L’olivicoltura intensiva si può fare anche negli oliveti tradizionali

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Il Crea ha presentato i risultati del progetto "Molti": stop al gap competitivo dell'Italia dell'olio. Alcune varietà possono adattarsi a modelli ad altissima densità

Recuperare il gap tra l'olivicoltura italiana e quella degli altri Paesi concorrenti, offrendo ai produttori le conoscenze e le tecniche per una olivicoltura più moderna, competitiva e sostenibile. Questo l'obbiettivo del progetto "Molti" (Miglioramento della produzione in oliveti tradizionali e intensivi), realizzato dal Crea Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura e finanziato dal Mipaaf. I risultati sono stati presentati in una due giorni conclusa dal presidente Carlo Gaudio.

Nonostante l'eccellenza dell'olio nazionale, il settore ha bisogno di essere rilanciato attraverso il rinnovamento, l'innovazione e l'ampliamento delle produzioni, con un approccio che tenga in giusto conto la variegata realtà olivicola. Tante le difficoltà segnalate dal Crea, dall'elevata polverizzazione delle proprietà (oltre il 60% sono piccole e medie imprese a conduzione familiare), alla collocazione in ambienti collinari più difficili per la meccanizzazione, alla predominanza degli oliveti tradizionali (circa i 3/4 del totale), con densità inadeguate, alberi spesso vecchi, grandi e/o con più fusti, spesso meno produttivi.

Nuova vita gli oliveti tradizionali

Il progetto è incentrato sul recupero degli oliveti tradizionali in Sicilia, Calabria, Puglia, Lazio e Umbria e delle principali varietà locali (Nocellara del Belice, Carolea, Cima di Bitonto, Leccino e Moraiolo). È quindi emersa la possibilità di una ripresa dell'attività vegetativa e produttiva degli oliveti a seconda delle varietà e dalle condizioni pedo-climatiche, come anche la riduzione graduale dei costi, grazie a una gestione funzionale della potatura e del suolo con pratiche agro ecologiche in grado di incrementare la sostanza organica e la biodiversità e sostenere il recupero produttivo degli alberi.

Per quanto riguarda gli oliveti intensivi, i risultati mostrano che alcune varietà italiane possono adattarsi a modelli colturali ad alta o altissima densità. Secondo il ricercatore Crea Enrico Maria Lodolini «il rilancio del settore può passare attraverso l'impiego di diversi modelli colturali, da integrarsi l'uno con l'altro in modo da prevedere olivicolture differenti, gestite con tecniche agronomiche coerenti rispetto al modello prescelto».

L’olivicoltura intensiva si può fare anche negli oliveti tradizionali - Ultima modifica: 2022-04-07T09:52:26+02:00 da Redazione Terra e Vita

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