La Commissione Europea vede nei biocombustibili uno degli assi portanti della sua politica energetica e ambientale, tanto che, a partire dal 2003 (Direttiva 2003/30/CE) ha emanato una serie di provvedimenti con l’obiettivo di innalzare la soglia del quantitativo di biocarburanti sostitutivi di quelli tradizionali (Michela Pin, 2006) per il trasporto su strada fino alla quota del 10% entro il 2020.
Nonostante la modestia dei risultati fino ad oggi ottenuti, il quadro che si prospetta per il futuro si basa su una visione di tipo agricolo-centrica che vede nei prodotti alternativi al petrolio di origine vegetale una reale opportunità al sostegno del reddito dell’azienda agricola (Castelli e Sala, 2009). Questo disegno è strettamente collegato allo sviluppo della filiera nazionale del biodiesel (intendendo con filiera tutta la serie di operazioni che vanno dalla produzione agricola all’immissione e consumo del biocombustibile sul mercato) che, purtroppo, è allo stato attuale, sostanzialmente inesistente, anche se alcune ditte italiane sono leader del mercato europeo.
Di fatto l’industria nazionale, a causa delle limitate Plv ed elevati costi di produzione, pur avendo una potenzialità almeno tripla rispetto alle quantità effettivamente prodotte, impiega prevalentemente materiale di importazione, relegando l’agricoltura nazionale a un ruolo del tutto marginale (produzione di semi oleosi sufficienti solo per poche migliaia di t).
Oggi la filiera è tradizionalmente identificata nella coltivazione del girasole, che risulta caratterizzata da redditività che, seppur migliorate, non sono ancora sufficienti per il suo decollo. La risoluzione di tale problema potrebbe essere realizzata attraverso un incremento delle rese aziendali (dato che le spese sono difficili da comprimere) attraverso un’a-deguata valorizzazione dei sottoprodotti. In quest'ottica la pianta oleaginosa va vista non come semplice produttrice di olio, ma come generatrice di più prodotti di pari dignità economica.
Questo aspetto è vicino al concetto di bioraffineria che vede nella produzione di biomassa una sorgente di materia prima idonea per la produzione, oltre che di energia e/o prodotti energetici, di una moltitudine di derrate di interesse per il mercato, attraverso un compromesso ottimale di impiego del prodotto principale e dei sottoprodotti (Lazzeri e D’Avino, 2009).
Non va dimenticato, infine, che la valorizzazione dei sottoprodotti non va a beneficio della sola filiera del biodiesel, ma anche di sue varianti, quali la produzione decentralizzata di olio puro da utilizzare come combustibile a livello di azienda agricola per motori e caldaie, per la produzione di energia elettrica mediante gruppi elettrogeni e anche di olio alimentare.
IL PROGETTO EXTRAVALORE
Il Progetto nazionale Extravalore, finanziato dal MiPaaf, mira all’ottimizzazione economica della filiera del biodiesel attraverso l’individuazione di impieghi alternativi ai sottoprodotti di filiera, esaltandone la valorizzazione, siano essi residui cellulosici di campo e di lavorazione del seme (paglie, calatidi, cuticole, ecc.), residui delle operazioni di estrazione ed eventuale raffinazione dell’olio (panelli e farine di estrazione, gomme) o del processo di trans-esterificazione dell’olio vegetale (glicerina a diversi gradi di purezza). Ciò attraverso l’impiego in diversi settori applicativi ritenuti di pari valore: quello agronomico, per la produzione di ammendanti e prodotti specifici; quello zootecnico, per l’alimentazione di varie specie animali; quello industriale, per la produzione di materie prime di utilizzo generale; quello energetico, per la produzione di combustibili e di energia.
Ognuno di questi è fatto oggetto di studio in altrettanti sottoprogetti, alla base dei quali si sviluppa quello denominato “Materie prime”, con l’obiettivo di mettere in luce la possibile influenza, osservabile in tutte le componenti della pianta, delle diverse agro-tecniche in tre ambienti geografici distinti (Nord, Centro e Sud Italia) sulle caratteristiche dei sottoprodotti ottenibili dalle specie vegetali di interesse, tra cui il girasole.
A tale scopo, per il primo anno di attività, si è operato ponendo a confronto le principali varietà a elevato contenuto di acido oleico per saggiarne produttività e risposta alle condizioni pedoclimatiche più diverse.
