Il 2020 anno nero per l’agricoltura: giù produzione, valore aggiunto e occupati

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La pandemia ha fatto sentire i suoi effetti anche sul settore primario. Male soprattutto agriturismi, florovivaismo e vino. Cresciuti i prezzi pagati agli agricoltori e calati (poco), i costi di produzione

Dall'anno che passerà alla storia come quello della pandemia da coronavirus era difficile attendersi numeri positivi. Ma leggere i dati dell'economia agricola con tanti segni meno fa sempre un certo effetto. Anche perché già il 2019 fece registrare un consultivo poco entusiasmante per il settore primario (-1,6% il valore aggiunto in volume rispetto al 2018). Un report dell'Istat mostra come dall'1 gennaio al 31 dicembre 2020 la produzione agricola in Italia sia diminuita in volume del 3,2% e il valore aggiunto del 6,4%. Calata anche l'occupazione: -2,3% rispetto ai dodici mesi precedenti. Ma c'è anche qualche indicatore positivo. Nel 2020 sono diminuiti seppur di poco i costi di produzione per gli agricoltori (-0,6%) e aumentati i prezzi dei prodotti agricoli: +0,9%.

A soffrire di più sono state le attività secondarie, in particolare gli agriturismi, con una flessione del 20,3%. Il settore florovivaistico (-8,4%) e i servizi di supporto all’agricoltura (-4,1%). La produzione di olio di oliva ha subìto il maggiore ridimensionamento (-14,5%) mentre è aumentata la produzione di frutta (+3,7%), cereali (+3%), latte (+2,7%) e ortaggi (+0,2%). Nella Ue a 27 sono calati produzione (-0,8%) e reddito agricolo (-1,5%). L’Italia si conferma il primo Paese europeo per valore aggiunto e il terzo per valore della produzione.

Legumi, che frenata dopo il boom

Dopo il boom degli ultimi cinque anni (con una crescita complessiva di quasi il 50%), le coltivazioni leguminose hanno subìto un calo della produzione in volume del 5% e del 3,3% in valore. Il ridimensionamento ha toccato soprattutto alcune varietà: piselli secchi, ceci e lenticchie. Una performance negativa si registra anche per le piante industriali (-2,2% il volume), connessa in special modo al calo della produzione di tabacco (-5,2%), canapa (-4,1%) e soia (-3,6%).

Perdite consistenti si sono rilevate anche nel settore del florovivaismo (-8,4% in volume). In particolare, il comparto floricolo ha avuto un notevole ridimensionamento in volume (-9%) e un calo più attenuato in valore (-3%) grazie a un robusto rialzo dei prezzi (+6,5%). Analogo andamento è stato riscontrato per il settore dei vivai (-7,9% in volume, -1,9 in valore e +6,5% per i prezzi).

Difficoltà hanno toccato anche il comparto zootecnico. La riduzione dei consumi ha avuto ricadute soprattutto sulla macellazione delle carni animali: le suine hanno subìto un calo della produzione del 3,6% in volume e del 7,7% in valore, le bovine dell’1,3% in volume e del 3,9% in valore mentre per il pollame all’aumento dei volumi (+1,3%), si è accompagnato un calo del valore della produzione (-3,5%) per la marcata flessione dei prezzi (-4,7%).

Olio d'oliva, male la produzione al Sud

Il 2020 è stato un anno molto sfavorevole per la produzione di olio d’oliva. Seguendo il normale andamento ciclico, dopo l’espansione del 2019 (aumento della produzione del 27,6% in volume e del 29,6% in valore), nel 2020 si sono ridimensionati i volumi (-14,5%) e i valori produttivi (-22,4%).

La flessione è stata particolarmente marcata nelle regioni del Sud, dalle quali dipende gran parte della produzione nazionale. In particolare, il volume della produzione ha subìto un drastico ridimensionamento in Puglia (-31,7%), Campania (-22,6%) e Calabria (-21,6%), solo in parte compensato dal pur sensibile aumento in alcune regioni del Centro (Toscana +28,6%, Umbria +14,7%, Marche +3,6%) e del Nord (Emilia-Romagna +20%, Veneto +19%, Liguria +3,8%).

