Colture arboree in crisi: la risposta per uscirne è nascosta sotto al livello del suolo.
Un tesoro accessibile soprattutto per le aziende gestite da giovani imprenditori che abbiano competenze e sensibilità da investire nella transizione ecologica e digitale. Frutteti, oliveti e vigneti possono essere infatti i sistemi colturali più efficienti nel sequestro di carbonio.
Articolo pubblicato su Terra e Vita 2/2022
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e digitali sulle colture arboree:
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- LA FONTE ANTICA
- AZIENDA AGRICOLA SALDONE
- AZIENDA LATORRATA
- AZIENDA FANTINI
- AZIENDA GUIDI
Il pacchetto Fit for 55
Rivelando tutta la loro utilità nell’ambizioso obiettivo tracciato dal pacchetto Fit for 55 della Commissione Ue di ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
Il comparto primario è chiamato in particolare a raggiungere la neutralità climatica entro il 2035 e le colture arboree possono svolgere un ruolo decisivo, attraverso corrette strategie di carbon farming che consentano non solo di adattarsi ai cambiamenti climatici, ma anche di contribuire attivamente alla loro mitigazione.
Cristos Xiloyannis ha dedicato la sua vita alla ricerca nella fisiologia delle piante da frutto. Prima all’Università di Pisa, poi in quella della Basilicata e lo sostiene da quasi 30 anni: le colture arboree possono avere una marcia in più in chiave sostenibilità. «Occorre però cambiare paradigma: oggi l’agricoltura è responsabile di circa un quarto delle emissioni globali di gas serra (il 10% in Italia), può invece riqualificare il suo ruolo, arrivando a sequestrare nel suolo fino a circa metà delle emissioni annue totali di CO2 eq. (circa 520 milioni di t nel 2018) dell’intero Paese».
L’edizione 2.0 del premio #lagricolturaègiovane
Bruxelles investe sulla leva del Next Generation Eu per realizzare l’obiettivo della transizione ecologica e digitale dell’agricoltura ed Edagricole si affida alla seconda edizione del premio #lagricolturaègiovane per individuare le realtà italiane più efficaci nel realizzare questo obiettivo.
La giuria di esperti dell’Osservatorio Edagricole Nomisma sostenuto da Bayer sono al lavoro per individuare, tra le realtà che hanno risposto alla nostra survey sul futuro dell’agricoltura, le realtà che succederanno ai fratelli Michele ed Emanuele Ciucci, titolari dell’azienda La Valle di San Biagio di Todi (Pg), vincitori nel 2021 (leggi qui e qui). Il passaggio di consegne avverrà nel corso dell’evento organizzato il prossimo 3 marzo nel corso della Fieragricola di Verona.
Il tema scelto quest’anno per l’iniziativa è: “la sostenibilità passa dall’innovazione” con un’attenzione particolare all’attualità della “carbon farming”, per la necessità di valorizzare il contributo dell’agricoltura nell’obiettivo europeo della neutralità climatica.
Sulle pagine di Terra e Vita e nella pagina web https://terraevita.edagricole.it/lagricoltura-e-giovane/ tutte le esperienze delle aziende in lizza
Meno emissioni, più fertilità
Un obiettivo impensabile, che diventa possibile se si tiene conto che l’impegno nella riduzione delle emissioni coincide con quello di ripristinare la fertilità organica dei suoli agricoli.
Oggi si calcola infatti che la dotazione di sostanza organica dei nostri terreni vada da 0,8 a 1,3% (sotto l’1% vanno considerati desertici dal punto di vista microbiologico). «Vent’anni di esperienze – testimonia Xiloyannis - su colture arboree come albicocco, pesco, kiwi, olivo ecc in Basilicata permettono di affermare che è possibile aumentare il contenuto di sostanza organica dei primi 40 cm di suolo passando ad esempio dall’1% al 2% ».
Il suolo come risorsa
A livello mondiale ed europeo per il calcolo del bilancio della CO2 i suoli agricoli vengono suddivisi in: grassland, cropland, wetland, forest con meno di 20 anni e forest: una classificazione parziale e assurda che finisce per mettere nello stesso insieme frutticoltura, orticoltura, coltivazioni erbacee ecc..
«Una situazione che va cambiata – puntualizza Xiloyannis - perchè crea confusione e non rappresenta la realtà. Purtroppo ci sono pochi dati disponibili su quello che succede realmente in campo riguardo alla carbon footprint reale perché la Lca (life cycle assessment) da dà idea ma esclude le componenti fotosintesi e respirazione che rappresentano l’80% circa del bilancio del carbonio.
