Prove di filiera per la canapa da seme

    Università di Milano e Crea hanno analizzato le potenzialità delle varietà di canapa oggi disponibili per la produzione di olio. Lo scoglio più difficile resta la meccanizzazione della raccolta

    Oltre all’impiego nei settori di tessuti, carta, plastiche, vernici, combustibili e materiali per l'edilizia, la canapa si presta anche per la produzione di un olio alimentare di qualità. In questa ottica il Dipartimento di Scienze agrarie e ambientali - produzione, territorio, agroenergia (DiSAA) dell’Università di Milano e il Centro di ricerca Zootecnia e Acquacoltura del Crea di Lodi hanno lavorato a un progetto triennale chiamato “Canapro”, che si è chiuso quest’anno, con l’obiettivo di valorizzare questa coltura attraverso l’identificazione di varietà per l’ambiente lombardo idonee alla produzione di semi da utilizzare per l’estrazione dell’olio e l’alimentazione animale.

    Questo progetto è stato cofinanziato dall’operazione 16.1.01 “Gruppi operativi Pei” del Programma di Sviluppo Rurale 2014 – 2020 della Regione Lombardia nell’ambito della misura 16 “Cooperazione”, sottomisura 16.01 “Sostegno per la costituzione e la gestione dei Gruppi Operativi del Pei in materia di produttività e sostenibilità dell’agricoltura”. Aziende partner del progetto sono state la Fondazione Morando Bolognini, l’azienda agricola Madreterra e l’azienda agricola Matteo Penati (produzione in campo), la Next Farm (estrazione dell’olio) e l’azienda agricola Luigi Penati (valutazione del panello nelle bovine da latte).

     

    Gli obiettivi specifici

    Antonio Ferrante

    Gli obiettivi specifici del progetto, descritti dal coordinatore del progetto, Antonio Ferrante dell’Università di Milano, in occasione del convegno finale di presentazione dei risultati che si è svolto lo scorso giugno presso il Castello Bolognini di Sant’Angelo Lodigiano (Lo), sono stati i seguenti:

    • identificare le varietà più idonee all’ambiente lombardo e agli obiettivi di trasformazione, al fine di migliorare la sostenibilità agronomica e ambientale;
    • sviluppare dei modelli di crescita per la coltivazione in pieno campo e in serra, in modo da poter programmare la produzione, al fine di migliorare la sostenibilità economica e avere una produzione aziendale tutto l’anno;
    • valutare la resa e la qualità della produzione extra-stagionale della canapa attraverso la coltivazione in serra;
    • identificare le varietà con più alta resa in olio;
    • confrontare la qualità dell’olio delle diverse varietà di canapa ottenuto con differenti parametri di spremitura;
    • valorizzare i sottoprodotti nelle applicazioni zootecniche.
    I relatori del convegno: da sinistra Lo Scalzo, Pelizzola, Gasparini, Bonazza, Ferrante, Guffanti, Degano

    Le migliori varietà in campo

    «Il progetto fa propri alcuni obiettivi della Pei Agri relativi all’innovazione che nel progetto si delineano nell’ambito di innovazione di prodotto (varietà più idonee e prodotti derivati) e di processo (estrazione di olio e sua valorizzazione) – ha spiegato Ferrante, che poi è entrato nel merito dei migliori risultati da parte delle nove varietà testate –. I migliori risultati in termini di adattamento e di risposte eco-fisiologiche sono stati osservati in Carmagnola, Carmagnola selezionata (bassa), Felina 32 e Santicha 27, mentre le rese migliori sono state riscontrate in Fedora, Zenit, Felina 32 e Futura 75. È necessario migliorare la genetica della coltura per ottenere piante con l’attitudine alla produzione di semi, perché quelle in cui abbiamo un’altezza più elevata hanno mostrato una resa inferiore. Inoltre, nel 2021 i risultati sono migliorati dal punto di vista agronomico, ma rimane il problema della raccolta e della mancanza di macchine specializzate».

