La Pac più green inizia a dividere.
Dopo mesi di proclami sul Green deal e sulla strategia From farm to fork ieri nel corso del Consiglio agricoltura e pesca, che ha messo a confronto i ministri dell’agricoltura dei 28 paesi Ue, la discussione è entrata nel vivo rivelando i nervi scoperti dei nuovi vincoli inseriti nella riforma della Pac post 2022.
In particolare, nel mirino della ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova ci sono gli ecoschemi. «Non ritengo opportuno – ha detto a margine dell’incontro - fissare a priori una percentuale di risorse dei pagamenti diretti da destinare agli ecoschemi».
«A mio avviso, questa scelta deve essere effettuata nell'ambito del piano strategico, a seguito di una robusta analisi dei fabbisogni».
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«La fetta è troppo grossa anche se a carico del secondo pilastro»
«Il livello del 20% è troppo alto, e non ci vede favorevoli la proposta di considerarlo come quota parte della spesa nel secondo pilastro». E aggiunge: «Oltre alla complessità del meccanismo da costruire, non ha molto senso fissare un livello ambizioso ma poi inserire meccanismi di riduzione che determinano distorsioni tra stati membri, peraltro difficilmente giustificabili agli occhi dei cittadini».
Si tratta insomma di una bocciatura senza precedenti di una misura che costituisce la novità più sostanziale della riforma della Pac.
Gli eco-schemi introducono infatti dei regimi vincolanti in favore dell’ambiente e della neutralità climatica all’interno degli aiuti diretti della Pac.
una delle sei tipologie di pagamento della Pac (clicca per approfondire) e avrebbero consentito di inserire i sostegni al biologico all’interno della fetta più consistente degli aiuti all’agricoltura.
Un prezzo da pagare dopo la definitiva cancellatura del greening della precedente Pac.
A indebolire la posizione italiana il fatto che questa critica sia espressa a due anni dalla formulazione della proposta di riforma e dopo che Green Deal e From Fark to Fork hanno caricato la Pac di risorse e di aspettative proprio sul fronte dell’impegno anti climate change.
Più attenzione al ruolo delle Regioni
«L'Italia è pronta a fare la sua parte – ha confermato comunque la ministra - per un accordo ambizioso, che confermi gli obiettivi di una politica comune nel settore agricolo ma che sia anche in grado di proporre soluzioni adeguate, in materia di semplificazione, flessibilità e sussidiarietà, nell'interesse degli agricoltori, dei cittadini e delle amministrazioni».
Secondo la Ministra in Italia sono stati compiuti molti progressi su questo fronte, in particolare per quanto riguarda l'attuazione e la gestione del piano strategico legato ai fondi del Recovery Plan.
«Tuttavia, in questo ambito sarebbe necessario compiere uno sforzo aggiuntivo, in termini di sussidiarietà, in particolare per gli Stati membri che, come l'Italia, sono caratterizzati da un assetto costituzionale che nel settore agricolo prevede competenze specifiche per le Regioni».
«Su questo punto chiediamo maggiori garanzie, in particolare sul ruolo delle Regioni come Autorità di gestione per le misure dello Sviluppo rurale».
Gestione del rischio, servono strumenti più incisivi
In relazione alla gestione del rischio Bellanova ha sottolineato: «È un aspetto di grande rilevanza, che la riforma in discussione non ha ben considerato».
«Si ripropongono le attuali misure di gestione, quando sappiamo già che occorrerebbe disporre di strumenti ben più incisivi e in grado di tutelare una platea di beneficiari nettamente più ampia dell'attuale, per affrontare le conseguenze di catastrofi naturali sempre più frequenti ed intense».
«Esiste uno spazio per utilizzare con maggiore efficacia una ridottissima quota dei pagamenti diretti, per rendere più performante lo strumento dei fondi di mutualizzazione, da attivare nei casi di eventi catastrofali».