ORGANIZZAZIONE DELLA SPERIMENTAZIONE
La sperimentazione del 2011 ha previsto la valutazione di sedici ibridi alto oleico in comparazione con due testimoni convenzionali (tab. 1), individuati fra i migliori da graduatorie redatte in base a risultati di prove di valutazione varietale afferenti a una rete nazionale di sperimentazione coordinata dall’unità di Osimo, in uno schema sperimentale (tab. 2)a blocchi randomizzati, con 3 repliche, in parcelle di 15 m2 di superficie. Il confronto è stato realizzato a Palazzolo (Ud), Osimo (An) e Catania (Ct). Le prove sono state seminate meccanicamente, a fila continua o a postarella, con un quantitativo di seme eccedente il fabbisogno per ottenere, con diradamento manuale, allo stadio di 2-4 foglie vere, l’investimento di 6 piante/m2. Sono stati eseguiti i principali rilievi biomorfologici, produttivi e qualitativi: date di emergenza, inizio fioritura e maturazione agronomica; altezza delle piante; diametro della calatide e sua superficie sterile centrale, peso di 1.000 acheni, percentuale di olio negli acheni determinata con il metodo Nmr, resa areica in acheni e olio e, per le varietà ad elevato contenuto di acido oleico, composizione acidica dell’olio proveniente da calatidi autofecondate tramite sacchetti di cotone posizionati sulle stesse prima dell’antesi, così da isolarle da polline estraneo, tramite analisi dei metil esteri degli acidi grassi con gascromatografo. Tutte le analisi sono state eseguite dalla struttura di Osimo, coordinatrice del progetto.
Le caratteristiche fisico-chimiche dei terreni di prova sono risultate abbastanza differenti (tab. 3). Il decorso termo-pluviometrico (fig. 1) ha evidenziato temperature sempre al di sopra della media poliennale, tranne che per Palazzolo a luglio e precipitazioni più scarse della norma in tutti gli ambienti con l’unica significativa eccezione per la località friulana, dove nel mese di giugno sono caduti oltre 80 mm in più del solito, mentre lo scarto positivo di settembre a Cassibile è risultato troppo tardivo per poter influire positivamente sulla coltura.
MEDIA DELLE LOCALITÀ
In considerazione degli andamenti climatici, come atteso, gli ambienti (tab. 4) si sono differenziati sensibilmente quanto a potenzialità produttiva e caratterizzazione morfo-fenologica delle varietà. A Palazzolo, che ha potuto godere di un decorso termo-pluviometrico favorevole, le piante, associando alla precocità di fioritura e alla più ampia fase di riempimento degli acheni la minore taglia, la maggiore dimensione dei capolini e il più elevato peso unitario degli acheni, hanno ottenuto il miglior risultato produttivo (in acheni e olio) fra località.
Nonostante l’ausilio irriguo in Sicilia si sono ottenute le produzioni più basse, con uno scarto prossimo o superiore al 28%, rispettivamente per acheni e olio. A Osimo il più alto contenuto in olio registrato ha permesso di ridurre il divario produttivo nei confronti della località friulana dal 13% della resa in acheni all’11% di quella in olio, ampliando nel contempo quello nei confronti della siciliana dal 17 al 20%.
PALAZZOLO
LG 55.57 HO è risultato l’ibrido più produttivo in acheni e olio, ottenendo il primato anche relativamente al contenuto in sostanza grassa dei semi (tab. 5). Riguardo al primo carattere, Oleko ed entrambi i testimoni convenzionali hanno fornito produzioni statisticamente indifferenti , mantenendo tutti la resa oltre le 4t/ha; a tale valore si sono approssimati LG 56.56 HO (3,9 t/ha) e NK Camen (3,88t /ha). Oleko non ha mantenuto la posizione di vertice anche per la resa in olio, così come uno dei due testimoni alto linoleico (Mas 92.IR); per il contenuto di olio solo Doriana si è avvicinato al miglior valore, mentre gli altri hanno dimostrato differenze superiori. Heliagol HO ha fiorito più tardivamente degli altri, mentre Mas 88.OL e LG 54.50 HO più precocemente, con uno scarto di 10 giorni. Quest’ultimo ha concluso per primo il ciclo biologico, mentre l’ibrido più produttivo è risultato il più tardivo, usufruendo anche del maggior intervallo fioritura-maturazione agronomica (79 giorni).
L’altezza delle piante è risultata abbastanza contenuta, con una media di poco superiore al metro e mezzo; 33 cm hanno separato MAS 89.OL (la cultivar più alta) da PR64H41 (la più bassa). Inotop ha raggiunto la maggiore dimensione del capolino, al contrario di Oleko. Heliagol HO, con 70 g per 1.000 semi e LG 54.50, con 99,1, hanno raggiunto i valori estremi riguardo al peso degli acheni.