«Ci vogliono almeno 10-12 anni di gestione sostenibile – continua-, ma il risultato è davvero significativo: 260 t CO2 eq. per ettaro immagazzinati nei carbon sink del suolo». Il calcolo è presto fatto: l’aumento dello 0,1% all’anno di sostanza organica in tutti i suoli agricoli italiani riassorbirebbe in teoria oltre 300 milioni di t di CO2 eq all’anno, oltre la metà delle emissioni totali in Italia, per l’appunto. Occorre però superare alcuni limiti “di sistema”.
I metodi utilizzati oggi per il calcolo della carbon footprint dei sistemi agricoli come il Lca (Life cycle assessment) sono infatti spesso poco affidabili perché non considerano fotosintesi e respirazione del suolo che in realtà rappresentano circa l’80% del bilancio di questo elemento.
Gli impianti arborei vantano comunque una carbon footprint più favorevole perché permangono sul terreno per oltre 30 anni, senza necessità di lavorazioni che ossiderebbero la sostanza organica del suolo e immagazzinando carbonio nella propria struttura. Lo sviluppo radicale di una pianta arborea è circa 1,5 volte quello della chioma e ha effetti positivi sul microbioma del suolo e quindi sulla sua struttura. Effetti che possono essere esaltati da una gestione conservativa (vedi riquadro in basso), riqualificata dall’adozione di sistemi di precisione e di piattaforme digitali.
Balzo digitale per la conservativa
Un’esigenza, quella di essere “precisi”, che diventerà irrinunciabile con l’auspicata introduzione del sistema dei crediti di carbonio anche in agricoltura. Lo scorso 15 dicembre la Commissione Ue, dopo alcuni mesi dedicati alle consultazioni con gli stakeholder, ha pubblicato infatti la Comunicazione sui cicli del carbonio sostenibili. (clicca qui per accedere al documento).
Si tratta del primo passo per arrivare ad una proposta legislativa entro il 2022. Grazie a questo documento il tema dei crediti di carbonio entra così nell’agenda politica europea, stimolando il mondo della ricerca nello sviluppo di soluzioni per supportare gli sforzi di sostenibilità dei produttori.
«La nostra realtà collabora alla messa a punto di tool digitali – spiega Egidio Lardo, amministratore unico dell’azienda Dimitra – che permettono di calcolare i servizi ecosistemici connessi al potenziale sequestro di carbonio organico nel suolo nelle diverse condizioni produttive, consentendo di mettere a punto le più corrette strategie di carbon farming calibrate in base all’indirizzo produttivo aziendale, biologico o integrato che sia».
Trasferire le ricerche in campo
Dimitra è una giovane realtà produttiva (vedi scheda aziendale in basso) nata come startup agricola di uno SpinOff dell’Università della Basilicata con l’obiettivo di trasferire al mondo produttivo i vantaggi di una gestione sostenibile innanzitutto su colture frutticole come kiwi, albicocco e olivo attraverso tecniche in grado di abbassare carbon e water footprint.
«Un esempio seguito anche da altre giovani realtà della zona – afferma Lardo -. Gli imprenditori under 40 sono più ricettivi sia perché è più facile adottare sistemi sostenibili partendo da zero, piuttosto che adattare impianti arborei già esistenti. E poi perché sono più propensi a ricorrere alle soluzioni di agricoltura digitale per migliorare la sostenibilità, la gestione aziendale e per valorizzare la qualità delle produzioni».
Proprio come succede nell’azienda agricola con sede a Grumento Nova (Pz). Le azioni messe in atto nella giovane realtà diretta da Egidio Lardo nelle fasi produttive riguardano:
- la gestione innovativa del suolo e della fertilizzazione finalizzata al miglioramento della fertilità chimica e biologica (attraverso tecniche di non lavorazione del suolo e l’inerbimento) anche attraverso le indicazioni elaborate insieme ad Agreenment, SpinOff generato nel 2013 dall’Università degli Studi della Basilicata per operare nel settore della “Green e Circular Economy”.
