agricola, come testimonia il processo di ispessimento che interessa i micro birrifici in Italia (ai sensi del Dm 4 giugno 2019), la cui crescita non si è arrestata neanche nell’anno della pandemia (978 licenze).

    A questi se ne aggiungono meno di una decina con una produzione annua fino a 200.000 hl. Del totale dei birrifici presenti sul territorio italiano quasi la metà è concentrata in cinque regioni con Lombardia in testa con 131 unità (Fig. 2, fonte: Adm).

    I contratti di filiera

    Interessante rilevare come recentemente dalla produzione di luppolo siano nate diverse esperienze imprenditoriali di successo nei settori del food, soprattutto per quanto riguarda la produzione di bruscandoli (germogli di luppolo) e della cosmeceutica (creme, idrosol e olio essenziale di luppolo).

    Dal punto di vista del mercato, il luppolo è commercializzato in Italia prevalentemente mediante contratti di coltivazione i quali, garantendo il ritiro della produzione, propongono prezzi di vendita inferiori ma stabili, e vendita diretta (spot market) con prezzi più alti; ma anche volatili con le varietà da amaro generalmente spuntate a prezzi più bassi rispetto a quelle da aroma.

    Sulla base delle informazioni raccolte, e considerando l’intero paniere delle varietà per la produzione di birre artigianali, si evidenzia un prezzo medio di 24,37 €/kg per il luppolo tradizionale e di 39,13 €/kg per quello biologico. Il premium price attribuito al luppolo biologico ne sta determinando un’espansione degli areali di produzione che, nel volgere di pochi anni, sono passati da meno di 5 ettari a 45 ettari con una certa concentrazione nelle regioni del Centro Italia (Fig. 3).

    Investire sul luppolo: pro e contro

    Il mercato del luppolo offre sicuramente opportunità all’agricoltore in termini di diversificazione reddituale, multifunzionalità aziendale, quote di mercato acquisibili soprattutto in funzione del potenziale aumento della domanda nazionale e prezzo di vendita maggiore per il prodotto italiano. Ma ci sono ancora diverse criticità ascrivibili in particolare a una ridotta dimensione produttiva, instabilità dell’offerta in termini qualitativi e quantitativi, mancanza di formazione tecnica specializzata degli operatori di filiera, assenza di centri di trasformazione specializzati.

    Foglie di luppolo

    A tali fattori va poi aggiunta la mancanza di un asset domanda-offerta che dovrebbe vedere protagonisti attivi dell’espansione della coltura proprio i mastri birrai.

    Al fine di ovviare almeno in parte a queste criticità, negli ultimi anni si è cercato di definire una strategia nazionale mirata a favorire lo sviluppo e la promozione della luppolicoltura italiana. Con il Decreto legge del 24/12/2021 è stato infatti istituito il cosiddetto “fondo filiere minori” che, attraverso un plafond di 10 milioni di euro, punta alla tutela e al rilancio di queste filiere, destinando al settore brassicolo una quota di 3,5 milioni di euro. Il fondo è stato ulteriormente incrementato, con la legge di bilancio 2021, di ulteriori 12,75 milioni di euro per il 2022 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, per i quali però si deve attendere la pubblicazione del decreto di ripartizione tra le diverse filiere, ancora in fieri.

    Costi per la realizzazione di un impianto

    I costi per la realizzazione di un impianto specializzato (0,5 ha), comprendente le voci relative alla preparazione del terreno, costruzione dell’impianto, impianto, irrigazione, variano da 16mila a 20mila euro (manodopera inclusa), in funzione delle differenti soluzioni adottabili.

    Gli autori sono del  Crea Olivicoltura, frutticoltura e agrumicoltura
    e del Crea Politiche e Bio-economia

     


    La normativa a supporto del settore

    La legge 28 luglio 2016, n. 154, il cosiddetto “collegato agricolo”, ha introdotto per la prima volta la definizione giuridica di birra artigianale e ha impegnato il Mipaaf in attività di sviluppo e promozione delle materie prime, luppolo in particolare.

    La normativa introdotta ha rappresentato un volano per lo sviluppo del settore del luppolo nel nostro Paese.

    Tutto il potenziale del luppolo - Ultima modifica: 2022-04-22T00:42:26+02:00 da Laura Saggio

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