Coronavirus, i produttori di latte: no a speculazioni o gli allevamenti chiudono

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Partite di latte scambiate a meno di 30 centesimi al litro. Molti allevamenti sull'orlo del collasso. Appello all'industria perché in questo periodo utilizzi solo materia prima italiana

Il calo della domanda di latte per via delle restrizioni resesi necessarie per contrastare l'epidemia di coronavirus che sta colpendo l'Italia e in particolare Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto ha fatto crollare i prezzi della materia prima e gli allevamenti sono in grande difficoltà, perché i caseifici cominciano a non ritirare il latte. Il Consorzio per la Tutela del Grana Padano ha inviato una lettera ai caseifici consorziati per invitarli a evitare speculazioni acquistando partite di latte a prezzi stracciati, avvisando che le forme eventualmente prodotte con questo latte non saranno marchiate "Grana Padano".

Confagricoltura: «Non interrompere un servizio fondamentale»

«Ai caseifici manca il personale a causa dell’emergenza Covid-19 e iniziano a bloccare le produzioni, a non ritirare il latte – dichiara il presidente di Confagricoltura Piacenza Filippo Gasparini – ma gli allevamenti non possono interrompere la mungitura delle vacche il lattazione. Riceviamo segnalazioni di questo grave problema. È un momento durissimo per tutti».

«Stiamo raccogliendo le segnalazioni delle aziende con problemi di conferimento e i nomi dei caseifici che avario titolo cominciano a non ritirare il latte – continua Gasparini – Confagricoltura Piacenza chiede che si avvii una rete di solidarietà tra i caseifici in modo da non bloccare la produzione e che si eviti, come invece in alcuni casi è stato segnalato, il disimpegno immediato dal contratto sottoscritto non solo per l’emergenza sanitaria, ma anche per il fermo degli ordini dall’estero. Non è più una questione economica delle imprese, aspetto comunque grave, ma di fornitura di un servizio fondamentale».

«Quanto al problema specifico del ritiro del siero – conclude Gasparini – chiediamo in via straordinaria la possibilità di utilizzarlo negli impianti di biogas, dove può essere valorizzato per le sue elevate caratteristiche bioenergetiche, affinché il mancato smaltimento del siero non diventi un alibi per non produrre formaggio. Anche questa sarà un’occasione importantissima per misurare l’effettivo livello di coesione della filiera».

Coronavirus, crisi di mercato e logistica

«Il problema principale è che le industrie di trasformazione non sanno più dove mettere il siero di latte - spiega Giuseppe Elias, conduttore di un allevamento con oltre 200 bovine in provincia di Lodi - i due stabilimenti italiani che lo raccolgono (entrambi ubicati in Lombardia) sono chiusi perché il personale è contagiato dal coronavirus o in quarantena».

«Una grande azienda produttrice di latticini ha inviato una lettera ai conferitoti chiedendo di ridurre del 25% la produzione di latte - riferisce Elias - tra l'altro in un periodo in cui le vacche producono di più».

Per il futuro pensiamo alla polvere

In serata dovrebbe svolgersi una riunione in video conferenza tra i grandi produttori industriali. Tra i punti all'ordine del giorno l'accordo utilizzare solo il latte italiano in questo periodo. «Ci sono partite di latte che girano a meno di 30 centesimi al litro - avverte Elias - a questi prezzi gli allevamenti chiudono. Ora servirebbe una cabina di regia a livello ministeriale per tenere la situazione sotto controllo».

«Il problema è che il latte non si conserva - fa notare l'imprenditore lombardo - la Cina non sta acquistando latte in polvere, quindi tutto il sistema si sta squilibrando e l'Italia che non è un Paese polverizzatore rischia di pagare il prezzo più alto. Forse bisognerebbe pensarci per il futuro - conclude Elias - investire per realizzare stabilimenti di polverizzazione del latte per poter accumulare materia prima nei momenti di grande tensione di mercato come questo».

Coronavirus, i produttori di latte: no a speculazioni o gli allevamenti chiudono - Ultima modifica: 2020-03-11T18:28:48+01:00 da Simone Martarello

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