La nutrizione del frutteto viene gestita compilando un bilancio basato sulle asportazioni effettive, per cui vengono distribuite le dosi effettive di elementi nutritivi allontanati dal sistema dal ciclo produttivo, soprattutto attraverso la fertirrigazione di precisione. Nei frutteti aziendali vengono distribuite annualmente circa 20 t per ettaro di letame maturo. Inoltre, il materiale di potatura viene trinciato in campo e non raccolto e bruciato. - La gestione dell’irrigazione finalizzata al risparmio e all’efficienza della risorsa idrica. L’irrigazione viene gestita con la compilazione di un bilancio idrico giornaliero calibrato sull’esigenza della coltura in relazione alle condizioni pedoclimatiche. Per attuare la pratica irrigua, l’azienda dispone di numerose sonde di umidità posizionate in punti chiave dei suoli arborei. Ogni quindici minuti il sistema automatizzato restituisce all’utente la situazione puntale del contenuto idrico dei diversi lotti in maniera tale da poter intervenire rapidamente senza procurare danni da stress idrico alle piante e soprattutto indicando il livello ottimale di idratazione del suolo oltre il quale non è necessario continuare ad irrigare, evitando di consumare risorsa idrica superflua.
Azioni che oggi cercano una valorizzazione nel campo della certificazione volontaria dell'impronta di carbonio e idrica per i prodotti ortofrutticoli commercializzati, in attesa dell’attivazione di un virtuoso sistema di scambio dei crediti di carbonio.
Sostenibili in tre tappe
Il punto di partenza dei sistemi sostenibili messi a punto da Cristos Xiloyannis in quasi 30 anni di prove presso l’Università della Basilicata è la gestione conservativa del suolo con l’inerbimento permanente dell’interfila, la non lavorazione del sottofila, il ricorso a sovesci e l’interramento dei residui di potatura (evitare assolutamente di bruciarli).
Oltre agli apporti interni di sostanza organica la frutticoltura può però efficacemente ricorrere ad apporti esterni di ammendanti come letame e compost, realizzando sistemi virtuosi di economia circolare. Con il doppio vantaggio di trasformare la matrice organica da rifiuto a risorsa e di ridurre la fertilizzazione minerale (altro effetto positivo sulla riduzione dei gas serra).
Il terzo ingrediente è l’attenzione alla biodiversità microbica del suolo. Nel confronto tra sistemi frutticoli convenzionali e sostenibili
Xiloyannis ha registrato nel suolo un aumento sia dei microrganismi fungini, passati da 29mila a 214mila per grammo di suolo, sia di batteri (da 10 a 36 milioni) e questo ha un effetto positivo sull’aumento di sostanze umiche come la glomalina che producono un effetto benefico e duraturo sulla struttura del suolo, aumentandone la capacità idrica, riducendo l’erosione e anche gli effetti più devastanti delle alluvioni.
Un mega servizio ecosistemico che non può essere corrisposto alla comunità a costo zero. Perché passare da sorgente a pozzo di carbonio ha ovviamente conseguenze economiche per i produttori agricoli, chiamati a trovare un nuovo equilibrio tra i due “raccolti” (cibo e carbonio nel suolo) e a sopportare costi aggiuntivi (ad esempio per sfalciare 5-6 volte all’anno file e interfile).
Il faro di Dimitra
La start up agricola Dimitra, con sede a Grumento Nova (Pz) e Bernalda MT nasce nel 2017 come collettore di esperienze innovative in campo agricolo e ambientale.
La mission societaria è quella di produrre ortofrutta lucana di eccellenza attraverso criteri sostenibili. Si tratta di una società agricola diretta da Egidio Lardo (39 anni, Agronomo) composta da giovani soci con alto profilo tecnico professionale ed esperienza nel trasferimento tecnico e tecnologico in agricoltura. Legata ad Apofruit Italia, per il ramo ortofrutta (kiwi e albicocco), la società Dimitra partecipa attivamente al Consorzio di tutela del Fagiolo IGP di Sarconi come socio produttore. Le colture prodotte nei 20 ettari aziendali sono: actinidia (SunGold Zespri e Hayward), albicocco (Flopria, Wondercot e Ladycot, olivo cv frantoio, grano duro, fagiolo: ecotipi ciuoto, cannellino rosso, risi, tabacchino e verdolino).
Lo spirito innovativo di questa realtà è rivolto ad ottenere una produzione agricola sostenibile in termini ecologico-ambientali ed economici, mantenendo una stretta collaborazione con centri di ricerca, Università e spin off Accademici per non interrompere le azioni di trasferimento tecnologico d’innovazione.