OSIMO
Nella località marchigiana (tab. 6) la differenziazione varietale è stata meno marcata: a Oleko, l’ibrido che, in assoluto, ha fornito la maggiore resa in acheni, se ne sono affiancati altri otto, con produzioni non dissimili. Doriana ha evidenziato il miglior contenuto in olio, prossimo al 50%: altre due costituzioni hanno comunque superato il 48% (LG 55.57 HO e NK Sinfoni) e quattro il valore medio (46%). Contemplando congiuntamente i due caratteri viene determinata, per la resa in olio, una graduatoria in cui Doriana e Mas 88.OL sono risultati i migliori, in valore assoluto, seguiti, con valori statisticamente simili, da Oleko, Pacific, PR64H41, PR64H31, NK Camen e Inotop.
Il periodo di inizio fioritura è risultato abbastanza compresso: in 6 giorni tutte le varietà hanno presentato più del 50% delle calatidi con le ligule visibili e completamente distese (carattere distintivo di inizio fioritura), a iniziare da Oleko e LG 54.50 HO (19/6) per finire con Heliagol, Mas 88.OL e i due testimoni (25/6). Il ciclo della coltura, inteso come intervallo semina-maturazione agronomica, è risultato intermedio fra quelli delle località di prova, con un differenziale fra la più precoce, LG 54.50 (118 giorni) e la più tardiva, LG 55.57 HO (128 giorni), pari a quanto verificatosi nell’Italia Settentrionale.
Anche l’altezza delle piante e la superficie media delle calatidi sono risultati intermedi; per il primo carattere Mas 89.OL ha raggiunto i 188 cm, NK Sinfoni non è andata oltre i 151; per il secondo, Oleko, con 333 cm2 e LG 56.56 HP, con 198, hanno espresso i valori estremi. Inotop ha fatto registrare il maggiore peso degli acheni, Mas 92.IR il minore.
CASSIBILE
Anche nella località siciliana (tab. 7) si sono poste in evidenza per la produttività nove accessioni. Mas 89.Ol, che ha sfiorato una resa in acheni di 3 t/ha, è stata affiancata, nell’ordine, in valore assoluto, da DKF 2727, LG 55.57 HO, PR64H41, Montijo, Inotop, Mas 92.IR e NK Camen, tutte con produzioni superiori alla media. Per il contenuto in olio ha prevalso LG 55.57 HO, con il 48,1%, che, insieme ad altre sette accessioni, ha superato il valore medio.
Il comportamento relativo a questo carattere ha condizionato la classifica della produzione in olio, diversificandone la graduatoria di merito rispetto a quella della resa in acheni; pur rimanendo nove le accessioni in evidenza, è LG 55.57 HO che se ne pone al vertice, proprio grazie al buon tenore oleico dimostrato; Mas 88.Ol ne fuoriesce e ne entra a far parte a pieno titolo Mas 92.IR. In questo ambiente le piante hanno dimostrato maggiore scalarità di fioritura, con 13 giorni di differenza tra la prima a raggiungere l’antesi (Montijo) e l’ultima (Heliagol HO). Anche l’intervallo semina-maturazione si è dimostrato il più ampio: 21 giorni hanno infatti distanziato la cultivar più precoce (LG 56.56 HO) dalla più tardiva (Heliagol HO), a dimostrazione della differente risposta varietale alle particolari condizioni termiche e di disponibilità idrica determinata, quest’ultima, con l’ausilio irriguo. La conformazione stessa delle piante ne è risultata influenzata, tanto che si sono registrate, mediamente, la maggiore taglia e la più piccola dimensione del capolino, che hanno sicuramente condizionato in senso negativo il risultato produttivo. Non sembra essere andato sulla stessa linea il peso dei 1.000 acheni, oscillato tra i 63,8 g di NK Ferti e i 34,0 di Mas 92.IR, comunque mediamente superiore ai valori del Centro Italia.
In tab. 8 sono riportati i risultati delle analisi gascromatografiche eseguite sui metil-esteri degli acidi grassi dell’olio degli ibridi in prova per determinarne la composizione. Appare evidente la rispondenza di tutte le varietà alle caratteristiche dichiarate, con valori di acido oleico ben al di sopra dell’80% (media 88, 27%), spesso prossimi o pari al 90%.
CONSIDERAZIONI FINALI
Il primo anno di attività del Progetto Extravalore-Sottoprogetto Materie Prime ha permesso di ottenere utili indicazioni dallo studio della produttività di sedici ibridi commerciali a elevato contenuto di acido oleico nella frazione lipidica, in diverse condizioni pedo-climatiche (Nord, Centro e Sud Italia).
