Con i prezzi di mais e cereali a paglia ai minimi storici, gli imprenditori agricoli devono cercare soluzioni alternative per far tornare il conto economico delle aziende. Molti, ad esempio, provano a incrementare le rese agendo sulla concimazione o scegliendo varietà particolarmente performanti. Antonio Duchi, agricoltore lombardo che coltiva 180 ettari divisi in tre corpi aziendali nella zona di Gadesco Pieve Delmona in provincia di Cremona, propone una via diversa per garantire la redditività: «L'aspetto più importante – spiega – non è affannarsi per un paio di quintali in più a ettaro di granella, bensì la riduzione dei costi». Infatti, Duchi da oltre trent'anni pratica la semina diretta per i cereali a paglia, da dieci utilizza la minima lavorazione e da tre lo strip till per mais, soia, bietole e girasole. La superficie coltivata, di consistenza media, tendente al limoso, è così suddivisa: 50 ettari di cereali a paglia, altrettanti di mais, 40 di girasole, 20 di soia, 10 di bietole, 5 di ceci.
Per eseguire lo strip till Duchi si avvale dello Strip Hawk, una macchina progettata da M.O.M per unire in una sola fase l’aratura, l’estirpatura, la concimazione e l’erpicatura creando strisce equidistanti tra loro da 45 a 75 cm alla velocità media di 10km/h. Mais, soia e girasole sono seminati con una Kinze, mentre i cereali a paglia con una Gaspardo. Duchi esegue tutte le lavorazioni da solo, eccetto la raccolta, per la quale si avvale di un terzista. Per gestire un’azienda in questo modo l’innovazione è fondamentale: infatti, tutti gli attrezzi agricoli (oltre alle seminatrici anche spandiconcime e botte per il diserbo) sono controllati con un sistema Gps fornito da Spektra Agri.
«Utilizzando queste tecniche – racconta Duchi – non si impiega l’erpice rotante che di solito serve a risolvere le magagne che possono crearsi in campo. Quindi bisogna intervenire quando il terreno è perfettamente in tempera. Poi bisogna imparare a gestire i residui colturali. I costi si riducono parecchio: meno carburante, meno ore lavorate, anche perché con lo strip till si viaggia a 2 ettari l’ora, minor impiego delle macchine e quindi minori costi di manutenzione».
Da quest’anno l’imprenditore lombardo utilizzerà anche le cover crops sia estive che autunnali (dopo i cereali a paglia e dopo le bietole) per aumentare la sostanza organica. «Se c’è un’annata particolarmente piovosa – precisa Duchi – la semina si può ritardare, ma se si va troppo oltre le finestre stabilite posso variare le colture da piantare: insomma, a mio parere strip tillage e semina diretta sono tecniche validissime ma serve la mentalità giusta per applicarle».
Per quanto riguarda le rese, i terreni della bassa lombarda coltivati senza l’aratro garantiscono risultati in linea con la media della zona: «Nelle prime annate in cui si fa semina diretta o strip till – ammette Duchi – le rese calano un po’, ma poi ritornano a livelli normali man mano che il terreno si arricchisce di sostanza organica. Però, più che accanirsi sulle rese – sottolinea l’agricoltore cremonese – bisogna concentrarsi sui costi: senza aratura le spese si riducono parecchio e compensano ampiamente l’eventuale leggero calo dei volumi di granella raccolti». Inoltre, nei primi anni di gestione colturale con la lavorazione a strisce, l’imprenditore lombardo ha goduto dei contributi Psr previsti per l’agricoltura conservativa, un sostegno concesso in molte regioni, anche se non in tutte, che aiuta a compensare le eventuali perdite di raccolto.
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