Olio d’oliva, rivedere la proposta di sostenere l’offerta organizzata
Per quanto riguarda l'olio di oliva: «Il lavoro è stato ottimo per gli interventi settoriali, prevedendo la possibilità di sostenere anche interventi a carattere strutturale. Occorre però rimuovere il limite del 5% del valore della produzione commercializzata, perchè in questo settore la presenza delle organizzazioni di produttori è estremamente limitata, così come il ruolo nella fase di commercializzazione è marginale e non funzionale al raggiungimento degli obiettivi previsti».
Bellanova ha dichiarato il suo apprezzamento sulle modifiche introdotte sul regolamento orizzontale e ha voluto ribadire l'importanza del sostegno alle piccole e medie imprese, in particolare per il mantenimento della soglia in caso di applicazione della disciplina finanziaria e sulla Ocm vino ha sostenuto le modifiche relative all'etichettatura dei vini.
Sempre con riferimento all'architettura verde della Pac, la ministra ha concluso affermando: «Valuto positivamente le modifiche apportate nel segno della flessibilità sulle buone condizioni agronomiche e ambientali».
«Apprezziamo l'esclusione del riso dalla costituzione delle aree ecologiche, tuttavia permangono problemi oggettivi per quanto concerne l'impegno nella condizionalità alla rotazione delle colture».
La coalizione “Cambiamo Agricoltura”
contesta la visione della Ministra
La coalizione #cambiamoagricoltura esprime sconcerto per le dichiarazioni della ministra dell'Agricoltura, Teresa Bellanova riguardo alla riduzione delle risorse Pac sugli ecoschemi.
In una nota la coalizione che raggruppa 70 associazioni del mondo del’ambientalismo e dell’agricoltura biologica tra cui Federbio, Wwf, Legambiente e associazione italiana agricoltura biodinamica sottolinea:
«Sarebbe difficilmente giustificabile agli occhi dei cittadini una Pac non in grado di affrontare concretamente problemi ambientali come la perdita della biodiversità, il contrasto ai cambiamenti climatici, il mantenimento dell'agricoltura biologica ed il benessere animale, tutte misure possibili con gli ecoschemi».
«Le posizioni espresse da Bellanova, come l'esclusione del riso dalla costituzione delle aree ecologiche, difendono modelli di agricoltura a maggiore impatto ambientale del Nord Italia a discapito dell'agricoltura delle aree interne del nostro paese, più sostenibile per l'ambiente e la società. L'Italia con queste posizioni si colloca tra i paesi europei meno lungimiranti e più distanti dai traguardi del Green deal».
Finalmente un ministro che conosce l’agricoltura; che è consapevole che per fare il vino ci vuole l’uva, per fare l’olio ci vogliono le olive e per fare i pelati ci vogliono i pomodori. Probabilmente il ministro è a conoscenza del fatto che molte imprese agricole italiane già producono, volontariamente, rispettando le misure agro ambientali ed i sacrosanti principi della produzione integrata.
E’ ora di capire, che la richiesta di fondi per il sostegno di sistemi agricoli, seppur rispettabili, non risolve i problemi ambientali.
I prodotti agricoli italiani sono già tra i più sicuri al mondo e che gli agricoltori non sono i principali distruttori dell’ambiente.
Le piante vanno curate, in tutti i sistemi produttivi, mediante l’utilizzo di farmaci. Non esistono pesticidi se si produce secondo schemi di agricoltura integrata e farmaci buoni se si produce secondo altri schemi di produzione; i farmaci sono farmaci!
Ormai è di modo il tema della sostenibilità (economica, ambientale e sociale); ma come si può definire sostenibile un sistema produttivo che necessità di sovvenzioni?
Un tal sistema sarà sostenibile per le aziende ma non per i cittadini (da qualche parte gli aiuti dovranno uscire).
Basta con la visone bucolica dell’agricoltura! Le aziende agricole sono imprese a tutti gli effetti e vanno condotte secondo schemi rispettosi di tutto e tutti; quello che già in molti casi e normalmente avviene in Italia.