- Il comportamento agronomico delle varietà si è diversificato nei vari areali di sperimentazione: al Nord si è evidenziata una buona potenzialità produttiva, favorita anche dall’ampia disponibilità idrica dovuta alla costanza e consistenza delle precipitazioni che si verificano normalmente durante il ciclo del girasole; non altrettanto si è verificato nel Centro Italia, dove solo il verificarsi di un significativo evento pluviometrico a ridosso della fioritura ha sopperito alla scarsità delle precipitazioni che ha caratterizzato la stagione, permettendo la realizzazione di una resa media del 12% inferiore a quella dell’ambiente settentrionale. Nel Meridione, data l’esiguità degli eventi meteorici, la finalizzazione produttiva è stata realizzabile esclusivamente attraverso l’ausilio dell’irrigazione; la differenziazione varietale è stata sensibile e ampio il divario produttivo tra le varietà, prossimo al 40% della migliore resa, simile a quello fatto registrare nel Settentrione, più che doppio rispetto a quello dell’Italia centrale.
- Il girasole è in grado di esprimere capacità di adattamento ai vari ambienti di coltivazione superiori a quelle di altre colture da rinnovo, in particolare riguardo alla disponibilità di acqua; inoltre l’influenza degli apporti idrici è da ascrivere principalmente al momento in cui questi si realizzano poiché la pianta viene stimolata alla differenziazione di un tipo di architettura adeguata allo sfruttamento della disponibilità (Del Gatto e Laureti, 2003). La tipologia di pianta sviluppatasi nella località del Nord, di taglia medio-bassa e capolini di ampia superficie, ha permesso la finalizzazione di un risultato superiore a quello degli altri due ambienti che, viceversa, hanno presentato, parimenti alle produzioni, tipologie di piante progressivamente più distanti (taglia superiore e capolini più piccoli).
- Le varietà ad alto contenuto di acido oleico hanno dimostrato un’apprezzabile validità. Dall’esame della tab. 9, che mostra i risultati medi dei tre ambienti di sperimentazione, appare che ben undici ibridi sui sedici in prova presentano produzioni, in acheni e olio, non dissimili dai testimoni alto linoleico. Solo qualche anno fa si riuscivano a reperire con difficoltà costituzioni alto oleico che permettessero di raggiungere risultati comparabili a quelli delle convenzionali.
- Le varietà più affidabili, cioè le migliori nella graduatoria media dei tre ambienti, già ai vertici delle graduatorie delle singole località, seppure nell’ambito di un solo anno di valutazione, sono state LG 55.57 HO, Oleko, NK Camen, ma si sono distinte anche Mas 88.OL, Mas 89.OL, PR64H41, con rese areiche superiori o pari alla media sia in acheni che in olio.
- Tutte le cultivar a confronto hanno dimostrato rispondenza ai requisiti dichiarati con contenuti di acido oleico nella frazione lipidica sempre al di sopra dell’85% in tutte le località, indice di una consolidata stabilità nel carattere che, anche in questo caso, solo pochi anni fa era ben lungi dall’essere acquisita.
- Raggiunta, o, addirittura, superata la produttività di riferimento delle varietà convenzionali e abbandonate tutte le caratteristiche negative (altezza elevata, tardività di ciclo, instabilità del tenore in acido oleico) per cui venivano considerate con diffidenza dagli operatori del settore agricolo, data la superiore versatilità d’impiego connessa alla particolare composizione acidica dell’olio da esse estraibile, si profilano per queste varietà prospettive di mercato sempre più incoraggianti. Nel prosieguo del progetto saranno approfonditi ulteriormente aspetti biometrici e produttivi oltre all’influenza delle diverse agrotecniche sugli stessi.
Gli autori sono del CRA-CIN - Osimo (An)
BIBLIOGRAFIA
Lazzeri, L.; D’Avino, L., 2009. Green Chemistry: an agricultural production chain for biolubricants. Proceedings of the First Joint Research Centre Workshop on Green Chemistry. Ispra (Varese) 22 January 2009, 90-104
Michela Pin, 2006. Atti del convegno “Bioenergy World”, Milano 9-12 febbraio 2006
Castelli S., Sala C., 2009. Olio vegetale e biodiesel, opportunità per l’agricoltore. Energia rinnovabile,
Del Gatto A., Laureti D., 2003. Influenza della disponibilità idrica in girasole. Agroindustria, vol 2, 1, 17-21