    Le prove parcellari

    «Le prove parcellari di confronto con diversi genotipi – ha aggiunto Luigi Degano, della Fondazione Morando Bolognini – hanno riguardato 6 varietà nel 2020, 9 nel 2021 e 8 nel 2022. Nel primo anno la semina si è svolta a maggio e giugno, per raccogliere dall’11 settembre al 9 ottobre, nel 2021 si è seminato ad aprile e maggio e raccolto dal 17 agosto al 15 ottobre, infine nel 2022 le semine sono state effettuate ad aprile e maggio e la raccolta dal 7 agosto al 15 ottobre. Dai risultati emerge una variabilità elevata e quindi l’esigenza di uniformare le varietà tramite miglioramento genetico, oltre come già detto a migliorare la meccanizzazione della raccolta, lavorando in particolare sui criteri di regolazione dell’altezza della barra falciante e controbattitore. Occorre anche ottimizzare le conoscenze in ambito irrigazione e concimazione, nonché sviluppare pratiche agronomiche per il diserbo (almeno in pre-emergenza). Infine, le varietà testate di canapa non sembrano adatte alle seconde semine, fatta eccezione per Finola».

     

    La sperimentazione in serra

    Per quanto riguarda la sperimentazione in serra sono state testate le stesse 9 varietà analizzate in campo. «Le varietà coltivate con illuminazione LED – ha riportato Davide Guffanti dell’Università di Milano – hanno mostrato rapido sviluppo, maggiore allungamento internodi e contenuto di azoto fogliare inferiore. Non è stata rilevata alcuna differenza statisticamente significativa in caratteristiche morfologiche, clorofilla, nitrati, zuccheri totali, concentrazione di elementi, resa in termini di biomassa (fresca e secca) e seme. La resa in seme maggiore è stata riscontrata in Fedora 17 (16,01 g/pianta) e USO 31 (11,23 g/pianta) nel caso di luci Hid (lampade a scarica ad alta intensità). La resa in biomassa fresca maggiore, invece, è stata ottenuta da Felina 32 (296,2 g/pianta) e Carmagnola selezionata (290,75 g/pianta) nel caso di luci Led (diodi a emissione di luce). Infine, il ciclo produttivo più breve è stato quello delle varietà poste sotto il sistema di illuminazione Led».

     

    Le caratteristiche chimiche dell’olio

    La caratterizzazione chimica dell’olio nelle diverse varietà ha confermato l’alta qualità di quello estratto dal seme di canapa. «Parliamo di varietà che, come da Regolamento Ue 1393/2022, devono avere un tenore massimo di Thc di 3 mg/kg nei semi e di 7,5 mg/kg nell’olio di canapa – ha precisato subito Francesca Bonazza del Crea-ZA –. L’olio, presente nel seme in percentuali che variano dal 26 al 37,5%, è composto per l’80% da acidi grassi polinsaturi e la spremitura avviene a freddo per preservare la qualità. Anche il panello è un ricco sottoprodotto, con il 33% di proteine, l’11% di lipidi e il 43% di fibra.  Nell’olio quindi c’è un elevato contenuto in acidi grassi polinsaturi, suddivisibili in Omega 3 (15-25% di acido α-linolenico e 1-4% di acido stearidonico) e Omega 6 (50-70% di acido linoleico e 0,5-2% di acido γ-linolenico), per un rapporto Omega 6:Omega 3 ben bilanciato (pari a 3:1). Altre sostanze con attività antiossidante presenti nell’olio di canapa sono i polifenoli (lignani), i carotenoidi (luteina, zeaxantina e ß-carotene) e i tocoferoli (γ-α-ß-δ-tocoferolo). Quanto agli acidi grassi, Carmagnola, Carmagnola selezionata e Finola hanno fatto registrare i valori più alti di acido α-linolenico (20% circa), mentre Santhica 27 e Felina 32 hanno primeggiato come acido linoleico (57% circa). Per quanto riguarda il contenuto in tocoferoli nell’olio, è risultato in generale molto elevato (600-800 μg/g), superiore quindi a un olio come l’extravergine d’oliva (100-300 μg/g), anche se con una forte variabilità tra varietà e da un anno all’altro. Lo stesso vale per i carotenoidi, dove si è riscontrata una notevole differenza tra il contenuto nei semi e nel panello. Interessante anche la valutazione del contenuto di terpeni, molecole con attività positiva sulla salute, ma anche in questo caso con differente distribuzione tra le varietà».