Vino, annata da dimenticare

L’annata è stata negativa anche per il vino, che ha registrato un calo del 2% della quantità prodotta. Tra le regioni a maggior vocazione vitivinicola, a soffrire di più in termini di volumi produttivi sono state quasi tutte quelle del Sud (Sicilia -14% e Calabria -9,1%) e del Centro (Toscana -7,9%, Umbria -7,2% e Lazio -6,3%), ma anche alcune regioni del Nord (Liguria -11,7% e Friuli Venezia-Giulia -8,8%).

La quota di prodotto rimasta invenduta per mancata commercializzazione verso il settore della ristorazione o per difficoltà nelle esportazioni ha determinato una generalizzata diminuzione dei prezzi, con riduzioni più marcate in Puglia, Campania e Sicilia e meno incisive, invece, in Piemonte e Veneto. Nel complesso il valore della produzione di vino è diminuito del 3,4%.

Bene orticole e frutta

Lo studio dell'Istat mostra come nel 2020, le colture orticole abbiano fatto registrare risultati complessivamente positivi (+0,2% in volume e +3,1% in valore) grazie soprattutto a un sensibile rialzo dei prezzi (+2,9%). Elevati incrementi del volume della produzione si sono registrati per patate (+6,8%), pomodori (+5,9%), fagioli freschi (4,9%) e cavoli (+3,8%), le performance peggiori sono state riscontrate per radicchio (-5,8%), asparagi (-5,6%) e lattuga (-5,5%). Sul fronte dei prezzi, vistosa è stata l’impennata per poponi (+31,8%), fragole (+24%) e carciofi (+23,3%).

L’andamento climatico favorevole e l’attenuarsi, rispetto all’anno precedente, delle problematiche legate alla cimice asiatica, hanno favorito le coltivazioni frutticole. Inoltre, il fenomeno dell’alternanza di produzione che caratterizza le coltivazioni legnose ha indotto andamenti di segno opposto in quasi tutti i prodotti fruttiferi rispetto al 2019.

In particolare, è cresciuto il raccolto di nocciole (+36,5% in volume) e pere (+35,5%); buoni i risultati anche per ciliegie (+5,8%), mele (+1,6%) e per tutta la frutta secca. L’annata è stata difficile, invece, per albicocche (-36,6%), nettarine (-32,7%) e susine (-26,8%) e si è ridotto anche il volume di produzione degli agrumi (-6,4%) dopo il buon risultato dell’anno precedente. I prezzi del comparto frutticolo, che nel 2019 erano diminuiti dell’8,1%, sono aumentati in maniera considerevole (+9,4%).

Cereali ok

È stata buona la performance delle coltivazioni di cereali (+3% la produzione in volume e +8% in valore), in continua flessione negli anni precedenti soprattutto in valore. La produzione di frumento duro, cresciuta dell’1% in volume, non è stata sufficiente a soddisfare l’aumento della domanda anche a livello internazionale: ne è derivata una impennata dei prezzi che ha determinato una crescita del valore pari al 16,9%. I dati più recenti mostrano che proprio per il frumento duro si prevede il maggiore incremento di superficie coltivatavi.

In crescita sono risultati anche i volumi produttivi di avena e orzo (rispettivamente +1,9% e +1,7%). Si conferma il trend positivo del mais (+8,1% in volume), riconducibile al ruolo sempre più importante di tale coltura in ambito zootecnico, che ha spinto al rialzo la crescita complessiva della produzione zootecnica non alimentare costituita essenzialmente dai mangimi (+3,8% volume e +0,9% valore).

Il 2020 anno nero per l’agricoltura: giù produzione, valore aggiunto e occupati - Ultima modifica: 2021-05-25T17:28:39+02:00 da Simone Martarello

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