     

    Composti fenolici

    Quanto ai composti fenolici nei semi di canapa e prodotti derivati, «la canapa è una fonte importante di questi composti e ancora poco indagata – ha sottolineato Roberto Lo Scalzo del Crea-IT di Milano –. Il contenuto è risultato variabile a seconda della stagione e delle varietà, comunque le quantità assolute sia di composti fenolici totali (7-14 mg/g) rilevati sia di lignani (15-32% sul totale) sono assolutamente in linea con quanto è stato ritrovato nella letteratura. Comunque, la stragrande maggioranza dei lignani va nel panello, nell’olio ne ritroviamo pochi».

     

    Alimentazione zootecnica

    Per quanto riguarda l’alimentazione zootecnica, «il panello residuo dall’estrazione dell’olio di canapa può rappresentare un ottimo sottoprodotto da utilizzare come integrazione alla razione alimentare degli animali – ha spiegato Valeria Pelizzola del Crea-ZA –. Non è utilizzabile il materiale derivante dall’intera pianta, ma solo semi e panelli, che possono essere considerati un’eccellente fonte di proteine non rumino-degradabili per i ruminanti, in particolare i lignani. Queste sostanze negli animali determinano un miglioramento nella sopravvivenza degli embrioni nelle vacche, un effetto positivo sul metabolismo del rumine delle capre e una protezione della ghiandola mammaria da stress ossidativo.

    Nell’uomo i lignani vengono trasformati dall’azione della microflora intestinale in enterolignani, molecole che possiedono in generale un’attività antiossidante e alle quali viene attribuito un ruolo nel ridurre l’incidenza di malattie coronariche e il rischio di adenoma colon-retto.

    La sperimentazione effettuata su 95 animali di razza Frisona ha rivelato che le tipologie di panello disponibile sul mercato presentano una composizione chimica eterogenea che potrebbe dipendere dal processo di spremitura, mentre l’effetto dell’integrazione sulla composizione in acidi grassi del latte ha dimostrato un aumento del contenuto in acidi grassi polinsaturi (in particolare se il panello si presenta sotto forma di farina). Infine, risultati interessanti sono stati ottenuti dalla valutazione del contenuto di enterolignani nel latte».

    Panelli e shelf-life

    Rimanendo sempre nell’ambito del panello Andrea Gasparini del Crea-ZA ha riferito sulla caratterizzazione dei panelli di canapa tramite tecnologie Nir e sulla shelf life dell’olio di canapa. «Il panello di canapa risulta essere una matrice ricca di proteine e di lipidi utili per alimentazione bovina – ha concluso Gasparini – ed è una matrice ricca di composti polifenolici antiossidanti di tipo idrosolubile che garantiscono una certa protezione della frazione lipidica e possono avere un valore nutraceutico per il razionamento delle bovine. L’olio di canapa per utilizzo alimentare e umano è un prodotto ad alto valore nutraceutico, ma molto delicato. L’analisi effettuata sul dataset spettrale della prova di shelf-life ha evidenziato la potenzialità della tecnica nel discriminare l’irrancidimento precoce dell’olio sia in misura qualitativa e quantitativa».

     

    Il responso dalle aziende agricole

    Infine, i dati di campo ricavati grazie alla disponibilità delle aziende agricole Matteo Penati, coltivazione in produzione integrata, e Azienda Madreterra, coltivazione in regime di biologico. «Nel primo caso – ha riassunto Ferrante – si sono valutate le varietà Uso31 (2020) e Futura 75 (2021), nel secondo Futura 75 (2020) e Felina 32 (2021). Per quanto riguarda Futura 75, la media produttiva di resa in seme tra l’azienda Penati e la Madreterra è stata di circa 100 kg/ha. Da questo test sono emersi alcuni aspetti:

    • difficoltà di germinazione e fallanze;
    • la raccolta meccanica rimane uno dei problemi da risolvere;
    • le densità di semina vanno ridotte e occorre modificare la gestione agronomica, che deve essere diversa rispetto alla canapa da fibra, anche perché nel caso della canapa da seme bisogna selezionare varietà a taglia bassa;
    • è necessario scegliere la varietà più idonea e adeguare l’impianto considerando il dimorfismo sessuale;
    • la coltivazione in regime di biologico ha mostrato delle difficoltà nella produzione e nella crescita delle piante.

    Per rivedere il convegno

    Prove di filiera per la canapa da seme - Ultima modifica: 2023-07-24T09:15:08+02:00 da Francesco Bartolozzi

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